Il sole stava facendo, lentamente, capolino dietro gli alti palazzi di Roma che, nel corso degli anni, si erano moltiplicati a vista d'occhio lasciando alla natura ben poco spazio che si andava restringendo sempre di più. Gli alberi, in quella mattina di inizio primavera, sembravano essere più vivi che mai nonostante le foglie fossero ancora poche e non al massimo del loro splendore.
Gli occhi chiari di quello che ormai era un uomo erano fissi oltre la finestra, là dove il sole brillava più che mai, intento a catturare ogni istante e ogni raggio nonostante gli occhi avessero iniziato a lacrimargli già da un po'. Nella stanza, dalle pareti ridipinte di recente di un colore molto simile al rosa pesca, il silenzio faceva da padrone, lasciando la possibilità all'uomo presente di sentire i suoi pensieri riecheggiare in quella che era la sua stanza da sempre.
Il silenzio in cui era immersa la stanza venne interrotta dallo strisciare, cauto, della porta sul pavimento in legno della stanza e subito dopo dal respiro regolare della persona appena entrata.
-"Sapevo che ti avrei trovato sveglio." Disse la persona, con aria gongolante per aver avuto ragione.
-"Abbassa la voce." Rispose l'altro, seduto sul letto matrimoniale coperto con delle coperte color tortora. "Si è appena addormentato." Aggiunse e si voltò a guardare la persona che gli dormiva accanto, per poi accarezzargli i capelli setosi che profumavano di noce di cocco.
-"Scusami." Sussurrò l'altro ed, mettendo un piede dietro l'altro per far meno rumore possibile, entrò nella stanza illuminata soltanto dalla luce del sole che stava tramontando. "Posso farti una domanda, Benjamin?"
-"Marco, ormai ti conosco bene, so che me la farai ugualmente."
Marco annuì, concordando con il suo amico, e si passò una mano tra i capelli ricci e ancora umidi per la doccia appena fatta.
-"Quanti anni avevi la prima volta che l'hai incontrato?" Gli domandò.
Benjamin abbassò la testa e si morse il labbro per trattenere un sorriso. Non serviva che il suo amico gli dicesse di chi stesse parlando, la risposta era ovvia. Lui. Si trattava sempre di lui.
-"Avevo ventiduenne anni, lui diciannove compiuti da non molto." Rispose Benjamin. "Eravamo in università, lui aveva passato una notte da incubo e io, beh io, stavo passando una vita da incubo. Ci siamo scontrati, lui neppure mi ha visto assonato com'era, io ho pensato fosse un drogato e l'ho lasciato andare." Raccontò, brevemente, e ridacchiò al ricordo di quella giornata ormai tanto lontano. "Ci siamo rivisti pochi giorni dopo ad una festa, io gli ho chiesto di uscire a prendere un po' d'aria con me e lui ha accettato. C'era la luna piena e i suoi occhi sembravano brillare più delle stelle di quella notte." Aggiunse. "Non ho mai avuto il coraggio di dirglielo, non volevo e non voglio sembrare un matto, ma credo di essermi innamorato di lui in quell'esatto momento." Concluse e alzò lo sguardo, stanco per la notte passata in bianco, per guardare il suo amico che intanto si era seduto sulla poltrona in ecopelle rossa davanti al letto.
-"Dopo quanto tempo vi siete fidanzati?" Continuò a domandare Marco e distese le lunghe gambe, coperte da un pantalone di tuta nero, in avanti.
-"Due settimane settimana." Rispose Benjamin. "Ma, in pratica, eravamo già una coppia durante la prima settimana."
-"Si può dire sia stato un colpo di fulmine, no?"
-"Non lo si può solo dire, lo è stato."
-"Ti sei mai pentito di quello che hai fatto con e per lui?" Domandò Marco e inclinò la testa da un lato, socchiudendo appena gli occhi quando un raggio di sole lo colpì.
Benjamin scosse la testa vigorosamente.
-"Mai."
-"Se potessi tornare indietro, anche solo di poco tempo, c'è qualcosa che cambieresti nella vostra storia?"
-"Penserei di meno al futuro."**
Quei primi giorni di dicembre erano stati caratterizzati dalla pioggia, solo dalla pioggia che da almeno quarantotto ore non si era mai interrotta neppure per pochi minuti. La città era invasa dall'acqua, le pozzanghere erano ovunque e più di una casa e di un attività commerciale si era allagata nel corso della giornata.
Il cielo era buio e, ormai, i romani non sapevano più se fosse per la tarda ora o soltanto per il maltempo. Il sole era tramontato da un po' ma, dietro quell'immensa distesa di nuvole buie, gli abitanti della città neppure se ne erano resi conto.
Gli occhi chiari di Benjamin erano fissi oltre la finestra, mentre teneva il palmo della mano destra sotto il mento e il gomito poggiato già da diverso tempo sul davanzale in marmo della finestra in camera sua, alla strenua e infruttuosa ricerca di un raggio di sole o di uno spiraglio di cielo sereno in quella giornata uggiosa. L'ennesimo, più rumoroso degli altri però, sospiro lascio le labbra schiuse del ragazzo e fece alzare gli occhi al cielo al suo momentaneo compagno di stanza.
-"Hai intenzione di sospirare ancora per molto?" Gli domandò, infastidito, Federico che se ne stava sdraiato sul letto del suo fidanzato mentre tentava di studiare storia contemporanea.
Era passato un mese da quando Benjamin aveva chiesto al diciannovenne di essere il suo fidanzato e in quegli ultimi trenta giorni la giovane coppia ne aveva passate di cotte e di crude. I due ragazzi avevano alternato momento di puro idillio ad altri in cui non riuscivano ad aprir bocca senza scatenare una lite, i due iniziavano a rendersi conto di quanto diversi fossero e proprio quelle diversità stavano emergendo nel modo peggiore. Benjamin e Federico avevano due modi totalmente opposti di vedere la vita e iniziavano a pensare che, forse, sarebbe potuto essere un problema.
-"Non è colpa mia se piove da giorni." Rispose il moro e si voltò contro il fidanzato. "A me non piace la pioggia."
-"Di sicuro sospirare di continuo, e impedirmi di studiare, non cambierà le cose." Replicò il più piccolo.
-"Ma almeno farò qualcosa." Disse Benjamin e scrollò le spalle. "Per colpa del maltempo non sono potuto andare con mio padre alla riunione con gli architetti."
-"Sì, Benjamin, lo so bene." Rispose il biondo e alzò gli occhi al cielo. "Me l'hai ripetuto almeno trenta volte." Aggiunse. "E, per almeno trenta volte, io ti ho detto che in ogni caso l'incontro non ti sarebbe servito a nulla."
-"Ma scherzi?" Replicò il più grande e inarcò un sopracciglio. "Ti ricordo che sto studiando per diventare architetto, loro in futuro potrebbero essermi d'aiuto." Aggiunse e si sedette sul letto. "Potrebbero aiutarmi ad aprire un mio studio, presentarmi potenziali clienti e darmi dei consigli. Insomma cose del genere." Concluse e scrollò le spalle.
-"Futuro, futuro e ancora futuro." Borbottò Federico e chiuse il libro, rinunciando all'idea di riuscire a studiare qualcosa. "Pensi sempre e soltanto al futuro."
-"Per fortuna direi." Rispose il moro. "Il futuro è tutto ciò che ho, a cos'altro dovrei pensare."
-"Al presente." Rispose il più piccolo. "È il presente tutto ciò che hai, non il futuro." Aggiunse. "Il futuro è un grande punto di domanda che ti impedisce di vedere tutto il resto, puoi avere speranze, sognare ciò che accadrà ma non sai e non saprai mai quello che succederà. Il presente, invece, è certezza. Sai bene che cosa ti aspetta oggi, che cosa fare e non hai bisogno di sognare perché lo stai già vivendo. Se sbagli nel presente non avrai altre possibilità."
-"Il presente serve per costruire un buon futuro." Replicò Benjamin. "E dimentichi che, prima o poi, anche il futuro diventerà presente." Aggiunse e incrociò le braccia al petto.
-"E tu dimentichi che, anni fa, quello che oggi è stato il presente era il futuro e tu lo sognavi, sognavi fosse perfetto mentre adesso neppure sai come sia fatto perché lo stai ignorando per commettere, ancora una volta, lo stesso errore." Disse il biondo. "Vedi, Benjamin, il problema di quelli come te è che non si rendono conto di quello che hanno fino a quando non se lo vedono portare via dal tempo a cui, inutilmente, cercano di mettere dei limiti. Quelli come te fanno tanta importanza al tempo, lo mettono al centro della loro vita, ma allo stesso modo il tempo è il loro più grande nemico." Continuò. "Quelli come te aspettano il domani ma non vivono l'oggi, per poi lasciarsi sfuggire anche il momento che avevano tanto sognato.
Quelli come te cercano sempre altro ma quando l'ottengono non lo sanno apprezzare, si dicono che arriverà di meglio ma non si rendono conto che il meglio è quello che già stanno vivendo."
-"Quelli come me?" Ripeté il più grande. "Chi sarebbero quelli come me?"
-"Quelli che non sanno vivere, ma si limitano ad esistere in un presente che forse nemmeno vogliono."——————————————————————
Ehi, come state? 🎈
Prima di tutto voglio chiedervi scusa per non aver postato ieri e, in più di non averci avvisato ma non era previsto. Ieri avevo un esame e ho passato tutto il giorno fuori casa e mi sono totalmente dimenticata di pubblicare, scusatemi!
Domani questa storia compirà un mese e voglio ringraziarvi per le quasi seimila visualizzazioni, dopo tre anni potrà sembrarvi scontato ma per me significa molto, è bello sapere che dopo tanto tempo continuate a leggere le mie storie. Grazie di cuore ♥️
Passando al capitolo, anche qui c'è stato un piccolo "salto temporale" nel 2050 e nuovi indizi per capire come finirà la storia, nel "presente" invece c'è stata una piccola discussione. Che cosa succederà?
Per qualsiasi cosa potete contattarmi su Twitter il mio nick è @fvedericoshvrt, o mi trovate anche su Instagram come @/fixhvrtx e, ovviamente, anche qui.
Baci, Michi🎈
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Lettere dal passato. || Fenji.
Fanfiction«2050, sono passati trent'anni da quando Federico ha spedito una lettera che ha cambiato per sempre la sua vita. Trent'anni da quando due opposti hanno trovato il modo di essere simili. Che cosa sarà successo in così tanti anni? Quella lettera sarà...