11. Avrei tante cose da dirti.

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-"Io sono stanco di te e di tua madre, del vostro allearvi per mettervi contro di me e farmi passare sempre come il cattivo della situazione."
-"Andrea sai benissimo che non è così." Sospirò Vanessa.
-"Papà, per favore, non ricominciare." Aggiunse Federico e alzò gli occhi al cielo.
-"Le cose dovranno cambiare." Disse Andrea. "E cambieranno molto presto, ve lo assicuro."
L'atmosfera nel salotto era totalmente cambiata dopo le parole, pronunciate con tanta durezza, di suo padre che aveva riservato alla sua famiglia occhiata colme di rabbia e rancore.
Vanessa, abituata alle reazioni spropositate di suo marito per le cose più futili, sospirò rumorosamente e si tolse i tacchi neri che iniziavano a dolerle dopo averli portata per l'intera giornata.
-"Non ti sembra esagerato reagire in questo modo?" Domandò la donna con la sua solita calma che la contraddistingueva e che la rendeva così tanto diversa dall'uomo che aveva sposato quasi ventuno anni prima. Andrea e Vanessa non sarebbero potuti essere più diversi, avevano modi totalmente diversi di affrontare le situazioni che la vita gli poneva davanti, modi diversi di essere e Federico si era sempre chiesto che cosa li avesse spinti a stare insieme, che cosa li accomunasse perché, secondo lui, i due non avevano niente in comune. Il biondo adorava i suoi genitori, avrebbe fatto di tutto per loro, ma fin da piccolo aveva sempre avuto ben chiaro in testa che mai nella vita avrebbe voluto una relazione con una persona tanto diversa da lui, non voleva un rapporto come quello dei suoi genitori.
Andrea lanciò un'occhiataccia alla donna e digrignò i denti.
-"Nemmeno un po'." Ringhiò l'uomo. "Come vi ho già detto, sono stanco di questa situazione e vi assicuro che presto cambierà tutto."
-"Che cosa intendi?" Gli domandò Federico e incrociò le braccia al petto. "Che cosa vuoi cambiare?"
Andrea ghignò e scosse la testa.
-"Lo scoprirete presto." Rispose lui. "E ora vai a cambiarti, tra poco ceneremo."
-"Ma sono appena le sette." Controbatté il più piccolo.
-"Oggi ceneremo prima." Disse Andrea. "Non ti ho chiesto se ti va bene, o ceni o puoi anche andartene a dormire."

Federico aveva preferito non replicare alle parole del padre, non voleva dargli ulteriori motivazioni per arrabbiarsi e rovinare la cena a lui e sua madre, aveva semplicemente annuito e aveva lasciato la stanza per chiudersi nella sua stanza. Non appena il ragazzo fu lontano dai suoi genitori gli ritornò alla mente il pomeriggio, o meglio l'ora, che aveva passato in compagnia del ventiduenne e non aveva potuto fare a meno di sorridere.
C'era qualcosa, qualcosa di tremendamente assurdo, che lo spingeva a voler conoscere meglio quel ragazzo che lo aveva bagnato, che lo aveva spinto per tutta la settimana a conoscere quello sconosciuto che era riuscito a lasciarlo senza parole senza troppi sforzi. Federico non sapeva che cosa fosse, come spiegare quello che gli stava succedendo, del resto di Benjamin non sapeva nulla se non il nome scoperto poche ore prima, ma per il momento lo rendeva felice e gli stava bene così.

-"Federico i gomiti." Disse, con tono autoritario, Andrea mentre guardava suo figlio giocherellare con la sua insalata. "E smettila di giocare con il cibo, non sei un bambino."
Il biondo alzò gli occhi e sospirò.
-"Scusami." Disse il ragazzo poco affamato, per via della torta che aveva mangiato in compagnia del moro, e tolse i gomiti dal tavolo. "Posso andare in camera mia?"
-"Tesoro non hai praticamente toccato cibo." Rispose Vanessa. "Non ti senti bene?"
-"Non ho fame."
-"Non importa." Rispose Andrea. "Resterai qui fino a quando non finiremo di cenare." Aggiunse.
-"Signori, scusatemi." La voce di Alfonso, il loro maggiordomo da circa una decina d'anni, infranse il silenzio calato nella grande sala pranzo le cui pareti erano tinte di grigio perla.
-"Che cosa c'è?" Domandò Andrea.
-"C'è una persona alla porta che vuole parlare con Federico." Disse l'uomo dai capelli grigi. "Ha una cosa per lui."
Andrea digrignò i denti.
-"Prendi ciò che ha e digli di andarsene, noi stiamo cenando."
-"Ma papà!" Esclamò il biondo.
-"Vai pure, Alfonso."
Il maggiordomo annuì e ritornò dall'ospite di cui non aveva detto il nome.
-"Io non sto cenando." Disse Federico. "Sarei potuto andare." Aggiunse.
-"Ti ho già detto che resterai qui fino a quando noi non finiremo di cenare."
-"Non è giusto." Borbottò il minore e incrociò le braccia al petto.
-"È la vita a non essere giusta, Federico." Replicò Andrea e riprese la sua forchetta. "Crescendo lo capirai."
-"Non mi sembra di essermi mai lamentato quando, durante una cena o un pranzo, tu sei andato via." Disse il biondo, infastidito dall'improvviso comportamento di suo padre.
Il padre inarcò un sopracciglio ma, contrariamente a quanto il più piccolo si aspettasse, non si arrabbiò o almeno non sembrava fosse arrabbiato.
-"Prima cosa: è successo soltanto un paio di volte in quasi vent'anni, non credo tu possa lamentarti di questo." Puntualizzò il genitore mentre Vanessa, seduto all'altro capo della tavola imbandita, sperava che quella conversazione non sfociasse nell'ennesima discussione tra i due. "Seconda cosa: quelle poche volte che succede è perché ho motivi seri per farlo, come ad esempio il lavoro grazie al quale noi tutti possiamo avere questo tenore di vita. - Federico alzò gli occhi al cielo, era stanco di sentire suo padre che ribadiva continuamente quanto importante fosse il suo lavoro e che solo grazie a lui potevano permettersi quello stile di vita - Non sono mai andato via perché qualcuno era venuto a farmi visita." Continuò l'uomo. "Quindi, prima di dire determinate cose, pensa."
Dopo poco Alfonso, mantenendo la sua solita espressione che non lasciava trasparire emozioni, rientrò nella sala portando con sé uno zaino nero.
-"Il mio zaino!" Esclamò, felice, Federico non appena vide l'oggetto che, ormai, pensava non avrebbe più ritrovato.
-"Perché ha lui il tuo zaino?" Domandò il padre.
-"Il ragazzo alla porta mi ha chiesto di darle lo zaino e di dirle che all'interno c'è un biglietto." Disse Alfonso e si avvicinò al biondo per porgli l'oggetto.
-"Grazie mille." Sorrise il più piccolo e recuperò l'oggetto ancora un po' umido.
-"Serve altro?" Domandò l'uomo.
-"No, grazie Alfonso, puoi andare." Rispose Vanessa e gli sorrise.
-"Ora posso andare in camera?" Chiese, ancora una volta, il diciannovenne impaziente di leggere il biglietto.
-"Federico ti ho già d-"
-"Io ho finito di cenare." Lo interruppe Vanessa, nonostante non avesse ancora terminato di cenare. "Per quanto mi riguarda, puoi anche andare."
Andrea sbuffò sonoramente e borbottò qualcosa sottovoce.
-"Fai come ti pare."

Federico salì le scale il più velocemente possibile, mentre stringeva lo zaino tra le sue braccia, e spalancò la porta della sua stanza per poi saltare - letteralmente - a sedere sul suo letto. Con il sorriso stampato sulle labbra aprì la cerniera dello zaino e sospirò sollevato nel vedere ci fosse tutto, notò il foglio bianco ripiegato su se stesso e lo prese.
«Mi dispiace aver curiosato nelle tue cose ma, te lo giuro, l'ho fatto soltanto per sapere il tuo cognome e chiedere in giro di te per trovarti, non ho visto altro. Per fortuna ho incontrato qualcuno che ti conosce, o conosce tuo padre non l'ho ben capito, e mi ha saputo indicare dove abitassi.
Mi è dispiaciuto non vederti, speravo di poterti salutare ma va bene così, non voglio disturbarti. Avrei tante cose da dirti ma quest'uomo non fa altro che guardarmi male e mettermi fretta - Federico ridacchiò immaginando la scena - quindi eviterò di scriverle tutte.
Ti lascio il mio numero di cellulare, nel caso in cui ti venisse voglia di contattarmi e sapere tutto ciò che vorrei scriverti.
Ah, quasi dimenticavo, grazie per il bel pomeriggio anche se è durato poco.
-Benjamin.»

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora