La pioggia continuava a cadere fitta e inesorabile sulle strade di Roma e sul piccolo abitacolo costituito dalla macchina del ventiduenne, parcheggiata in uno spiazzato isolato e lontano da occhi indiscreti. In quello stesso abitacolo la pioggia sembrava soltanto un lontano ricordo, nonostante i due ragazzi fossero bagnati fradici la temperatura sembrava essere decisamente elevata mentre le loro guance si tingevano di rosso.
-"Sono felice di rivederti." Aggiunse Federico
-"Sei felice di rivedere uno come tanti?" Lo prese in giro Benjamin e si passò una mano tra i capelli bagnati.
Il biondo sorrise e appoggiò la testa contro lo schienale del sedile.
-"Sì."
Dopo quella risposta, pronunciata con tanta tranquillità e senza pensarci su neppure per un momento, il ventiduenne sorride intenerito e un po' imbarazzato allungò la mano verso la gamba del minore.
-"Anch'io sono felice di rivederti." Ammise Benjamin. "Ti ho pensato molto in questi giorni." Aggiunse e si mordicchiò il labbro inferiore. "Ho pensato molto a quello che mi hai detto."
Il diciannovenne sorrise e appoggiò la testa contro il sedile scuro.
-"Credo di non aver mai avuto una conversazione del genere con uno sconosciuto." Ridacchiò il ragazzo.
-"Con gli sconosciuti è più facile aprirsi" Rispose il moro. "Mi sembra sia stato qualcuno proprio quella sera a dirmelo." Aggiunse e fece l'occhiolino al biondo che ridacchiò.
-"Mi era sembrato di capire che non fossi quel genere di persona che si apre con gli sconosciuti." Replicò Federico e quasi sobbalzò quando l'altro gli accarezzò, con gesti lenti, la coscia che gli stava toccando.
Benjamin scrollò le spalle.
-"Ed è così." Annuì. "Come ti ho già detto, però, sono uno come tanti altri." Aggiunse. "Di conseguenza sono anche incoerente. Dico una cosa ma finisco per fare tutt'altro." Concluse.
Prima che il più piccolo potesse rispondere qualcuno, con una certa prepotenza, bussò contro il finestrino oscurato dell'auto facendoli sobbalzare.
Il moro si voltò a guardare e vide una figura totalmente coperta, con un grande ombrello scuro e indossava quella che sembrava fosse una divisa da poliziotto; quando la persona bussò una seconda volta il ragazzo abbassò il finestrino.
-"Salve." Lo salutò il moro mentre il ragazzo al suo fianco si sistemava sul sedile.
L'uomo lanciò una veloce occhiata ai due giovani, totalmente bagnati, e arricciò il naso.
-"Non potete restare qui." Disse l'uomo, dall'accento che aveva ben poco di romano, mentre reggeva il pesante ombrello che lo stava riparando dalla pioggia. "È una zona privata." Aggiunse.
-"Mi scusi." Rispose il ventiduenne e abbozzò un sorriso. "Andiamo via subito."
Il poliziotto annuì e, senza aggiungere altro, si allontanò dai due.
-"È meglio che io vada." Disse Federico.
-"Cosa?" Replicò il moro e si voltò verso di lui. "E dove pensi di andare?"
-"A casa."
-"Sta diluviando."
-"E allora?" Controbatté il più piccolo.
-"E allora ti bagnerai."
-"Sono già bagnato, Benjamin."
Benjamin poté giurare che il brivido che aveva appena sentito non avesse nulla a che fare con la pioggia e i suoi indumenti bagnati, ma sapeva fosse dovuto al modo con cui Federico aveva pronunciato il suo nome.
-"Non mi cambierà nulla un po' d'acqua in più." Aggiunse Federico e scrollò le spalle.
-"Ma cambierà a me." Rispose il moro. "Se adesso ti lasciassi andare mi sentirei in colpa." Aggiunse.
-"Ma non possiamo restare qui, l'hai sentito anche tu." Replicò il più piccolo.
-"Allora andiamo via." Disse Benjamin. "Andiamo via." Ripeté.
Quel momento ricordò al diciannovenne quando, la settimana precedente, il moro lo aveva invitato a lasciare insieme quella festa nonostante non lo conoscesse e si era mostrato tanto entusiasta da riuscire a convincere anche Federico a seguirlo fuori da lì.
-"È una tua abitudine chiedere sempre alle persone di andare via?" Ridacchiò il ragazzo e inclinò la testa da un lato.
Il più grande sorrise e mise in moto l'auto.
-"Un'altra mia abitudine è non aspettare le risposte delle persone." Rispose il più grande. "Soprattutto quando, in ogni caso, farò di testa mia." Aggiunse e strinse il volante tra le mani.
-"Dove andiamo?" Gli domandò Federico e recuperò l'asciugamano che era caduto sui suoi piedi.
-"La scorsa volta hai scelto tu, oggi tocca a me."Il tragitto in macchina verso una meta sconosciuta al minore fu abbastanza silenzioso, solo il sottofondo leggero della radio era udibile nel piccolo abitacolo, ma non fu imbarazzante come normalmente sarebbe stato; per quasi tutto il viaggio il più piccolo aveva osservato il volto di Benjamin, quasi come se volesse accertarsi che fosse lo stesso ragazzo incontrato alla festa e lo stesso che fosse riuscito a metterlo in difficoltà con appena un paio di risposte, e gli aveva sorriso quando anche questo si voltava a guardarlo per qualche breve istante.
Benjamin, in un primo momento, aveva pensato di portarlo a casa per permettergli di asciugarsi e prestargli qualche abito asciutto ma dopo poco aveva convenuto fosse troppo azzardato; di Federico, in fin dei conti, non sapeva nulla e avrebbe potuto imbarazzarlo portandolo subito a casa sua dove, tra l'altro, avrebbe anche potuto incontrare suo padre quindi optò per un posto più tranquillo come un bar, dato il maltempo era certo non avrebbero incontrato tante persone e ancor meno nel bar che aveva in mente.
-"Siamo arrivati." Disse, dopo poco più di una decina di minuti data la mancanza di traffico, Benjamin e spense il motore dopo aver parcheggiato.
Federico si guardò intorno e corrugò la fronte.
-"È il bar di fronte all'università?" Domandò.
Il moro annuì.
-"Per evitare situazioni imbarazzanti ho pensato fosse migliore un luogo pubblico." Spiegò il moro. "E in più questo è un posto che conosciamo entrambi, quindi non ti sentirai obbligato ad essere gentile con me perché non sai dove ti trovi." Aggiunse.
Il più piccolo era felice di sapere che l'altro avesse avuto tanti riguardi nei suoi confronti, che la scelta di andare in un bar non fosse stata tanto casuale come poteva apparire dall'esterno.
-"Grazie." Fu tutto ciò che gli sussurrò il più piccolo per poi aprire la portiera dell'auto.-"Non mi hai ancora detto quanti anni hai." Disse Federico mentre giocherellava con ciò che restava della sua torta al cioccolato.
La tormenta sembrava essere giunta al suo termine, il cielo si stava lentamente schiarendo e i nuvoloni neri diventavano mentre minacciassi di quanto fossero poco prima. I due ragazzi si erano rintanati in quel bar da circa mezz'ora, con i vestiti grondanti d'acqua e il cameriere che non faceva altro che guardarli male per aver bagnato il pavimento, ma avevano parlato meno di quanto volessero perché il più grande aveva ricevuto una telefonata da parte di un suo amico che sembrava non volerne sapere di staccare.
-"Ti ho detto di averne qualcuno più di te." Rispose il moro che aveva ordinato un semplice caffè.
-"Qualcuno più di me è molto generico." Replicò il più piccolo. "Potresti anche averne molti più di me." Aggiunse.
-"Ma se mi hai conosciuto in università non posso essere così vecchio."
-"Punto primo: non ci sono limiti d'età per iscriversi all'università, quindi la tua giustificazione non regge." Controbatté il diciannovenne. "Seconda cosa: potresti anche essere un professore."
Benjamin sorrise e scosse la testa divertito.
-"Giuste osservazioni." Commentò Benjamin. "Comunque ho ventidue anni."
-"Davvero?" Replicò, incredulo, il biondo.
-"Vuoi che ti mostri la mia carta d'identità?"
-"Nono, ti credo." Rispose il ragazzo. "Solo..."
-"Solo che cosa?" Lo incitò a continuare il più grande e corrugò la fronte.
-"Pensavo fossi più grande." Ammise Federico e sorrise imbarazzato.
-"Vuoi dire che sembro più vecchio?"
-"Beh, sì..."
Il moro scoppiò a ridere a quelle parole e vide il minore osservarlo confuso.
-"T- ti sei offeso?" Balbettò il minore e deglutì.
-"Ti sembro una persona offesa?" Replicò il moro e l'altro scosse la testa. "Non mi aspettavo una cosa del genere ma non mi offende, anzi mi ha fatto ridere che tu pensassi una cosa del genere." Aggiunse.
-"Ne sei sicuro?"
-"Sicurissimo." Annuì. "Non preoccuparti." Aggiunse. "Ora perché non mi raccon-"
Il moro venne interrotto dalla vibrazione del cellulare del minore che, per fortuna, non aveva subito danni nonostante si fosse bagnato. Federico lanciò una rapida occhiata allo schermo illuminato del suo telefono e sospirò.
-"Devo andare." Disse Federico visibilmente deluso.
-"Oh." Esclamò il moro. "Mi dispiace aver perso tanto tempo al cellulare." Si scusò.
-"Fa nulla." Rispose il più piccolo e prese il suo zaino per prendere il portafogli.
-"Non pensarci neppure." Lo bloccò Benjamin, intuendo le sue intenzioni. "Ci penso io."
-"Ma-"
-"Sono stato io a portarti qui." Disse Benjamin. "Prendilo come un mi dispiace per averti bagnato." Aggiunse e sorrise al ragazzo.
-"Allora grazie." Sussurrò il biondo e prese la sua giacca. "C- ci..."
-"Ci vediamo, sì." Annuì il più grande e si alzò quando anche l'altro lo fece. "Ci vediamo presto." Aggiunse e gli sorrise.
-"A presto allora." Ricambiò il sorriso il minore e prese le sue cose.
-"A presto."
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Lettere dal passato. || Fenji.
Fanfiction«2050, sono passati trent'anni da quando Federico ha spedito una lettera che ha cambiato per sempre la sua vita. Trent'anni da quando due opposti hanno trovato il modo di essere simili. Che cosa sarà successo in così tanti anni? Quella lettera sarà...