Benjamin aveva scrutato attentamente il volto del diciannovenne, ne aveva catturato ogni particolare e si era sforzato di imprimerli tutti, compresi quel piccolo neo a stento visibile che aveva sotto il sopracciglio destro, nella sua memoria per poter distinguere quel ragazzo appena conosciuto anche tra centinaia di persone.
Quella prima sera, illuminato dal chiarore della luna piena, il moro aveva osservato Federico fino allo sfinimento, alternando il suo sguardo tra il cielo stellato di quella notte e il volto di Federico, concentrato ad ascoltare e a pensare che cosa rispondergli, e non aveva potuto fare a meno di pensare che gli occhi azzurri di quel ragazzo brillassero più delle stelle.
Se qualcuno glielo avesse chiesto il moro non avrebbe saputo rispondere che cosa gli stesse succedendo, che cosa gli avesse fatto Federico con i suoi magnetici occhi che sembravano seguirlo ovunque, ma c'era qualcosa che lo spingeva a conoscere meglio Federico o, più precisamente, di conoscere tutto di quel ragazzo apparentemente tanto timido. Il più grande si sentiva attratto da quel giovane, dal suo modo di fare e, innegabilmente, anche dal suo aspetto fisico come mai gli era successo in vita sua, nonostante ne avesse conosciute di persone belle e con cui aveva intrattenuto relazioni più o meno serie, nessuna di queste però era bella nello stesso modo in cui lo era Federico.-"Per quanto possa essere un argomento interessante, sinceramente, preferirei parlare d'altro." Disse il moro. "Magari di te."
-"Di me?" Replico, un po' incredulo, il più piccolo. Federico odiava parlare di se stesso, sapeva di avere tanto da raccontare ma non sapeva mai fino a che punto potesse farlo, fino a che punto la persona che aveva davanti fosse interessato a conoscerlo.
-"Proprio di te." Annuì Benjamin e, timidamente, allungò una mano per accarezzargli i capelli. "Voglio sapere tutto di te."
Federico era rimasto a bocca aperta dopo quelle parole, gli occhi attenti di Benjamin erano fissi su di lui e gli sorrideva timidamente mentre nel piccolo e discreto bar entravano un gruppo di ragazzi intenti a parlare degli impegni che li avrebbero separati da lì a pochi minuti.
-"Non ho molto da dire su di me." Borbottò imbarazzato Federico e abbassò la testa per evitare che l'altro notasse le sue guance che, pian piano, acquisivano colore.
-"Non ci credo." Rispose il moro. "Sono sicuro tu abbia tante cose da dire." Aggiunse.
-"Non voglio annoiarti." Controbatté il più piccolo. "Preferirei parlare d'altro."
-"Ma io voglio conoscerti meglio." Replicò Benjamin.
Il diciannovenne sospirò e annuì.
-"Dimmi che cosa vuoi sapere."
-"Mh." Mugolò Benjamin. "Non so, potresti dirmi perché hai scelto di studiare architettura."
-"Architettura?" Ripeté il biondo e inarcò un sopracciglio. "Che cosa ti fa pensare che io studi architettura?"
-"Beh, quando ti ho visto in università stavi uscendo dalla sede dove, in genere, si svolgono le lezioni del corso di architettura." Rispose il più grande. "Non studi anche tu architettura?"
"Ecco perché non riuscivo a trovare l'aula della lezione." Pensò Federico e si diede mentalmente dello stupido per quel giorno.
-"No, non studio architettura." Rispose Federico. "Io studio storia dell'arte."
-"Oh." Esclamò, sorpreso, il ventiduenne.
-"Non pensavo che tu studiassi architettura." Disse Federico e incrociò le braccia al petto.
-"E che cosa pensavi studiassi?" Domandò il moro, incuriosito dal cambiamento d'umore del minore.
-"Qualsiasi altra cosa."
-"Non ti piace l'architettura?"
-"Come potrebbe piacermi qualcosa che è l'opposto di quello che studio?" Replicò il più piccolo e inarcò un sopracciglio. "Le meraviglie del mondo che io studio vengono, quotidianamente, distrutti da architetti che vogliono costruire di tutto e ovunque pensando di migliore la città."
Benjamin strabuzzò gli occhi nel sentire quelle parole pronunciate con tanta durezza ma subito dopo ridacchiò e scosse la testa.
-"Vedo che hai ben chiaro che cosa ti piace e cosa non ti piace." Commentò Benjamin. "Però ti sbagli." Aggiunse e appoggiò il braccio, coperto dalla maglia a maniche lunghe nera della vans che indossava, sulla sedia in legno. "Se non ci fossero gli architetti le meraviglie del mondo, come le chiami tu, neppure sarebbero esistite perché nessuno avrebbe avuto la competenza necessaria per costruirle. Non trovi?" Concluse e inclinò la testa da un lato.
Il biondo mugolò e arricciò le labbra.
-"Allora siete degli stupidi a distruggere ciò che in passato persone come voi hanno costruito." Replicò il biondo facendo ridere il suo interlocutore.
-"Questo non posso negarlo." Ridacchiò il più grande. "Quindi storia dell'arte, eh? A che anno sei?"
-"Secondo." Rispose Federico. "Tu dovresti essere al quarto, no?"
-"Terzo." Scosse la testa il moro. "All'inizio mi ero iscritto a giurisprudenza ma ho cambiato idea poco dopo e l'anno seguente mi sono iscritto ad architettura." Spiegò il ragazzo.
-"Ti vedrei meglio come avvocato."
-"Chi ha mai parlato di essere avvocato? Io aspiravo ad essere un giudice." Disse il ventiduenne. "Non mi accontento di poco." Aggiunse.
-"Anche tuo padre è un architetto?" Domandò il più piccolo.
-"Sì, anche lui ha studiato architettura." Annuì Benjamin per poi inclinare la testa da un lato e mordicchiarsi il labbro inferiore, mentre guardava il minore.
-"Che cosa c'è?" Gli chiese il biondo e tentò, inutilmente, di evitare allo sguardo del moro. "Perché mi guardi in questo modo?"
-"No, non abbassare lo sguardo." Rispose il più grande e allungò una mano per poggiarla su quella del più piccolo. "Voglio guardare i tuoi occhi."
-"P- perché?" Balbettò Federico e deglutì. "I miei occhi hanno qualcosa d- di s- strano?"
-"Sono bellissimi." Disse Benjamin, senza pensarci troppo, e accarezzò lentamente la mano del minore. "Hai degli occhi bellissimi, Federico."
A quelle parole le guance di Federico si tinsero di una sfumatura di rosso decisamente intensa, tanto da far impallidire il raccoglitore dei tovaglioli rossi sistemati su ogni tavolo del bar.
-"I- io..." Balbettò, sottovoce, il minore e abbassò lo sguardo imbarazzato. "Grazie." Sussurrò, un po' incerto, il ragazzo e si mordicchiò il labbro inferiore.
Benjamin sorrise e smise di accarezzargli la mano per potergli accarezzare la guancia arrossata per l'imbarazzo.
-"E sei ancora più bello quando sei imbarazzato." Rispose Benjamin e gli sfiorò la guancia con il pollice. "Ti va di guardarmi? Non ti mangio mica, te l'assicuro." Ridacchiò Benjamin. "Ti ho soltanto fatto un complimento."
Il biondo prese un respiro profondo e, dopo qualche momento di silenzio, alzò lo sguardo per poter guardare Benjamin che continuava a sorridergli. La tanta vicinanza tra loro due, le mani del moro ferme sul suo volto, per un momento fecero mancare il respiro a Federico e girargli la testa per l'intensità di quel momento che, a chiunque altro, non sarebbe sembrato nulla di eccezionale.
-"Non sono abituati a ricevere complimenti." Disse il biondo, prima ancora di rendersi conto di aver aperto bocca, sincero come poche volte gli era capitato di essere.
-"Male, molto male." Controbatté il più grande e trascinò la sedia un po' più vicina a quella del minore, senza mai smettere di accarezzargli la guancia. "Decisamente molto male." Ripeté. "Tu meriti di essere riempito di complimenti."
-"E perché mai?" Replicò Federico. "Perché la gente dovrebbe complimentarsi con me?"
-"Perché sei una persona bellissima."
-"Tu neppure mi conosci."
-"È vero, non ti conosco." Annuì Benjamin. "Ma mi basta guardarti negli occhi per capire che persona sei." Continuò. "Per capire che la tua bellezza estetica non è nulla rispetto al mondo che hai dentro." Aggiunse. "E, te lo giuro, farò di tutto per conoscerlo."
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Lettere dal passato. || Fenji.
Fanfiction«2050, sono passati trent'anni da quando Federico ha spedito una lettera che ha cambiato per sempre la sua vita. Trent'anni da quando due opposti hanno trovato il modo di essere simili. Che cosa sarà successo in così tanti anni? Quella lettera sarà...