58. Mi hai mentito.

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-"Ho detto la prima cosa che mi è passata per la mente e, evidentemente, ho sbagliato,"
-"Non vuoi dirgli la verità, è diverso." Lo corresse il moro. "Ma non è questo l'importante."
-"Ah no?"
-"Sai." Iniziò a parlare Benjamin. "Questa situazione mi ha portato a farmi delle domande." Disse. "E se tuo padre avesse ragione?"
-"Che cosa intendi dire?"
-"Tu provi davvero qualcosa per me, Federico?"
Federico boccheggiò più volte a quella domanda, mentre nella sua testa si accumulavano tantissime risposte diverse tra di loro che il ragazzo, però, non avrebbe mai avuto il coraggio di pronunciare. Avrebbe voluto dire di essere sorpreso di quella domanda, infastidito, ma in realtà quasi se l'aspettava. Quasi sperava che Benjamin gli facesse quella domanda.
-"Sei forse impazzito?!" Strillò il più piccolo, pensando che sviare la domanda potesse essere la cosa migliore. "Come ti salta in mente una cosa del genere?!" Continuò e incrociò le braccia al petto. "Forse sei tu quello che non prova niente per me e adesso hai una buona scusa per lasciarmi." Aggiunse, consapevole di star dicendo delle vere e proprie stupidaggini. "Forse a te fa piacere questa situazione, non è così?"
-"Non ci provare." Ringhiò il ventiduenne e serrò i pugni. "Non provare nemmeno a capovolgere la situazione per avere ragione." Aggiunse. "È assurdo che tu possa anche solo pensarlo!" Esclamò. "In questa situazione nessuno ha ragione, tantomeno tu."
-"E che cosa dovrei fare?" Replicò il biondo. "Dovrei restare qui ad ascoltare te che mi accusi di cose assurde?!"
-"Non ti sto accusando." Scosse la testa il più grande, che stava tentando di mantenere la calma nonostante fosse furioso. "Ti ho solo fatto una domanda." Aggiunse. "E il fatto che tu stia facendo di tutto per non rispondere, beh, mi sembra dire tutto."
-"Non è così." Rispose Federico. "Non significa proprio niente." Aggiunse. "Ma tu continua pure a capire quello che ti pare." Continuò. "Tanto è quello che fai sempre."
-"Assurdo." Commentò il moro, che provava una voglia irrefrenabile di scoppiare a ridere fino a perdere il fiato e la voglia di continuare quella conversazione che sapeva benissimo che cosa avrebbe sancito. Dopo la fine di quella conversazione, in un modo o nell'altro, sarebbe finita anche la loro relazione. "Sei davvero assurdo." Aggiunse. "Pensavo di poter parlare civilmente con te, nonostante non te lo meritassi, ma evidentemente mi sbagliavo."
-"Tu non hai mai voluto parlare con te." Replicò il più piccolo. "Sei venuto qui solo con l'intento di attaccarmi e incolparmi per quello che è successo."
-"Non è davvero colpa tua?" Controbatté Benjamin e inarcò un sopracciglio. "Non sei stato tu a dire a tuo padre che sono stato io a baciarti e che a te piacciono le ragazze?" Continuò. "Non sei forse stato tu a dirgli che per me non provi niente e che sono solo uno stupido illuso a sperare in una storia con te?"
Il biondo alzò gli occhi al cielo e sospirò.
-"Le cose non sono così facili come credi, te l'ho già detto." Disse il biondo ancora una volta. "Non avrei mai pensato che mio padre potesse pagare qualcuno per seguirci in vacanza. Non pensavo che mi attendesse un ritorno del genere."
-"Scuse." Rispose il più grande."Le tue sono soltanto delle scuse." Aggiunse. "Stai cercando soltanto di giustificarti."
-"Ma ti è così difficile metterti nei miei panni?!" Replicò Federico e batté un piede sull'asfalto. "Perché non riesci a capire come mi sono sentito?!"
-"Perché io non avrei mai fatto una cosa del genere!" Gridò il moro. "In quella situazione avrei fatto di tutto ma mai, sottolineo mai, avrei scaricato tutte le colpe su di te!"
-"È così facile giudicare dall'esterno."
-"Dall'esterno?" Ripeté il moro. "Vuoi forse dire che io in questa storia non c'entro niente?" Chiese. "Perché, in quel caso, ti ricordo che tuo padre è venuto a casa mia per dirmi di starti lontano perché sono solo un povero illuso." Disse. "Perché tu non sarai mai come me." Aggiunse. "Tu sarai sempre chi vuole tuo padre, non avrai mai il coraggio di essere te stesso."
-"Che cosa avrei dovuto fare?" Replicò il più piccolo. "Dimmi tu che cosa avrei potuto fare, visto che sai sempre tutto." Aggiunse. "Magari posso ancora rimediare."
-"C'è soltanto una cosa che puoi fare." Disse Benjamin con espressione e tono di voce serio. "Devi dire a tuo padre la verità." Aggiunse. "Devi avere il coraggio di essere te stesso, per quanto tempo ancora vuoi vivere in questo modo? Per quanto tempo ancora vuoi nasconderti?" Continuò. "Hai diciannove anni, non ti manca niente, dovrebbe essere il periodo più felice della tua vita e sai quanta gente vorrebbe essere al tuo posto? Te lo dico io, tantissima.
Tu, però, preferisci rovinarti la vita pur di non deludere tuo padre e nel farlo ferisci anche le persone che ti stanno accanto."
Il biondo scosse la testa, rifiutando di voler ascoltare quelle parole nonostante sapesse benissimo che il maggiore aveva ragione. Il diciannovenne sapeva benissimo che prima o poi avrebbe dovuto dire a suo padre la verità, smettere di fingere di essere chi non era, ma non se la sentiva di farlo. Aveva paura.
-"Tu non capisci." Ripeté, ancora una volta, il biondo.
-"Invece capisco benissimo." Controbatté il ventiduenne. "E capisco benissimo anche che mi hai mentito."
-"Di che cosa stai parlando?" Gli chiese il minore e aggrottò la fronte.
-"Ricordi che cosa mi hai detto in vacanza?" Domandò il più grande. "Mi hai detto che avresti detto la verità a tuo padre, perché adesso hai me e non vuoi più nasconderti ma sembra tu abbia già cambiato idea. Mi sembra che a te piaccia vivere così." Disse. "È per questo che ti chiedo, e ti prego di essere sincero, se provi davvero qualcosa per me o ha ragione tuo padre a dirmi che sono soltanto un illuso."
-"E tu, Benjamin?" Replicò Federico. "Tu per me provi qualcosa?"
-"Rispondi alla mia domanda, non farmene un'altra."
-"Che cosa vuoi che ti dica?" Gli chiese Federico. "Vuoi che ti dica se ti amo?"
-"È quello che voglio."
-"No." Disse il diciannovenne e scosse la testa. "Non ti amo." Ammise. Federico in quei mesi aveva legato tantissimo con il moro, sentiva di provare un sentimento molto profondo verso di lui ma non credeva di poterlo definire amore. Federico non sentiva di essere innamorato di Benjamin, o almeno non nel modo in cui Benjamin avrebbe voluto.
Il volto del moro divenne pallido come un lenzuolo, per un momento a questo sembrò la terra mancargli sotto i piedi e dovette appoggiarsi contro la portiera della sua auto.
-"Mi dispiace avertelo detto in questo modo." Disse Federico. "Ma dopotutto stiamo insieme da pochissimo, come potrei amarti?" Chiese retorico. "Non vorrai forse dirmi che tu mi ami?" Aggiunse e inarcò un sopracciglio.
Il moro annuì debolmente e aprì la portiera dell'auto.
-"Se le cose stanno così che senso ha continuare la nostra relazione?" Rispose il moro, cercando di sembrare impassibile nonostante si sentisse morire. "È meglio finirla qui." Aggiunse. "Per te sarà un problema in meno, no?"
-"Prima rispondi alla mia domanda." Replicò il più piccolo. "Tu mi ami?"
La vista di Benjamin si annebbiò per via delle lacrime e il ragazzo si affrettò a salire nella sua auto.
-"No, non ti amo." Sussurrò Benjamin e chiuse la portiera. "Addio, Federico."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora