Il cielo era azzurro di quella mattina era poco nitido agli occhi di Federico, che faticava a tenere gli occhi aperti e restare sveglio quel giorno dopo aver passato la notte ad ascoltare i suoi genitori discutere per qualche assurdo, e probabilmente stupido, motivo.
Il giovane dai capelli biondi, che quel giorno non aveva nemmeno pettinati dato che era in ritardo, si stava trascinando a fatica da una parte all'altra dell'Università La Sapienza, aveva sbagliato più di una volta aula e al quarto tentativo aveva deciso di lasciar perdere le lezioni per quel giorno e tornare a casa sua per assicurarsi che tutto andasse bene.
"Sono stanchissimo." Pensò il giovane dagli occhi azzurri e sbadigliò vistosamente, mentre usciva nel cortile della facoltà. "Spero che mamma stia bene." Sospirò il ragazzo e si sistemò lo zaino nero sulla spalla. Nonostante la stanchezza l'unico pensiero, rilevante, del diciannove era sua madre e a quello che le sarebbe potuto succedere se avesse continuato a discutere con suo padre che, quel giorno, aveva deciso di lavorare da casa.
Federico adorava i suoi genitori, e loro adoravano lui seppur in modi diversi, e per anni aveva creduto loro fossero la coppia perfetta, aveva creduto ciecamente al loro amore, pensava sarebbe durato per sempre, ma un giorno li aveva sentiti litigare si era detto fosse normale litigare ogni tanto ma a quel litigio erano seguiti tanti altri e non avevano più smesso. Il biondo non sapeva che cosa fosse successo, che cosa li avesse spinti ad allontanarsi tanto, tutto ciò che sapeva era che sua madre giorno dopo giorno aveva perso l'allegria che da sempre la caratterizzava, la voglia di combattere per chi ne aveva bisogno che gli aveva trasmesso e, pian piano, stava perdendo anche la voglia di vivere ma quello suo figlio non lo sapeva.
-"Ma guarda dove cammini, non sei solo qui!"
Stanco e pensieroso com'era il diciannovenne neppure si rese conto di aver urtato contro un'altra persona che, come lui, stava passeggiando nel cortile della facoltà.
Il biondo alzò gli occhi, circondati dalle occhiaie, per capire chi avesse urtato ma non riuscì a mettere a fuoco il volto di quello che gli sembrava un ragazzo.
-"Scusami." Sussurrò Federico. "Non ti ho visto." Aggiunse e avanzò ma, così facendo, urtò nuovamente contro lo sconosciuto che si era chinato a raccogliere le sue cose.
-"E sembra che continui a non vedermi." Borbottò lo sconosciuto. "È meglio che te ne vada, ci penso io." Aggiunse, bruscamente, quando Federico fece per chinarsi e aiutarlo.
-"Scusami." Ripeté nuovamente il biondo imbarazzato.
-"Sisi, ora vattene, addio."-"Tesoro, come mai sei già a casa?"
La voce di Vanessa, calma come al solito, fu la prima cosa che sentì il diciannovenne non appena fece ritorno a casa sua dopo aver camminato sotto il sole di quella mattina. "Pensavo saresti tornato oggi pomeriggio." Aggiunse la donna.
Federico si voltò e fu sollevato non appena vide sua madre, bella come al solito con i suoi lunghi capelli lasciati sciolti sulle spalle, occuparsi delle rose che aveva piantato in giardino mesi prima.
-"Ho sonno." Disse soltanto il biondo e avanzò verso sua madre, stando attento a non calpestare i fiori che coloravano l'immenso giardino della villa. "Non riuscivo a seguire le lezioni e ho preferito tornare a casa." Aggiunse, evitando di menzionare il fatto che non fosse stato in grado nemmeno di trovare l'aula giusta.
La donna gli sorrise teneramente e annuì.
-"Allora vai a riposare un po', ti sveglierò io più tardi."
-"Mi sembrava di aver sentito la tua voce."
Vanessa si irrigidì quando sentì la voce di suo marito e riprese a fare, meccanicamente e con un po' più di forza, ciò che stava facendo prima dell'arrivo di suo figlio. "Pensavo tornassi più tardi."
-"Ho deciso di tornare prima." Rispose il biondo e scrollò le spalle.
-"Meglio così, devo dirti una cosa."
-"Dimmi."
-"Mi hanno appena invitato ad una cerimonia, non ho ben capito per cosa ma ci saranno molti imprenditori e non posso mancare." Disse Andrea.
-"E io che cosa devo farci?"
-"Devi venire con me."
-"Non può venire la mamma?" Replicò Federico e incrociò le braccia al petto.
-"Preferisco sia tu a venire, almeno potrai iniziare a conoscere persone che in futuro potranno aiutarti."
-"Papà lo sai che io non voglio avere niente a che fare con il tuo mondo." Rispose, con tono duro, Federico.
-"È anche il tuo di mondo, Federico." Controbatté il padre con un tono di voce che non ammetteva repliche. "E non ti sto chiedendo di venire, te lo sto solo dicendo. Tra due giorni verrai con me, compra un vestito elegante."Benjamin aveva passato l'intera notte a pensare al matrimonio di sua madre e al comportamento che questa aveva assunto negli ultimi anni verso di lui e suo padre. Il moro era abituato all'assenza della donna che lo aveva messo al mondo, era abituato a vivere con suo padre che lo ricopriva d'amore e faceva di tutto per lui, aveva messo la sua vita in secondo piano affinché Benjamin potesse avere tutto; Francesca era andata via la prima volta quando lui aveva soltanto quattro anni, si era innamorata - o almeno era quello che diceva - del nuovo giardiniere e aveva vissuto per qualche settimana con lui in qualche parte dell'Italia, era ritornata poco dopo perché le mancava il suo stile di vita ma non aveva mai smesso di frequentare altre persone e quando il moro aveva otto anni, il giorno della vigilia di Natale, era andata via per non ritornare. In circa quattordici anni Benjamin si era abituato a vedere la donna saltuariamente, a fingere che tutto andasse bene e ad accettare i suoi regali pagati con i soldi che suo padre le dava ogni mese per permetterle di vivere agiatamente.
Nonostante, però, fosse abituato al pessimo comportamento di sua madre non riusciva a credere si stesse per risposare, non sapeva neppure con chi, non gli aveva detto nulla nonostante si fossero visti la settimana precedente ma, più di tutto, non riusciva ad accettare che avesse nuovamente ferito suo padre che continuava ad amarla.
"Spero che adesso sparirà per sempre dalle nostre vite." Pensò il moro, per l'ennesima volta dalla sera precedente, mentre usciva dall'aula studio dopo aver scoperto che le lezioni per quel giorno erano state annullate.
Il moro si strinse nel suo giubbotto di pelle bordeaux perché, nonostante quel giorno ci fosse il sole, il ragazzo aveva perennemente freddo e uscì nel cortile della facoltà dopo avrebbe incontrato dei suoi amici. Lo sguardo attento del ragazzo vagò nello spazio aperto, studiando i pochi studenti che se ne stavano a parlottare sui gradini mentre fumavano una sigaretta o mangiavano qualcosa, alla ricerca dei suoi amici ma non fu abbastanza attento ad un ragazzino dalla testa bionda che quasi gli cadde addosso.
-"Ma guarda dove cammini, non sei solo qui!" Gridò Benjamin e sbuffò vedendo i suoi appunti sparpagliati sul cemento sporco.
Scusami." Sussurrò lo sconosciuto. "Non ti ho visto." Aggiunse e il ragazzo fece per avanzare verso di lui, per qualche motivo sconosciuto a Benjamin, e lo urtò nuovamente.
Benjamin incrociò lo sguardo dello sconosciuto e poté notare che questo sembrasse assente.
"Perfetto è anche drogato." Pensò il ragazzo e sospirò.
-"E sembra che continui a non vedermi." Disse Benjamin con tono poco gentile e si inginocchiò a raccogliere le sue cose. "È meglio che te ne vada, ci penso io."
-"Scusami." Ripeté nuovamente il ragazzo e le sue guance si tinsero di una leggera sfumatura di rosso che non sfuggì allo sguardo attento di Benjamin ma, questo, preferì non commentare.
-"Sisi, ora vattene, addio."I capelli di Benjamin sembravano volteggiare nell'aria quando questo, dopo aver parcheggiato la moto nel vialetto d'ingresso di casa sua, si tolse il casco e scese dalla sua moto.
-"Vedo che ormai sei diventato bravo con la moto."
-"Io sono sempre stato bravo." Rispose, sorridente, Benjamin e si voltò verso suo padre che lo aspettava sulla soglia della porta. "Non sei andato a lavoro?" Gli domandò e sistemò il casco.
-"Non ne avevo voglia." Replicò Alessio e arricciò le labbra. "In più non avevo molto da fare."
-"Ma dovevi pensare alla mamma, giusto?"
-"Preferirei non parlare di lei."
-"Era ora." Disse, sarcastico, il moro ed entrò in casa. "Dovresti non parlare mai più di lei, è inutile."
Alessio scosse la testa e chiuse la porta, per poi seguire il figlio nel soggiorno dalle pareti tinte di recente di rosa antico.
-"Ho ricevuto un invito." Disse l'uomo. "O meglio, è per entrambi."
-"Invito? Per cosa?" Rispose Benjamin e si sedette sul divano beige.
-"Tra due giorni ci sarà una festa a cui parteciperanno molti importanti imprenditori, non so bene quale sia lo scopo ma sarebbe un buon modo per passare una serata alternativa, che ne pensi?"
Il volto di Benjamin sembrò illuminarsi nel sentire quelle parole.
-"Assolutamente sì!" Quasi gridò il ventiduenne. "In questo modo potrò conoscere degli architetti, o chiunque che in futuro potrà tornarmi utile." Aggiunse. "Accetta subito."
Alessio ridacchiò per la reazione del suo unico figlio e annuì.
-"Non cambierai mai, vero? Pensi sempre al futuro." Disse e scosse la testa. "Io accetto l'invito ma tu compra un vestito elegante."
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Lettere dal passato. || Fenji.
Fanfic«2050, sono passati trent'anni da quando Federico ha spedito una lettera che ha cambiato per sempre la sua vita. Trent'anni da quando due opposti hanno trovato il modo di essere simili. Che cosa sarà successo in così tanti anni? Quella lettera sarà...