19. Il sole dopo la tempesta.

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Il silenzio notturno di Roma era stato distrutto dal rumore incessante dello scrosciare della pioggia che, da ore ormai, bagnava l'intera città e rendeva quasi impossibile vedere oltre il proprio naso. Il vento freddo di quella notte smuoveva le non troppe foglie rimaste sugli alberi, creando una nuova sinfonia che si andava ad unire alla pioggia in quel concerto della natura.
In quella notte dove la natura aveva la meglio due ragazzi, due come tanti secondo molti e anche secondo loro, avevano deciso di arrendersi ai loro istinti e seguire i loro cuori che, fin dalla prima volta in cui si erano visti, sembravano gridare il nome dell'altro.
Le labbra di Benjamin e Federico si erano unite per la prima volta mentre la tormenta iniziava, scatenando anche in loro un turbinio di emozioni che li teneva in pugno.
-"Grazie." Aveva pronunciato il più grande, o meglio aveva sussurrato, poco prima che le loro labbra si unissero e Federico avrebbe voluto dirgli che non era lui a doverlo ringraziare. Il biondo, in quel momento, avrebbe voluto dirgli tante cose ma non era riuscito a fare altro che baciarlo. Non era riuscito a fare altro che donargli tutto ciò che aveva.
I due giovani non sapevano quanto tempo fosse passato da quando le loro labbra si erano unite, da quando avevano dimenticato che c'era il mondo intero a circondarli, mentre la pioggia diventava sempre più fitta e i loro vestiti diventavano zuppi d'acqua ma a loro non importava, tutto ciò che contava erano solo le loro labbra unite per la prima delle tante volte in cui l'avrebbero fatto.
-"Non immagini neppure quante volte io abbia sognato questo momento." Sussurrò il più grande mettendo fine a quel bacio che aveva tolto il respiro ad entrambi.
Federico sorrise teneramente e accarezzò il volto bagnato, tanto quanto il suo, del suo interlocutore.
-"Invece riesco benissimo ad immaginarlo." Rispose Federico, senza alzare troppo il tono di voce per paura che un rumore eccessivo potesse distruggere quella bolla di magia che si era creata intorno a loro. "Perché anch'io l'ho fatto tante volte quante l'hai fatto tu." Aggiunse il ragazzo e diede un bacio a stampo al maggiore, un gioco per bambini rispetto al bacio che si erano scambiati poco prima. "Sono felice." Disse, poco dopo, il diciannovenne.
-"Lo sono anch'io, tantissimo." Ammise il moro. "Il mio cuore sta battendo all'impazzata e ho paura, che da un momento all'altro, possa uscirmi dal petto." Disse il ventiduenne romano facendo ridacchiare il suo compagno. "Senti." Aggiunse e, con una lentezza quasi estenuante, prese la mano del più piccolo e la poggiò sul suo petto coperto dalla maglia bagnata.
Il più piccolo, però, allontanò la sua mano dal petto del ragazzo e si piegò sulle ginocchia per poter appoggiare l'orecchio nell'esatto punto in cui Benjamin, prima, aveva poggiato la sua mano.
Per qualche momento il silenzio calò tra i due ragazzi e il diciannovenne poté bearsi del suono del battito del cuore di Benjamin che sembrava impazzito soltanto per lui.
-"Torniamo a casa?" Chiese il più piccolo e si rialzò.
Benjamin annuì e si passò una mano tra i capelli bagnati.
-"Casa mia è qui vicino."

La tormenta d'acqua della notte appena trascorsa sembrava essere soltanto un ricordo quando, l'indomani mattina, Roma si svegliò cullata da dei caldi raggi di sole che avevano quasi del tutto asciugato le pozzanghere. I vetri dei vari edifici sembravano scintillare quella mattina, la città sembrava essersi svegliata totalmente nuova, totalmente rigenerata. Il sole dopo la tempesta aveva dato vita nuova ad una città che si era rinnovata e reinventata mille e una volta nel corse dei secoli, attirando da sempre l'ammirazione di chi si soffermava a guardarla aldilà di tutti i problemi.
Quella città, quel piccolo universo a se stante, quella notte aveva fatto da scenario alla nascita di una storia destinata a consumarsi tra le sue strade, a riempire ogni angolo di rabbia cancellata da un bacio rubato per disperazione, per bisogno. Quella notte, a Roma, era iniziata una storia che avrebbe fatto impallidire le storie d'amore dei film e anche dei romanzi, che sarebbe stata la più reale di tutte ma, allo stesso tempo, intrisa di magia e nascosta da un velo di fantasia.
Quella notte aveva avuto inizio la storia d'amore di Benjamin e Federico.

Caldi raggi di sole invadevano l'ampia, e fin troppo arredata, stanza del maggiore e illuminava i volti di Benjamin e Federico, stretti l'uno all'altro nel letto a due piazze del moro come se, invece, si trovassero in un letto singolo. I due ragazzi erano tornati a casa del moro verso le undici di sera, nonostante la casa del ragazzo distasse meno di mezz'ora a piedi Benjamin e Federico avevano impiegato quasi due ore per raggiungerla, occupati com'erano a ridere per ogni cosa e a baciarsi continuamente.
Quando la giovane coppia arrivò a casa, bagnati fradici, furono sollevati nel non vedere nessuno e poterono raggiungere la camera del minore mentre si scambiavano infiniti baci.
-"Credi che dovremmo alzarci?" Domandò il più piccolo, avvolto tra le braccia del maggiore e con la schiena aderente al suo petto, e accarezzò le braccia tatuate del moro disegnando i contorni di qualche tatuaggio con le dita.
-"Perché mai dovremmo?" Replicò il maggiore e gli baciò la spalla, coperta da una sua vecchia t-shirt a mezze maniche nere. "Stiamo così tanto bene, non trovi?" Aggiunse e poggiò la gamba su quelle nude del biondo.
Federico ridacchiò e annuì.
-"Io sto benissimo." Rispose Federico. "Ma dovrei tornare a casa."
-"Sei già a casa." Disse il moro e portò le mani sul petto del diciannovenne per accarezzarlo. "Non devi andare da nessuna parte."
Il più piccolo sorrise a quelle parole e si voltò tra le braccia di Benjamin fino a trovarsi faccia a faccia con lui.
-"I miei genitori non sarebbero d'accordo, lo sai?" Replicò il più piccolo e gli baciò la mascella. "Ieri sera sono uscito senza neppure dirgli dove andassi, saranno preoccupati."
-"Non mi sembra, comunque, un buon motivo per andare via." Disse Benjamin e arricciò le labbra. "Capiranno perché non sei tornato."
-"Un paio di occhi chiari e delle labbra fenomenali sono degli ottimi motivi, no?" Ridacchiò il più piccolo e sistemò la testa sul cuscino.
-"Soprattutto se sono i miei occhi e le mie labbra." Ammiccò Benjamin e strinse l'altro un po' più forte. "Sul serio, non andare via." Aggiunse e gli accarezzò il fianco.
-"Vorrei restare ma-"
-"Non ci sono ma se lo vuoi davvero." Lo zittì Benjamin.
-"Mio padre si arrabbierà." Replicò il biondo e sospirò. "Tu non lo conosci."
-"Se dovesse servire ci parlerò io." Controbatté il più grande. "Per favore, resta."
Federico sospirò e allacciò le braccia al collo del compagno.
-"Solo un po' però."
Benjamin annuì e gli baciò la punta del naso.
-"Solo un po'."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora