Vi chiedo scusa per non aver aggiornato ieri, ho passato tutta la giornata fuori ed ero convinta di aver pubblicato, me ne sono resa conto soltanto ieri sera. Scusatemi!
14 giorni. Due settimane. Era il tempo che Benjamin aveva concesso al più piccolo per poter porre rimedio ai sbagli che aveva fatto e dare una seconda possibilità alla loro relazione.
Per quanto il moro volesse non darlo a vedere - e anche negarlo a se stesso - era felice all'idea che Federico volesse, o almeno stesse pensando, tornare con lui nonostante le tante cose brutte che gli aveva detto. Una parte di Benjamin non desiderava altro se non poter stringere ancora tra le sue braccia il più piccolo e dimenticare quanto era successo, sapeva non sarebbe stato facile ma il maggiore era certo che insieme avrebbero superato tutto. L'altra parte di lui, però, non faceva altro che ricordargli le frasi con cui il diciannovenne aveva sminuito la loro relazione, riducendola ad un divertimento momentaneo di cui presto si sarebbe stancato in ogni caso, la durezza con cui aveva pronunciato quelle parole e Benjamin non era certo di poterle dimenticare tanto in fretta.
Benjamin amava Federico, per quanto assurdo potesse sembrare al ragazzo stesso, lo amava e avrebbe fatto di tutto per lui ma non si fidava più di Federico. Quanto successo aveva distrutto la fiducia che il più grande aveva riposto nel ragazzo, non riusciva più a vedere in lui una persona su cui contare, a cui credere ciecamente, noi vedeva più la persona a cui avrebbe affidato senza pensarci troppo la sua stessa vita.
Federico gli aveva detto delle cose importanti, che lo avevano reso felice, ma subito dopo gli aveva dimostrato che fossero solo parole e il moro aveva bisogno di altro. Aveva bisogno di fatti.I giorni decisi dal più grande erano volati veloci l'uno dopo l'altro, temporale dopo temporale e qualche sprazzo di cielo sereno che durava sempre troppo poco tempo, e il più grande sembrava non essersene neppure conto. Durante quei giorni il più grande si era imposto soltanto una regola: non pensare. Benjamin non doveva pensare a che cosa quei giorni significassero, a che cosa ogni giorno senza alcun messaggio o chiamata da parte del minore significasse, e non doveva pensare a Federico. Il ragazzo si era impegnato molto per dedicare al biondo il minor numero di pensieri possibili, e delle volte c'era anche riuscito ma la notte, quando si ritrovava solo nel suo letto a fissare il soffitto, non riusciva a fare altro.
"Mi vorrà ancora? Tornerà da me?" Continuava a domandarsi l'irrequieto ragazzo mentre una morsa gli stringeva lo stomaco e un peso sul petto che gli impediva di respirare.
"E se non dovesse tornare? Che cosa farò?"
Benjamin, in quei giorni, si era rifiutato di prendere in considerazione l'idea che Federico potesse non tornare da lui, era troppo doloroso anche solo pensarci ma i giorni passavano e Benjamin si ritrovava a dover fare i conti con quella triste realtà.-"Tanti auguri!" Benjamin, ancora assonnato è decisamente poco sveglio, sobbalzò dallo spavento quando appena giunto in salotto sentì quelle grida.
Il moro si stropicciò gli occhi e sbatté più volte le palpebre per poi mettere a fuoco i volti delle persone che aveva davanti.
Di fronte al ragazzo, sorridenti e con degli assurdi palloncini colorati, c'erano suo padre, Marco - con un improbabile camicia gialla con dei fiori colorati - sua madre e, poco più indietro leggermente in disparte, un uomo dai capelli scurissimi che il moro aveva conosciuto pochi giorni prima e che a breve avrebbe sposato sua madre.
-"Come sta il nostro festeggiato?" Chiese, esuberante, Francesca e si avvicinò per baciargli la guancia. La fine della sua relazione con Federico aveva spinto il moro ad avvicinarsi nuovamente a sua madre, avevano ancora i loro piccoli screzi ma il loro rapporto iniziava a migliorare e il più grande ne era felice, aveva bisogno di sua madre.
-"Assonato." Sbadigliò il moro e scese l'ultimo gradino. "Che ci fate tutti qui?"
-"È il tuo compleanno!" Esclamò Marco e lasciò andare il palloncino, dalla forma abbastanza difficile da descrivere, rosso che volò verso il soffitto. "Siamo qui per farti gli auguri."
Benjamin arricciò le labbra.
-"Avrei preferito una bella colazione." Replicò.
-"C'è anche quella." Disse Alessio. "Andiamo." Aggiunse e si voltò per dirigersi verso il tavolo, sforzandosi di sorridere quando passò accanto a Luca. Alessio era felice che il figlio avesse ripreso a frequentare sua madre, ma non era affatto felice di dover frequentare il fidanzato della sua ex moglie.
-"Come va?" Gli domandò Marco prima di raggiungere gli altri.
-"Non mi ha neppure fatto gli auguri." Sussurrò il moro e abbassò lo sguardo sulle sue ciabatte bianche. "Neanche un messaggio. Niente."
-"La giornata è appena iniziata." Rispose il riccio, sforzandosi di sorridere e gli circondò le spalle con un braccio. "Forse sta ancora dormendo." Ipotizzò, pur credendo poco a quella possibilità. "Ti contatterà, ne sono certo."
-"Io non ne sono così certo." Sospirò il più grande e si passò una mano tra i capelli. "Ma adesso non voglio pensarci." Aggiunse. "È una bella giornata ed è il mio compleanno, voglio essere felice."
Marco sorrise e annuì.
-"E hai tutti motivi per esserlo." Replicò il ragazzo. "Ma ricorda, se anche non dovesse contattarti, sarà solo lui a perdere. Tu puoi avere di meglio."Benjamin avrebbe voluto tanto credere alle parole di Marco, credere che Federico non fosse il meglio per lui e di poter essere felice senza di lui, ma aveva avuto la conferma che così non fosse quel giorno stesso.
Il moro non era riuscito ad ignorare il tempo passare, nonostante fosse in ottima compagnia e tutti si stessero impegnando per farlo sorridere - Luca compreso - il suo sguardo continuava a ricadere sullo schermo del suo cellulare, che di tanto in tanto si illuminava ma mai grazie ad un messaggio o una chiamata del minore. Il tempo pesava come un macigno sulle spalle del moro, schiacciandolo un po' di più ad ogni secondo che passava.
Marco, dopo aver trascorso l'intera giornata con il moro e la sua famiglia allargata, propose all'amico di uscire per festeggiare.
-"Non mi sembra una buona idea." Disse Benjamin e arricciò il naso.
-"E perché no?" Replicò Marco e bloccò lo schermo del suo cellulare, dopo aver elencato all'amico vari locali in cui sarebbero potuti andare. "Abbiamo diversi motivi per festeggiare." Aggiunse. "L'esame è andato benissimo per entrambi ed è anche il tuo compleanno." Continuò. "Dobbiamo, assolutamente, uscire!"
Il moro scosse la testa.
-"Non ne ho voglia."
-"E di che cosa hai voglia? Di restare a casa a guardare il cellulare aspettando Federico?" Controbatté il riccio con tono di voce duro, per poi sospirare e scuotere la testa. "Scusami, sono stato un po' duro."
-"No, hai ragione." Annuì il più grande e scrollò le spalle. "Non devo farmi rovinare il compleanno da Federico." Aggiunse. "La scelta sta a lui, se non dovesse farsi vivo vorrà dire che sta meglio senza di me." Continuò. "Usciamo." Sentenziò. "Ma ad una sola condizione."
-"Quale condizione?" Domandò l'amico.
-"Nessuna dovrà nominare Federico." Disse Benjamin. "Federico non esiste."Marco aveva tenuto fede alla promessa fatta al moro e, durante la serata, non aveva nominato il biondo e neppure accennato a lui. Il riccio aveva fatto di tutto per rendere felice l'amico, con qualche discreto successo, portandolo in giro per Roma nei migliori locali che conosceva ma la mente del maggiore era lontana.
Benjamin non aveva mai smesso di pensare a Federico, il cellulare nella sua tasca sembrava bruciare e più di una volta era certo di averlo sentito vibrare nonostante non fosse successo. Il più grande si ritrovava costretto a guardare le ultime ore correre via senza poter far nulla ma con una nuova consapevolezza che diventava sempre più forte. Federico non voleva stare con lui.
-"Sei più triste di un condannato a morte." Ironizzò Marco, seduto su uno sgabello blu mentre beveva un drink del medesimo colore. "Che ne dici di sorridere un po'?"
Il moro sospirò e giocherellò con la cannuccia del suo drink analcolico. Drink triste, proprio come lui, aveva detto Marco.
-"Mi dispiace averti rovinato la serata." Si scusò. "Speravo di poter pensare ad altro."
-"Ancora niente?"
-"Assolutamente niente." Sospirò Benjamin. "Sembra essersi dimenticato che esisto."
-"E allora tu dimenticherai lui." Replicò Marco. "Tu meriti di meglio, ricordalo sempre."
-"Forse hai ragione tu, ma adesso tutto ciò che voglio è Federico." Rispose il moro. "Magari non si è reso conto di che ora è." Aggiunse. "Ha ancora un po' di tempo per contattarmi."
Marco guardò l'amico con compassione, scosse la testa leggermente e si sentì male a sapere ciò che stava per dire al maggiore.
-"Ti sbagli." Disse Marco. "Non c'è più tempo."
-"C- che cosa?" Balbettò il più grande.
-"È mezzanotte, Benjamin."
L'aria sembrò svanire dal locale con le luci blu, il moro sentì il battito del suo cuore rallentare e per un momento pensò avesse smesso di farlo. Per un momento Benjamin pensò di essere morto.
I suoni giungevano alle orecchie del ragazzo ovattati, come se si trovasse sott'acqua, le persone che lo circondavano iniziavano a perdere i loro dettagli, ad essere meno nitidi e Benjamin si sentiva soffocare. Con gesti goffi il moro scese dallo sgabello, che cadde urtando un ragazzo, e si trascinò fuori dal locale alla ricerca di aria.
Respiro. Benjamin aveva bisogno di respirare. A fatica giunse in una strada meno caotica e più buia, attirando su di lui qualche sguardo curioso ma nessuno gli si avvicinò per capire che cosa gli stesse succedendo, si lasciò cadere contro il muro imbrattato e si passò freneticamente le mani sul volto estremamente pallido.
-"Federico. Federico. Federico." Cantilenò il ragazzo, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime. "Non può essere. Non può essere." Continuava a ripetere il moro, rifiutando di accettare ciò che stava succedendo.
Con un'ultima, piccola e vana, speranza il ragazzo prese il suo cellulare e un rumoroso singhiozzo lasciò le sue labbra quando lesse l'ora.
00:23. Da ventitré minuti Federico non faceva più parte della sua vita. Da ventitré minuti Federico aveva rinunciato a lottare per loro.
Qualcosa nella mente dell'ormai ventitreenne si mosse e il ragazzo, disperato e ormai in lacrime, fece ciò che aveva atteso facesse Federico. Lottò per lui.
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Lettere dal passato. || Fenji.
Fanfiction«2050, sono passati trent'anni da quando Federico ha spedito una lettera che ha cambiato per sempre la sua vita. Trent'anni da quando due opposti hanno trovato il modo di essere simili. Che cosa sarà successo in così tanti anni? Quella lettera sarà...