8.

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L'istinto è una brutta bestia delle volte, le cose che ci porta a fare non sono cose che realmente noi vorremo fare; ci fa trovare in luoghi inappropriati a noi, parlare ed interagire con persone a noi antipatiche ed affrontare quelle situazioni scomode solo per trarre vantaggio verso qualcuno che magari nemmeno tolleriamo.

Istituto, sesto senso, inconscio... non so se siano tutti sinonimi, ma sono sicura che sia in questi che si cela la nostra vera essenza, la nostra vera persona, quella che nemmeno noi conosciamo. Vi direi che dare retta a loro potrebbe essere una soluzione per risolverci ma credo che sia proprio nel loro mistero che si celi la vera risposta e che questa non la si può conoscere subito, bisogna vivere per apprenderla, vivere nell' ignoto, nell'incertezza ma con la consapevolezza che strada facendo andremo a conoscere sempre qualcosa di noi.

Era stato il sesto senso a guidare Giorgia a casa di Lauren ma era l'istinto che ora, aveva fatto correre la corvina dritta e giù per le scale per non lasciarla andare via; per non permetterle di mettersi quel casco e sparire.

-" Aspetta ! "- le urlò sulla soglia della porta di casa sua; Giorgia si stava già preparando a salire in sella alla sua moto ma Lauren la fermò, mise una mano sulla sua e non le permise di mettere in moto il veicolo per partite.

-" Aspetta...non te ne andare "- le ripetè con più calma prendendo un profondo respiro. Giorgia rigirò le chiavi nel quadrante e si levò il casco per guardarla meglio negli occhi.

-" Cosa c'è ? Stai bene no ? Io non ti servo..."-

Non era con Lauren che era arrabbiata, non era per le sue parole che stava rispondendo di merda ma perché dentro di lei la rabbia verso sua madre si era risvegliata ed era inconscia nella sua persona quella reazione, era solo un modo per non crollare in un pianto.

-" Mamma...me lo compri il puzzle di Nemo?"- chiese la bambina. Si toccò il petto, le prudeva quell'affare che le avevano attaccato i dottori per tenerle sotto controllo il suo battito; era enorme e le pesava anche doverlo avere sempre addosso.

-" Giorgia no, non te lo compro il puzzle, sei in ospedale non ci puoi giocare "-

La donna si voltò verso il suo lettino, e si appoggiò ad esso; aveva gli occhi molto rossi e le sue labbra erano umide, la sua posizione poco eretta e le sue parole biascicate.

La mamma 'ha sonno', questo pensò Giorgia quando la sentí parlare in quel modo e reggersi in piedi a stento. Era ancora molto piccola, solo sette anni, aveva capito la sua malattia ma non quella di sua madre; la vedeva andarsi a coricare subito dopo aver barcollato, la vedeva andare a dormire dopo aver biasciato e cominciato a dire cose senza senso, per cui era palese che per lei tutti quei sintomi provenissero dal sonno. Tuttavia però quando sua madre era in quello stato a lei faceva paura, la faceva sentire in pericolo e di conseguenza, visto che secondo la sua testolina tutto questo proveniva da sonno, ecco che lei aveva iniziato a percepire l'atto del dormire come il male assoluto. Vedere dormire una persona per lei, significava che quella persona era come sua madre quando era sveglia e per questo, lei stessa la sera cercava di stare sveglia il più possibile, ma per quanto ci provasse, era troppo piccolina per capire che anche guardando cartoni animati fino a tardi, Morfeo sarebbe arrivato a prenderla.

-" Dov'è papà ? Voglio papà e Ari ..."- quando la vedeva in quel modo, il suo corpo cominciava a tremare, il suo cuore a battere forte ed il suo pancino a farle male. Aveva paura, aveva ansia, ma ancora non lo sapeva per certo, non poteva ancora capire ciò.

Alicia si avvicinò a sua figlia, faceva un'odore strano secondo la bambina, odore di vino, secondo un adulto, e si sedette accanto a lei.

-" Tuo padre non ti serve, ci sono io e smettila di cercalo "- le disse con tono aggressivo. Subito dopo fece arrivare la sua mano a scontrarsi con la guancia fredda e pallida di sua figlia che saltó sul posto, terrorizzata da lei.

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