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Spesso facciamo o diciamo qualcosa aspettandoci già quale sarà o che potrebbe essere la reazione della persona che abbiamo difronte, dunque agiamo e parliamo basandoci su quello che di quella persona sappiamo in maniera tale da rendere lei più o meno pronta, mi viene da dire, all'assimilazione ed alla comprensione di quella cosa, specialmente quando essa non è positiva.

Ciò nonostante, anche quando possediamo dei preamboli validi per ipotizzare una reazione, non possiamo mai sapere al cento per cento se questa sarà davvero come noi pensiamo che sia; a volte può andare meglio rispetto al nostro immaginario ed alla nostra percezione, altre volte può andare peggio, essere una vittoria o magari un disastro. Ci sono momenti, cose e parole dei/delle quali però, non abbiamo idea dei risultati, per i/ le quali non abbiamo aspettative, nonostante la persona alla quale ci andremo a rivolgere sia quella che conosciamo meglio sull'intero pianeta.

Ed a volte la sua reazione, o la determinazione di essa, è qualcosa che dipende interamente da cosa faccio o diciamo noi, a volte dipende da cosa effettivamente dobbiamo fare o dobbiamo dire e per quanto sappiamo incontro a cosa potremmo andare, vi sono delle dinamiche dove nemmeno Nostradamus avrebbe possibilità di mettere lingua.

Ecco, Giorgia quando aveva cominciato a parlare, non aveva la più pallida idea di cosa stava per succedere, di quale sarebbe stata la reazione di Lauren e di ciò incontro cui stava andando. Conosceva la corvina, si, sapeva quali fossero i mezzi ed i termini migliori per assecondare e non turbare il suo animo particolare, tuttavia, davanti a ciò che le stava per dire, era la persona più impreparata del mondo, totalmente bianca rispetto a quello, come se la più grande stesse passando dall'essere la sua ragazza al tornare ad essere una completa estranea.

Lo aveva fatto però, glielo aveva detto, e così come era stato quando per la prima volta le aveva parlato della sua malattia, sedute sulla tomba di sua madre, Giorgia non era riuscita a mantenere con Lauren un contatto visivo. Probabilmente non voleva farlo, probabilmente era solo una codarda che temeva di non riuscire a sopportare il vederla piangere o essere lei stessa a crollare; non lo so, ancora una volta, le aspettative sono alte ma certezze davvero poche.

Fatto sta che le aveva detto tutto, partendo dal principio, partendo da quella mattina di inizio gennaio, quando era arrivata quella fantomatica lettera di invito ai controlli e lei aveva deciso di aprirla presentandosi in ospedale, fino alla fine, letteralmente fino alla fine ovvero il grumo di sangue e la crisi respiratoria che l'avevano costretta a fuggire da Lauren meno di mezz'ora prima.

Non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva se la ragazza dagli occhi verdi si sarebbe sentita arrabbiata, delusa, ferita, tradita o magari impaurita, proprio quanto lo era lei.
E non poteva saperlo perché nemmeno giunta alla conclusione, nemmeno arrivata ai titoli di coda e nemmeno mentre chiudeva il sipario, Giorgia aveva anche solo azzardato, alzare il capo e guardarla negli occhi. Avrebbe dovuto farlo però, quelli avrebbero avuto tanto da dirle, tanto da farle capire.

Vi fu un breve momento di silenzio, estremamente breve ma che a Giorgia parve durare quasi più di un'ora, un momento in cui nella sua testa stavano passando i peggiori scenari, da Lauren che scappava, da Lauren che urlava e piangeva. Pensava che da quel momento in poi la sua ragazza, l'avrebbe insultata o magari rimproverata per averle tenuto nascosta la verità per così tanto tempo, per averlo fatto costringendo anche Clara a farlo, ed averle fatto promesse che però non avrebbe mai mantenuto davvero.

Niente di tutto ciò però accadde e di questo lei ne fu sorpresa. Venne letteralmente travolta, anzi, avvolta, dalle braccia della ragazza più grande che, probabilmente, nella sua vita, non aveva mai stretto a sé nessuno con così tanta forza, quasi da farsi male da sola. La strinse a se, facendola poggiare con la testa al proprio petto per poi abbassarsi e darle ripetuti baci sulla testa; Giorgia chiuse gli occhi, e per quanto potesse aver paura di morire, per quanto potesse essere arrabbiata e triste, quell'abbraccio stava essendo per lei la materializzazione del concetto di "pace", mentale, fisico ed emotivo che fosse.

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