-"Dato che entrambi ci stiamo annoiando, e dire che questa festa fa schifo è riduttivo, se ce ne andassimo?"
-"Se ce ne andassimo?" Ripeté il biondo. "Tutti e due?"
-"Sì, insieme."
Federico ci pensò su per qualche momento, si guardò intorno alla ricerca di una risposta che non avrebbe trovato.
"Io questo nemmeno lo conosco." Pensò Federico e si voltò, nuovamente, a guardare il ragazzo seduto accanto a lui. "Tutto sommato, però, sembra un bravo ragazzo."
-"Non credo mio padre sarebbe felice se io me ne andassi." Disse Federico, non del tutto convinto che andare via con uno sconosciuto fosse l'idea migliore. "Anzi, non sarebbe affatto felice." Aggiunse.
Il moro sorrise e annuì.
-"Vale lo stesso per mio padre." Rispose. "Dopotutto è venuto qui per me." Aggiunse. "Però, del resto, non so nemmeno dove sia e poi non andremo lontano."
-"Credi sia una buona idea?" Domandò il diciannovenne.
-"Di sicuro migliore di restare qui ad annoiarci." Replicò Benjamin e si alzò, per poi sistemare la sua giacca scura. "Dai, andiamo, giusto il tempo di prendere un po' d'aria."
Il biondo, alla fine, sospirò e annuì.
-"Va bene, andiamo."I due ragazzi era usciti dalla sala, senza che nessuno notasse la loro assenza, mantenendo una certa distanza tra di loro e un po' di imbarazzo mentre il silenzio cadeva su di loro. Non appena uscirono dal locale una ventata d'aria fresca li colpì in pieno ed entrambi ebbero la sensazione di star finalmente respirando, lontano dalla puzza di fumo che alleggiava all'interno e da quei corpi ammassati l'uno contro l'altro.
-"Qui vicino c'è un bar." Disse Benjamin e con un cenno della testa indicò il cancello. "Ti va di andare lì?"
Il biondo, visibilmente il più imbarazzato tra i due, scosse timidamente la testa.
-"Se non ti spiace preferirei restare qui." Rispose il biondo. "Ma tu, se vuoi, puoi andare."
-"Mi sentirei in colpa se ti lasciassi qui da solo dopo averti convinto ad uscire." Replicò il moro. "Come preferisci, restiamo qui."
-"Okay." Sussurrò Federico e si guardò intorno. "Dove possiamo sederci?"
-"Seguimi."Benjamin guidò il ragazzo, di cui neppure conosceva il nome, nel giardino illuminato verso una meta sconosciuta a questo.
-"Dove andiamo?"
-"Tu seguimi." Fu l'unica risposta che il ventiduenne gli diede mentre sorrideva.
Poco dopo i due giovani arrivarono su una piccola passerella, circondata da fiori di vario tipo poco visibili però a quell'ora, al di sotto c'era un lago e nell'acqua c'era il riflesso della meravigliosa luna piena di quella sera. Quel posto sembrava essere lontano chilometri dalla caotica sala che avevano appena lasciato, sembrava fosse un mondo isolato. Un mondo tutto loro.
-"Wow." Fu tutto ciò che disse Federico e, lentamente, avanzò verso la ringhiera a stento visibile tra i fiori e l'erba.
-"Ti piace?" Gli domandò il moro e si appoggiò contro una colonna in pietra con delle piante rampicanti viola.
-"Moltissimo." Ammise il diciannovenne e sorrise. "Sei già venuto qui?" Gli chiese. "Mi è sembrato tu sapessi dove stessi andando."
Benjamin annuì e mise le mani nelle tasche dei suoi pantaloni neri.
-"Da piccolo sono venuto più di una volta qui con la mia famiglia." Rispose Benjamin, per poi scoppiare a ridere pochi momenti dopo.
-"Perché ridi?" Domandò, ingenuamente, Federico e inclinò la testa da un lato.
Il moro scosse la testa e alzò lo sguardo verso il cielo stellato di quella notte.
-"Mi sembra di essere uno di quelle persone che racconta la sua vita ad un perfetto sconosciuto." Disse. "Come nei film insomma."
-"Non è una brutta cosa." Rispose il biondo e scrollò le spalle. "Dicono sia più facile parlare con chi non conosci."
-"Forse sì, sarà vero, ma io non sono quel genere di persona."
-"E che genere di persona sei?"
-"Non lo so." Disse Benjamin senza neppure pensarci troppo. "Forse sono tutto o forse sono niente." Aggiunse e scrollò le spalle. "Un po' bianco e un po' nero, con tanti difetti e qualche pregio, un po' buono e un po' cattivo.
Vorrei dirti che sono una persona unica, diversa dalle altre, ma mentirei. Sono uno come tanti altri, niente di più e niente di meno, commetto degli errori e spesso nemmeno me ne rendo conto." Continuò mentre il suo sguardo era fisso sulle stelle, ad osservare quel cielo che, quella notte, sembrava avesse qualcosa di magico, qualcosa che nessuno non avrebbe mai più visto e lui non voleva perdersi neppure un dettaglio. "Sono un genere di persona come tanti, ho ambizioni e sogni, speranze e timori ma, no, non ho nulla di speciale." Concluse e riportò lo sguardo sul biondo che aveva ascoltato in silenzio ogni sua parola, osservando il viso e studiandone ogni singola espressione, ogni singolo cambiamento.
-"Io credo che ognuno abbia qualcosa di speciale." Rispose Federico e appoggiò la schiena contro la ringhiera, sobbalzando quando la sentì tremolare per qualche momento. "Non esistono due persone uguali al mondo, ognuno ha qualcosa che lo contraddistingue e sono certo sia lo stesso per te."
Il moro scosse la testa e prese un pacchetto di sigarette dalla tasca dei suoi pantaloni.
-"Vuoi una sigaretta?" Gli domandò e ne estrasse una dal pacchetto.
-"No, grazie."
-"Come preferisci." Disse il moro e avvicinò la sigaretta alle labbra. "Quanti anni hai?" Gli chiese e prese l'accendino.
-"Ne ho diciannove." Rispose Federico e osservò lo sconosciuto accendere la sigaretta. "E tu?"
-"Qualcuno in più." Replicò il moro e strinse l'oggetto tra le dita su cui brillava l'anello in oro bianco che, circa dieci anni prima, suo nonno gli aveva regalato poco prima di morire. "Ma non troppi." Aggiunse. "Hai un buon rapporto con la tua famiglia?" Gli chiese ancora ed ispirò il fumo della sigaretta.
-"È un interrogatorio?"
Il ventiduenne espirò il fumo della sigaretta, formando una piccola nuvola che si infranse contro il volto di Federico che tossì, e ridacchiò leggermente.
-"Sei libero di non rispondere, non ti costringerò a farlo."
-"Vuoi dimostrare che sono un sognatore che crede nella gente perché ho una bella vita, giusto?" Domandò il biondo e assottigliò gli occhi. "Perché in quel caso ti sbagli, la mia vita non è rosa e fiori, ho i miei problemi come tutti e come tutti soffro."
-"Ti sei appena contraddetto." Disse Benjamin e allontanò la sigaretta dalle labbra. "Hai detto che, secondo te, ognuno di noi ha qualcosa che lo rende diverso, unico, eppure ti sei appena identificato con tutti gli altri." Continuò. "Hai appena detto di essere come tutti gli altri, di avere i loro stessi problemi." Aggiunse. "Incoerente, non trovi?"
Il biondo boccheggiò più volte, incapace di formulare una risposta a quanto quello sconosciuto aveva appena detto di lui.
-"Ma tu chi sei?" Replicò il biondo, la cui voce fuoriuscì più acuta di quanto volesse.
Il ventiduenne espirò una terza nuvola di fumo e si leccò le labbra carnose.
-"Uno come tanti, te l'ho detto." Rispose.
-"Federico! Federico."
Lo sguardo di Benjamin vagò alle spalle del biondo e intravide un uomo, con qualche caratteristica fisica simile a quella del ragazzo appena conosciuto, che si stava sbracciando per farsi notare dal ragazzo.
-"Credo ti stiano cercando." Disse Benjamin. "Ci vediamo, Federico." Aggiunse, marcando bene il nome del ragazzo, regalò un sorriso a quest'ultimo e si voltò per andare via.
-"Aspetta!" Gli gridò Federico. "Dimmi almeno come ti chiami!"
Il moro, però, non si voltò e non diede alcuna risposta a Federico.
-"Federico chi era quel ragazzo?" Domandò Andrea e poggiò una mano sulla spalla del figlio.
-"Non lo so." Disse Federico con lo sguardo fisso sulla sagoma del moro che si allontanava. "Uno come tanti."
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Lettere dal passato. || Fenji.
Fanfiction«2050, sono passati trent'anni da quando Federico ha spedito una lettera che ha cambiato per sempre la sua vita. Trent'anni da quando due opposti hanno trovato il modo di essere simili. Che cosa sarà successo in così tanti anni? Quella lettera sarà...