28. Lui è il mio fidanzato.

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Parlare con il più piccolo, contrariamente a quanto il ventiduenne potesse pensare, era riuscito a farlo sentire un po' più tranquillo e a vedere nella sua storia familiare non soltanto disastri e dolore, ma anche un po' di felicità e fortuna. Federico aveva ragione quando gli diceva che, nonostante tutto, era stato fortunato ad avere una persona come suo padre al suo fianco che, in ventiduenne anni, aveva fatto di tutto per non fargli mancare nulla e, soprattutto, per non fargli mancare mai l'affetto che sua madre non era mai riuscito e non aveva mai voluto dargli.
-"Credi che un giorno riuscirai a perdonare tua madre?" Gli aveva chiesto, dopo qualche minuto di silenzio che non erano pesati a nessuno dei due, il più piccolo e gli aveva accarezzato i capelli che gli aveva scompigliato poco prima. "A ricostruire, o meglio a costruire, un rapporto con lei?" Gli domandò, nella sua voce non c'era alcuna malizia, nessun tono duro, l'ultima intenzione del ragazzo era rimproverarlo. Federico voleva soltanto sapere che cosa il più grande pensasse, che progetti avesse per il futuro e se, in fondo al suo cuore, nutrisse ancora un po' d'affetto per la donna che lo aveva messo al mondo e poi l'aveva abbandonato.
Il moro scosse la testa, senza pensarci su due volte.
-"Neppure se cascasse il mondo." Rispose, con tono duro, il più grande. "Lei per me non è niente e non voglio averla accanto." Aggiunse. "Non ne ho bisogno."
-"E se fosse lei ad aver bisogno di te?" Replicò Federico. "Nonostante tutto sei suo figlio e, ne sono certo, a modo suo ti vuole bene."
-"Anch'io da bambino, da adolescente, avevo bisogno di lei." Disse il moro. "L'ho supplicata di incontrarci più spesso, di partire insieme qualche volta, ho fatto di tutto per essere un bravo figlio ma lei era sempre occupata a guardare dall'altra parte. Avevo bisogno di lei, mio padre aveva bisogno di lei, ma non le è mai importato." Continuò a parlare. "Adesso sono io a non voler esserci per lei.
Le ho offerto mille possibilità per essere una madre ma non ne ha mai approfittato. Non volevo fosse la migliore madre del mondo, non mi interessava, volevo soltanto che fosse la mia mamma." Aggiunse e il minore sentì la sua voce incrinarsi mentre pronunciava le ultime parole. Benjamin alzò gli occhi al cielo e prese un respiro profondo, ricacciando indietro le lacrime, per poi riprendere a parlare. "Non voglio nella mia vita una persona del genere, sono cresciuto senza una madre e posso continuare così.
Ho già tutto quello che mi serve."
Il diciannovenne annuì e preferì evitare di continuare a parlare dell'argomento, immaginava che per il suo compagno non fosse molto piacevole.
-"E in quel "tutto" - virgolettò la parola - comprendi anche me." Rispose Federico. "Se tu vorrai, io per te ci sarò sempre, accada quel che accada."
Il più grande sorrise e alzò la testa, che teneva appoggiata sulla spalla del biondo, per guardare meglio l'altro.
-"Tu sei già compreso." Replicò il più grande. "Tu sei la persona di cui, al momento, ho più bisogno." Aggiunse e gli prese il volto tra le mani. "Ho bisogno di te, Federico."
Federico sorrise intenerito e strinse i fianchi del maggiore.
-"Io sono qui." Disse. "Qui con te."
Il moro si mordicchiò per un po' il labbro inferiore e, subito dopo, diede all'altro un bacio a stampo.
-"Ti va di andare a casa mia?" Gli domandò e gli accarezzò le guance.
-"E le lezioni?" Replicò il più piccolo.
-"Non mi importa." Disse Benjamin. "Non mi importa delle lezioni se posso sfruttare quel tempo per stare con te."
-"Così finiremo per essere bocciati a tutti gli esami." Ridacchiò il biondo.
-"Questo è un sì?"
Il biondo sorrise e annuì.
-"È un sì."

Benjamin e Federico lasciarono la facoltà mano nella mano, felici come lo erano sempre quando stavano insieme, e salirono nell'auto del maggiore nonostante il più piccolo avrebbe preferito fare una passeggiata.
-"Fè, non posso lasciare qui l'auto." Gli disse il moro. "Dobbiamo per forza tornare in auto."
Il più piccolo arricciò il naso.
-"Ma è una bella giornata."
-"E la mia è una bella auto." Replicò il ventiduenne. "Non posso lasciarla qui." Aggiunse.
Il più piccolo sospirò.
-"Vorrei fare una passeggiata."
-"Dai sali, torniamo a casa e dopo usciamo per una passeggiata." Propose Benjamin. "Okay?"
Il biondo fece una smorfia e aprì la portiera.
-"Accetto solo perché sei carino." Disse il biondo. "Se non lo fossi la tua auto potrebbe anche restare qui a vita."

-"Siamo da soli?" Domandò Federico non appena il moro parcheggiò l'auto nel garage di casa sua.
Il moro ghignò malizioso e inclinò la testa da un lato per guardare il minore.
-"Che cos'hai in mente?" Gli domandò e spense il motore.
-"Stupido." Ridacchiò il più piccolo e gli colpì, giocosamente, una spalla con un leggero colpo. "È solo curiosità." Aggiunse e aprì la portiera dell'auto.
-"Comunque credo di no." Rispose Benjamin e lo imitò, per poi uscire dall'auto. "Mio padre questa mattina mi ha detto che forse oggi avrebbe lavorato da casa." Disse e chiuse l'auto. "Ma non ne sono sicuro."
Il biondo annuì e lo seguì fuori dal garage.
-"Non importa." Disse il biondo. "Tuo padre è simpatico, mi farebbe piacere rivederlo." Aggiunse. "Anche se non vorrei disturbarlo."
-"E perché mai dovresti disturbarlo?" Replicò il più grande e scalciò via un ciottolo che si trovava nel suo giardino. "Anche a lui stai simpatico."
-"Beh, ho passato due giorni a casa vostra." Rispose Federico. "E lui non ha potuto trascorrere del tempo con te per colpa mia."
-"Io e lui passiamo sempre del tempo insieme, ogni tanto è felice di liberarsi di me." Ridacchiò il moro e camminò verso la porta d'ingresso.
-"Sicuro?" Replicò il più piccolo, più serio e preoccupato dell'altro, non voleva sembrare invadente agli occhi di Alessio. "In caso contrario puoi dirmelo tranquillamente, non mi offendo."
-"Non sei un disturbo e non lo sarai mai." Disse Benjamin. "Questa, adesso, è anche casa tua." Aggiunse e sorrise.
Il biondo sospirò sollevato e ricambiò il sorriso del compagno.
-"Ricorda che mi hai promesso una passeggiata."
-"Benjamin." La voce, tremendamente seria, di Alessio fece sobbalzare i due ragazzi e li spinse a voltarsi alla loro destra. "Ciao Federico." Salutò il ragazzo, cercando di sorridergli ma venne fuori una smorfia poco carina.
-"Buongiorno." Lo salutò il minore e abbozzò un sorriso.
-"Papà va tutto bene?" Gli domandò il più grande, notando la strana espressione dell'uomo. "Mi sembri un po' strano."
-"In effetti no, non va tutto bene." Sospirò il padre. "Puoi entrare in casa?"
-"Che succede?"
-"Puoi entrare in casa con me?" Gli chiese, nuovamente, Alessio.
-"Io non mi muovo da qui se non mi dici che succede."
Alessio sospirò e si passò una mano tra i capelli scuri e corti.
-"In casa c'è tu-"
-"Ciao Benjamin."
La voce, che da anni faceva da comparsa nella vita del più grande, fece irrigidire Benjamin e attirò l'attenzione del minore che, subito dopo, strabuzzò gli occhi nel notare la tanta somiglianza fisica che univa Benjamin e quella donna.
"È davvero bella." Pensò Federico e si voltò a guardare, preoccupato, il maggiore.
-"Francesca ti ho detto di restare in casa." Sospirò Alessio.
-"Devo parlare con mio figlio." Disse la donna e, con i suoi vertiginosi tacchi neri e il suo vestito rosso, si avvicinò ai due. "E tu chi saresti?" Domandò rivolto al minore e lo guardò da capo a piedi più volte, cercando di ricordare se lo avesse già visto in passato.
-"Io son-"
-"Lui è il mio fidanzato." Rispose Benjamin, con tono duro, e strinse la mano del minore. "Lui è il mio fidanzato, mamma."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora