«Mi manchi già, non vedo l'ora di rivederti domani.» Recitava il messaggio che il più piccolo ricevette non appena entrò nella sua stanza, dopo essere stato messo in punizione per una settimana dal padre.
"È assurdo, assurdo." Pensò Federico, che non riusciva ad accettare l'idea che suo padre lo avesse messo in punizione soltanto perché aveva dormito fuori casa. Il biondo si gettò sul letto, dove giacevano alcuni dei vestiti che aveva scartato la sera precedente, e sospirò rumorosamente per poi prendere il suo cellulare per rispondere al messaggio.
«Mi pento di essere tornato a casa, di sicuro sarei stato meglio a casa tua con te.» Digitò il più piccolo mentre le labbra si piegavano verso il basso chiudendo il viso in un'espressione triste.
Come immaginava la risposta del più grande non tardò ad arrivare.
«Senza alcun dubbio saresti stato meglio qui con me😉» Federico ridacchiò per l'emoji finale e attese che l'altro terminasse di scrivere l'altro messaggio che stava digitando. «È successo qualcosa? I tuoi genitori sono arrabbiati?» Gli chiese il moro, preoccupato all'idea che per colpa sua Federico potesse trovarsi nei guai.
Federico arricciò le labbra e stese le gambe sul letto.
«Mio padre non è arrabbiato, molto di più. Mi ha messo in punizione.» Scrisse Federico.
«Cosa? Punizione? Che genere di punizione?»
-"Federico, posso entrare?" La voce di sua madre, perennemente tranquilla, attirò l'attenzione del più piccolo che annuì debolmente.
-"Entra." Disse il più piccolo, per poi tornare a dedicare la sua attenzione al cellulare.
«Ti chiamo più tardi e ti spiego tutto.» Scrisse al maggiore per poi bloccare il cellulare.
-"Che cosa c'è? Perché sei qui?" Chiese alla madre e spostò le gambe per farla sedere.
-"Mi dispiace per la punizione." Disse Vanessa. "Ho tentato di convincerlo a cambiare idea ma conosci tuo padre, non ha voluto sentire ragioni, si è alzato ed è andato via." Aggiunse e allungò una mano per accarezzare il ginocchio del figlio.
-"Tranquilla, so che non è colpa tua." Rispose il biondo. "Non mi resta che accettare la punizione e sperare che la settimana passi in fretta." Aggiunse e sospirò.
La donna abbozzò un sorriso e annuì.
-"Spero che almeno ne sia valsa la pena."
-"Che cosa?"
-"Spero che qualsiasi motivo ti abbia spinto a restare fuori sia, almeno, un buon motivo." Disse Vanessa.
Federico abbassò la testa, per nascondere le guance rosse, e si mordicchiò il labbro inferiore.
-"I- io sono stato con un a- amico..." Balbettò il più piccolo.
La madre sorrise e scosse la testa divertita.
-"Sicuro che si trattasse soltanto di un amico?" Domandò la madre e allungò una mano per accarezzargli la testa. "O magari potrebbe trattarsi di un amico molto molto bello?"
-"Mamma!" Esclamò Federico. "È solo un amico..." Sussurrò. "Sì, insomma, un amico..."
-"Non mi sembri molto convinto." Replicò Vanessa. "Ti piace?"
Il biondo sospirò e appoggiò la schiena contro la testiera del letto.
-"Tantissimo." Ammise il biondo, con le guance tinte di un'intensa sfumature di rosso. "Non avevo mai conosciuto qualcuno che mi piacesse così tanto." Aggiunse. "Anche se lo conosco solo da una settimana penso che tra di noi potrebbe durare, insomma, potrebbe andare bene."
-"Come si chiama?"
-"Benjamin."
-"Nome particolare, mi piace." Disse Vanessa e sorrise. "E tu a lui piaci?"
Il più piccolo annuì.
-"Sì." Rispose. "O almeno lui mi ha detto che gli piaccio."
-"Ma ha fatto qualcosa per fartelo capire?" Gli chiese la donna.
Il biondo si morse il labbro inferiore e arrossì ancora di più.
-"Ci siamo baciati." Sussurrò il biondo.
Vanessa sorrise alle parole del figlio e gli baciò la fronte.
-"Sai, vero, che dovrai presentarmelo il prima possibile?" Domandò la donna. "Voglio conoscere questo Benjamin."
-"Lo adorerai." Disse il più piccolo. "È fantastico."
-"Se ti rende così tanto felice, allora, lo adoro già."Una leggera pioggia, che forse neppure poteva essere definita tale data la sua scarsa intensità, cadeva dal cielo scuro di quella mattina di fine ottobre, soffiava un vento abbastanza freddo che costringeva i passanti a coprirsi per bene per evitare di ammalarsi. In quel venerdì mattina i bar erano più gremiti del solito, nonostante le scuole fossero aperte e le strade invase dai soliti turisti che quotidianamente frequentavano la capitale italiana.
Lontano dall'abitudinario caos romano c'era un auto, una di quelle che non passava di certo inosservata, parcheggiata all'ombra di un albero quasi del tutto spoglio e con i finestrini oscurati per nascondere quanto stava accadendo all'interno.
Le mani tatuate di Benjamin erano ben salde sui fianchi, che si era premurato di scoprire, del più piccolo e lo stringeva contro il suo petto mentre questo, seduto a cavalcioni su di lui, giocherellava con il suo piercing dietro il collo e, intanto, le loro labbra si cercavano disperate con i loro baci che riecheggiavano nel piccolo e caldo abitacolo.
-"Mi fai impazzire." Gemette il moro mentre l'altro gli morse il labbro inferiore. "Tu mi farai impazzire." Aggiunse e cercò nuovamente la labbra del biondo per baciarlo ancora. Federico, dal canto suo, non fece nulla per impedire di farsi baciare, anzi, andò incontro alle labbra dell'altro e si spinse contro di lui.
-"Fermo, fermo." Ridacchiò il minore e si allontanò dalle labbra del maggiore, quando questo gli alzò la maglia a maniche lunghe nera.
Il moro fece una smorfia di disapprovazione e tornò a stringere i fianchi di questo senza, però, abbassargli la maglia.
-"Mi sei mancato." Disse il ventiduenne.
-"Adesso sono qui." Rispose Federico e gli diede un bacio a stampo.
-"Non per tutto il tempo che vorrei però." Replicò il moro. "Tra poco dovrai già andare via."
Il più piccolo sospirò e annuì.
-"Sai che non dipende da me." Disse il più piccolo. "Se dipendesse da me resterei qui per tutto il tempo." Aggiunse e stampò un bacio sulla guancia del maggiore. "E avrei lasciato che mi togliessi la maglia." Sussurrò all'orecchio dell'altro.
Benjamin si leccò le labbra e circondò il busto del compagno con entrambe le braccia.
-"Sei proprio sicuro di non poter restare ancora un po'?"
-"È meglio che io vada." Disse Federico. "Mio padre potrebbe venire a controllare e non sarebbe felice di sapere che non sono a lezione." Aggiunse e Benjamin sospirò. "Una settimana passa in fretta e possiamo vederci qui in facoltà."
-"Domani e dopodomani non ci saranno lezioni, quindi non potrò vederti." Controbatté il moro. "E se solo servisse salterei tutte le lezioni per stare con te ma, purtroppo, non puoi."
-"Mi dispiace." Sussurrò il più piccolo. "Non avrei mai immaginato che mio padre reagisse in questo modo."
Benjamin annuì e poggiò la testa sulla spalla del ragazzo.
-"Una settimana passerà in fretta, o almeno lo spero." Disse Benjamin e scrollò le spalle. "Ma la settimana prossima tieniti libero."
-"Che cos'hai in mente?" Gli domandò il biondo e gli accarezzò i capelli.
-"Mio padre partirà venerdì sera e resterà fuori fino a lunedì mattina." Disse il più grande. "E tu resterai per tutto il tempo a casa mia."
Federico sorrise e gli baciò la fronte.
-"Mi piace molto come idea."
-"E la realtà ti piacerà ancora di più, te l'assicuro." Rispose il moro e ammiccò all'altro.
-"Mh." Mugolò il più piccolo. "Non so se sarà così." Aggiunse. "Magari potresti darmi qualche anticipo, giusto per capire se mi piacerà davvero."
Benjamin ghignò e alzò la testa dalla spalla dell'altro.
-"Ti piacerà, stanne certo." Replicò Benjamin per poi baciarlo.

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Lettere dal passato. || Fenji.
Fanfiction«2050, sono passati trent'anni da quando Federico ha spedito una lettera che ha cambiato per sempre la sua vita. Trent'anni da quando due opposti hanno trovato il modo di essere simili. Che cosa sarà successo in così tanti anni? Quella lettera sarà...