-"Quelli come me?" Ripeté il più grande. "Chi sarebbero quelli come me?"
-"Quelli che non sanno vivere, ma si limitano ad esistere in un presente che forse nemmeno vogliono."
Il volto del più grande si piegò in una smorfia che non lasciava intendere che cosa il ragazzo stesse pensando. Il moro si allontanò dal compagno ma non distolse mai lo sguardo da lui.
-"E tu saresti migliore di me?" Replicò il ventiduenne e incrociò le braccia al petto. "Tu credi di essere migliore di me?"
-"Non ho detto questo."
-"Infatti ti ho chiesto se lo credi, non se lo hai detto." Disse il maggiore. "Sai, quelli come me hanno tanti problemi ma ci sentono bene." Aggiunse con tono secco.
Federico alzò gli occhi al cielo.
-"Adesso non iniziare con la solita scena del ragazzo offeso." Rispose Federico. "Oggi non ho voglia di sopportarti."
-"Prima di tutto, io non sto facendo nessuna scena. Ti ho solo fatto una domanda ma, non rispondendo, mi hai già dato una risposta." Disse il moro. "Credi di essere migliore di me, solo perché non fai tanti progetti per il futuro e credi di sapere tutto su tutti ma ti sbagli." Aggiunse. "Tu non sei migliore di nessuno, e nemmeno di me, come tutti hai dei difetti e commetti dei sbagli solo che non te ne rendi conto perché pensi sempre di star agendo per il meglio.
Quelli come me saranno anche come li descrivi tu, ma almeno non hanno la presunzione di puntare il dito contro gli altri ed etichettarli senza neppure conoscerli." Concluse mantenendo il suo tono secco, senza lasciar trasparire alcuna emozione.
Il più piccolo alzò nuovamente gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente.
-"Dici di non essere sordo eppure a me sembra che non ascolti quel che dico." Rispose il più piccolo. "Ti ho detto che oggi non ho voglia di sopportare le tue solite scene, ho mal di testa e in più devo studiare." Aggiunse. "Quindi, se non ti spiace, evita."
Benjamin digrignò i denti e serrò i pugni.
-"Allora che cosa ci fai ancora qui?" Replicò Benjamin.
-"Che cosa intendi dire?"
-"Se sei stanco perché non te ne vai?" Gli domandò, con tono duro, Benjamin. "È inutile che resti qui, no?"
Il biondo strabuzzò gli occhi e, con un movimento del braccio, fece cadere il suo libro di storia sul pavimento provocando un rumoroso tonfo.
-"Mi stai cacciando?" Domandò il biondo, a metà tra l'essere furioso e l'essere deluso dal comportamento del suo fidanzato.
-"È inutile restare qui se non vuoi sopportarmi e devi studiare, no?" Replicò il più grande. "Starai meglio a casa tua." Aggiunse. "Noi tanto ci rivedremo domani." Concluse.
Federico serrò le labbra in una linea dura, si abbassò a raccogliere il suo libro e prese il suo zaino nero.
-"È l'ultima cosa che mi aspettavo facessi." Borbottò Federico e, velocemente e anche in modo abbastanza casuale, sistemò tutte le sue cose nello zaino. "Incredibile, mi stai cacciando." Aggiunse e si alzò dal letto.
-"Ora hai un nuovo difetto da aggiungere alla lista di quelli come me." Replicò il moro e si distese sul letto. "Ci vediamo domani."
-"Vaffanculo, Benjamin." Ringhiò il più piccolo, per poi uscire con passi svelti dalla stanza e chiudere la porta alle sue spalle con un sonoro tonfo.
-"Ehi, Federico, come stai?" La voce di Alessio, allegra come al solito, fece sobbalzare il più piccolo che però non aveva alcuna intenzione di intrattenere una conversazione né con l'uomo né con chiunque altro.
-"Arrivederci." Si limitò a rispondere il minore, per poi voltarsi verso le scale.
-"Aspetta, non vorrai andare via con questo tempo? Sta diluviando!" Esclamò Alessio e lo seguì.
-"È suo figlio a non volere che io resti." Rispose il biondo. "Sono abituato alla pioggia, non importa." Aggiunse e scrollò le spalle. "Arrivederci." Ripeté, per poi andare via.Il moro aveva osservato il più piccolo uscire dalla sua camera senza aprire bocca, si era limitato a stringere gli occhi quando l'altro chiuse la porta con un sonoro tonfo, per poi sospirare rumorosamente. Il ragazzo sistemò le mani sotto la testa e si perse a fissare il soffitto dove, nonostante gli anni passati, erano ancora visibili le sagome delle vecchie stelle fluorescenti che una volta al buio illuminavano il soffitto della camera.
"Forse ho un po' esagerato." Pensò Benjamin e sospirò nuovamente. Non avrebbe voluto cacciare via Federico da casa sua, ancor meno con quella terribile pioggia, ma ciò che il minore aveva detto lo aveva infastidito e non aveva pensato con lucidità.
Poco dopo la stanza della sua porta si aprì nuovamente e, per pochi momenti, il ragazzo sperò fosse il minore.
-"Federico!" Esclamò il ragazzo e si voltò verso la porta, per poi sospirare quando notò che non fosse Federico.
-"Non sono Federico, ma l'ho appena visto andare via." Rispose il padre e chiuse la porta. "Ho provato ad offrirgli un passaggio, dato il maltempo, ma ha rifiutato."
-"Federico quasi odia le auto, le evita il più possibile." Replicò il più grande. "E visto quanto è orgoglioso non accetterebbe mai un passaggio, preferisce ritornare a casa zuppo d'acqua ma da solo."
Alessio sospirò e andò a sedersi accanto al figlio.
-"Mi ha detto che sei stato tu a cacciarlo di casa." Disse Alessio. "È vero?"
-"Purtroppo sì." Annuì Benjamin e si voltò su un fianco. "L'ho cacciato io."
-"E perché l'hai fatto?" Gli domandò l'uomo. "Avete litigato?"
-"In un certo senso."
-"Ti va di dirmi che cos'è successo?"
-"Continuavo a lamentarmi per la pioggia, perché se non piovesse così tanto sarei venuto con te alla riunione e lui era stanco di starmi a sentire, nonostante stessi solo sospirando, perché doveva studiare." Iniziò a raccontare il più grande e strinse il cuscino coperto con una federa azzurra. "Dopo ha iniziato a dirmi che quelli come me - alzò gli occhi al cielo ancora infastidito dalle parole del fidanzato - pensano sempre al futuro e non apprezzano mai nulla, che non si accontentano mai, in poche parole che non faccio altro che sbagliare. Mi ha dato molto fastidio quello che ho detto e gli ho chiesto se credesse di essere migliore di me, dopodiché gli ho detto che anche lui sbaglia e lui mi ha detto di non fare chissà quale scena perché non aveva voglia di sopportarmi, che doveva studiare e allora io l'ho cacciato." Raccontò il ragazzo e scosse la testa. "Forse ho un po' esagerato."
-"Hai decisamente esagerato." Rispose Alessio. "Se anche tu avessi avuto ragione all'inizio cacciandolo di casa, per di più con questo tempo, sei passato dalla parte del torto. Sarebbe stato meglio se aveste litigato, alla fine avreste trovato un modo per far pace." Aggiunse. "Invece hai rovinato tutto."
Il moro borbottò qualcosa sottovoce e sospirò.
-"Secondo te che cosa dovrei fare?"
-"C'è solo una cosa che puoi fare." Rispose il padre. "Andare da lui, chiedergli scusa e sperare di non aver rovinato davvero tutto."
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Lettere dal passato. || Fenji.
Fanfiction«2050, sono passati trent'anni da quando Federico ha spedito una lettera che ha cambiato per sempre la sua vita. Trent'anni da quando due opposti hanno trovato il modo di essere simili. Che cosa sarà successo in così tanti anni? Quella lettera sarà...