25. O cazzate simili?

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-"Ora facciamo colazione."
-"Forse è meglio che io torni a casa, non vorrei disturbare." Disse Federico.
-"Ma avevi detto che saresti restato fino a domani mattina."
-"Adesso c'è tuo padre, dovrà lavorare, non voglio disturbare."
-"Nessun disturbo." Rispose Alessio e prese un biscotto al cioccolato. "Continuate pure con i vostri piani, fate finta che io non sia ancora tornato." Aggiunse. "Non mi vedrete neppure in casa, ve lo giuro."
Ignorare la presenza di Alessio era stato più difficile di quanto l'uomo pensasse, nonostante l'uomo avesse fatto di tutto per evitare di disturbare i due ragazzi ma gli era stato impossibile dato che sembrava combinasse guai ad ogni passo che faceva e, in seguito, si scusava di continuo con i due giovani.
La colazione con Alessio, nonostante l'imbarazzo che continuava ad alleggiare nell'aria, era andato meglio di quanto i tre pensassero; l'uomo aveva fatto di tutto per mettere a suo agio il più piccolo, evitando con cura di menzionare l'episodio avvenuto poco prima, con battute varie e facendo domande al ragazzo riguardo la sua vita ma senza risultare invadente. Federico, anche se di natura non incline a parlare della sua vita con degli sconosciuti, aveva risposto con gentilezza alle domande dell'uomo e, alla fine, non aveva potuto che dare a ragione al moro quando gli ripeteva che persona magnifica fosse suo padre.
Benjamin era felice di notare che suo padre e Federico andassero d'accordo, non aveva mai smesso di sorridere durante la colazione mentre i due parlavano come se si conoscessero da una vita.

-"È davvero simpatico tuo padre." Disse il più piccolo, seduto tra le gambe del maggiore sul divano di casa di questo, e sorrise mentre l'uomo tentava di sistemare i libri che aveva appena fatto cadere cercando di fare il minor rumore possibile. "Anche se poco silenzioso." Aggiunse e ridacchiò.
Benjamin gli baciò la tempia e ridacchiò.
-"Sì, è davvero simpatico anche se combina sempre guai." Rispose e sorrise mentre guardava il genitore che stava imprecando contro un libro che continuava a cadere. "Mi dispiace che le cose non siano andate come speravamo." Aggiunse.
-"Infatti sono andate anche meglio." Replicò Federico e reclinò la testa sulla spalla del ragazzo. "E la parte migliore è che non è ancora finita."
Il moro sorrise e gli accarezzò il petto.
-"Sai che cos'intendo." Rispose. "Ti avevo promesso due giorni da soli ma così non è stato."
-"Non è colpa tua, non sapevi che tuo padre sarebbe ritornato prima."
-"Voglio ugualmente farmi perdonare però." Disse il moro.
-"Normalmente ti direi che non serve, che non hai fatto nulla di male." Iniziò a parlare il più piccolo. "Ma non mi dispiace l'idea, quindi fai pure." Disse e ridacchiò. "Che cosa hai in mente?"
-"Ti avevo promesso che saremmo rimasti da soli, ma visto che a casa non possiamo, potremmo uscire." Rispose Benjamin. "Ti va di andare a cena fuori?"
-"Non credi che tuo padre potrebbe offendersi? Dopotutto è tornato per stare con te."
-"Tranquillo, non si offenderà."
Il biondo arricciò le labbra e annuì.
-"Allora va bene, andiamo a cena." Rispose il biondo. "Niente ristoranti lussuosi però."
-"Non ti piacciono?" Replicò il più grande.
-"Nemmeno un po'." Scosse la testa Federico. "Non mi piacciono quei posti, preferisco le cose più semplici."
Il moro annuì e gli baciò la guancia.
-"Allora andremo in un posto più semplice."

Così come gli aveva promesso il più grande portò l'altro a cena in un pub non molto distante da casa sua, dato che Federico aveva rifiutato categoricamente di andare in auto vista la bella serata, e non particolarmente affollato di domenica sera. Per i due ragazzi era stato difficile decidere di lasciare la camera del maggiore, dove avevano ricominciato a baciarsi e stringersi mentre si preparavano per uscire, ma la voce di Alessio che imprecava contro un piatto appena caduto era stato per loro un buon incentivo.
-"Non sono mai stato qui." Disse Federico mentre si guardava intorno, guardando sorridente le lucine colorate appese al muro verde scuro e che illuminavano le polaroid di vari clienti che erano stati in quel posto.
-"Non è molto conosciuto, ma ti assicuro che è tutto squisito." Sorrise il moro e gli porse il menù. "E in più è davvero carino."
-"Sì, molto." Annui il più piccolo e prese il menù. "Ci vieni spesso?"
-"Ogni volta che io e mio padre non sappiamo che cosa mangiare." Ridacchiò Benjamin e prese anche lui un menù. "Gli hamburger sono squisiti, te li consiglio."
Il biondo arricciò il naso e scosse la testa.
-"Non mi piacciono."
Il più grande inarcò un sopracciglio e abbassò il menù.
-"Non sarai mica vegetariano o cazzate simili?"
Quella volta fu Federico ad inarcare un sopracciglio e a guardare l'altro con sguardo torvo.
-"Cazzate simili?" Ripeté Federico. "Per te è una cazzata non voler mangiare un altro essere vivente?"
-"Un essere morto, non vivente." Puntualizzò il moro.
-"Un essere ucciso, non morto." Rispose il più piccolo. "Ma, quindi, a te starebbe bene se ti mangiassero dopo che sei morto?"
-"Non ho detto questo."
-"Il senso è questo." Disse il più piccolo. "Ma comunque no, nessuna di queste "cazzate simili" - virgolettò le parole e alzò gli occhi al cielo - solo non mi fa impazzire la carne." Aggiunse. "Ogni tanto la mangio per far felice mio padre, ma preferisco evitarla."
-"Io mangerei sempre carne." Rispose Benjamin. "E ti assicuro che, stando con me, finirai per mangiarla anche tu."
-"O magari sarà il contrario." Replicò il biondo e incrociò le braccia al petto. "Potrai essere tu a cambiare."
-"Non sono un tipo di persona che cambia tanto facilmente."
-"Perché io sono un povero stupido che cambia idea in base alle persone con cui sta, no?" Controbatté il biondo e inarcò un sopracciglio. "Io non ho idee mie, dipendo dagli altri, no?"
Il più grande sospirò e scosse la testa.
-"Non ho detto questo."
-"E che cosa avresti detto?"
-"Niente, Federico, lasciamo perdere." Sospirò il più grande.
-"Non mi piace lasciare le conversazioni a metà." Rispose Federico. "Spiegami che cosa intendevi dire."
-"Nulla, Federico, solo che qualche volta potrebbe capitarti di mangiarla in mia compagnia." Disse il più grande minimizzando il tutto. "Non intendevo dire che sei debole o che ti lasci influenzare." Aggiunse.
-"E come sarei secondo te?" Replicò Federico, ormai, irritato.
-"So che siamo diversi." Rispose il moro. "Siamo molto diversi." Aggiunse. "Ma non voglio che questo rovini tutti."
-"Allora impara a pesare bene le parole che dici." Replicò il più piccolo, per poi sospirare. "Nemmeno io voglio litigare, non voglio rovinare tutto, ma non sono disposto a perdonarti tutto soltanto per non litigare." Aggiunse. "Io non sono quel genere di persona e non voglio quel genere di relazione."
-"E non l'avrai, te l'assicuro." Rispose Benjamin e allungò una mano per stringere quella del minore. "Ho bisogno di una persona al mio fianco che mi sostenga, non che mi obbedisca." Aggiunse. "Non ti tratterò mai come se dipendessi da me, solo non prendertela prima ancora di sapere che cosa intendessi."
Il biondo annuì debolmente e si appoggiò contro lo schienale della sedia.
-"Mi dispiace, questo è uno dei miei tanti difetti." Replicò il biondo. "Sono un disastro." Sospirò e si passò una mano sul volto.
Il più grande si alzò dalla sua sedia, fece il giro del piccolo tavolo per raggiungere il minore e gli prese entrambi le mani per poi baciargli il dorso più volte.
-"A me le cose semplici non piacciono." Rispose il più grande. "Sei un disastro? Lo sono anch'io." Aggiunse. "Questo vuol dire che non siamo poi tanto diversi."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora