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Non la vedeva così felice da mesi, le sue risate non erano più autentiche, sempre e comunque controllate, ma in quelle poche ore, durante quel pomeriggio, Lauren aveva rivisto nella sua ragazza, la stessa ragazza che di se l'aveva fatta innamorare, la stessa ragazza che le aveva fatto capire cosa significasse amare davvero qualcuno. In quelle poche ore, a Lauren parve di aver fatto un salto nel passato tornando a quando la loro relazione potevano viversela alla luce del sole, alla conquista di Seattle su di una moto che fungeva da mezzo per la conquista della loro felicità; Giorgia era stata tranquilla, felice, entusiasta e sorridente, rideva e scherzava con gli altri come se il suo mondo non stesse per finire, come se il mondo lei se lo stesse per mangiare, lo stesse per conquistare. E lo avrebbe fatto se solo avesse potuto, se solo il mondo e la vita non fossero stati cattivi con lei.

Era paradossale una cosa del genere. Lauren si domandava come facesse ad essere così allegra nonostante la possibilità di non esserci più da un momento all'altro, come facesse a non avere paura, a non piangere ore quarti e minuti con il terrore di non poter più aprire gli occhi il giorno seguente. Invidiava il suo modo di essere positiva, il suo modo di lodare la vita anche quando la morte stava avendo la meglio su di lei, quando la morte la stava raggiungendo, e sempre ancora di più, la corvina provava un senso di disgusto davanti all'ingiustizia compiuta dal destino; quella di togliere la vita ad una persona che la vita l'amava, che la rincorreva e la viveva davvero, era una bastardata vera e propria, una cattiveria ed un ingiustizia che una ragazza come Giorgia non meritava di subire. Lei non meritava morire così giovane, non meritava di morire senza aver vissuto, senza aver compreso cosa la vita fosse davvero, ma anzi, meritava un vita lunga, una vita piena ed una vita felice, perché lei, la sofferenza, la paura e la delusione, li aveva già vissuti, abbondantemente, in un momento dove sarebbe dovuta essere seduta sul tappeto a giocare con le costruzioni Lego  mentre rubava di nascosto alla mamma le merendine dalla dispensa. 13 dei 18 anni da lei vissuti, erano stati la materializzazione e la dimostrazione della sofferenza e della tristezza, quindi come le si poteva levare il diritto di vivere quando di 18 anni lei ne aveva vissuti solo 5 ?

Il destino stava essendo ingiusto con lei, davvero tanto. Fondamentalmente era ancora una bambina, in un corpo già sviluppato, ma una bambina che stava ancora imparando a camminare sulle proprie gambe da sola, che stava imparando cosa volesse dire camminare.

Le era stato portato via tutto e stava continuando a venir portato via tutto, prosciugandola piano piano, rubandole la sua essenza, sopprimendo la sua esistenza. Non era giusto.

-" Ehi, stai bene ? "- stava seduta con la schiena poggiata su uno scoglio e le gambe distese sulla sabbia, con lo sguardo rivolto verso il sole oramai intento a tramontare, ed una bottiglia di birra mezza vuota tra le mani. Si perdeva ogni qual volta si ritrovava a guardare l'orizzonte nel mentre che anche i suoi pensieri stavano iniziando a perdendosi nella sua testa, mentre lei stava per perdere l'amore della sua vita.

-" Si, certo "- rispose Lauren voltandosi verso la sua ragazza, la quale si era seduta al suo fianco e le aveva circondato le spalle con un braccio dandole anche un bacio sulla guancia.

L'aveva vista allontanarsi diversi minuti prima ed appartarsi, lontano da tutto e lontano da tutti, come se volesse scappare da qualcosa o da qualcuno, come se il posto ed in contesto in cui si trovava non la facesse sentir a suo agio, non la facesse stare bene.
Si era voluta dissociare, come se qualcosa in quell'atmosfera felice la rendesse triste e malinconica, come se non sentiva di meritare di essere anche lei allegra volendo rimanere bloccata con la testa e con l'anima fuori dall'allegria, ed il fatto che non fosse agli altri che Lauren rivolgeva il proprio sguardo bensì al mare, aveva fatto comprendere a Giorgia che la sua ragazza non stava davvero bene.
E sapeva che il motivo era lei.

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