26. Che ti piaccia o no.

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Il canto allegro degli uccellini, riparati in qualche rifugio di fortuna su qualche albero che contava ancora qualche foglia, riecheggiava in gran parte della città romana immersa nel suo solito traffico mattutino di inizio settimana. In quel lunedì mattina di inizio novembre il sole sembrava splendere come non mai, dando l'illusione che l'estate, e non l'inverno, fosse alle porte. Il cielo era azzurro, nessuna nuvola all'orizzonte, e un vento caldo decisamente piacevole.
La felicità dovuta al bel tempo, però, sembrava non riuscire a penetrare in una delle maestose ville di un ricco imprenditore romano, originario del nord Italia, dove il buio sembrava far da padrone e le pesanti e nuove tende viola della sala da pranzo non lasciavano entrare i raggi del sole di quel giorno.
Andrea e Vanessa, seduti a debita distanza l'uno dall'altro, stavano facendo colazione immersi nel silenzio interrotto soltanto dal tintinnare delle posate e dei bicchieri e dallo sbuffare continuo dell'uomo che, come sempre del resto, era irritato per qualche motivo oscuro alla sua consorte.
All'ennesimo lamento, pronunciato ad alta voce per attirare l'attenzione della donna, Vanessa sospirò e poggiò nel piatto la fetta biscottata con la marmellata che stava mangiando.
-"Si può sapere che cosa succede?" Domandò la donna e prese il tovagliolo di stoffa bianca. "Che cosa ti prende?" Continuò a chiedergli. "Perché ti stai lamentando da quando ti sei svegliato?"
Andrea inarcò un sopracciglio e sbuffò per l'ennesima volta,
-"Davvero non lo sai?" Replicò Andrea. "Non lo immagini neppure?"
-"Se fosse stato così, non te l'avrei chiesto, non credi?"
-"Non rivolgerti a me in questo modo, sai che mi infastidisce." Ringhiò lui.
La donna alzò gli occhi al cielo.
-"Scusami." Disse lei. "Comunque no, non so perché sei arrabbiato." Aggiunse. "Se ti va di dirmelo, magari potrei esserti d'aiuto."
-"Federico."
Vanessa sospirò rumorosamente nel sentire il nome del figlio e scosse la testa.
-"Che cosa ha fatto adesso Federico?" Replicò lei e accavallò le gambe. "Neppure c'è in casa."
-"Appunto, è questo il problema." Rispose Andrea. "È da due giorni che non lo vediamo e non si è neppure degnato di mandarci un messaggio." Aggiunse. "Ti sembra normale?"
-"Non è più un bambino, Andrea, e lo sai bene." Replicò Vanessa. "In più sappiamo dov'è, sappiamo che sta bene, perché dovrebbe mandarci dei messaggi?"
-"Certo, difendilo sempre, ci mancherebbe." Borbottò l'uomo. "Quando capirai che Federico non è perfetto? Commette anche lui dei sbagli e tu non sei tenuta a giustificarlo sempre." Aggiunse. "Anzi, gradirei che tu smettessi di farlo."
La donna sospirò rumorosamente e dovette attendere qualche momento prima di rispondere, per evitare di dire qualcosa di cui si sarebbe potuta pentire.
-"Io non lo difendo sempre ma non voglio neppure andargli contro quando, effettivamente, non fa niente di male." Rispose la donna. "Ci aveva già detto dove sarebbe andato e quanto tempo sarebbe rimasto." Aggiunse. "Di che cosa dovremmo lamentarci?"
-"Ti sembra normale che passi così tanto tempo fuori casa?" Replicò Andrea. "Deve studiare, deve preparare gli esami e invece lui preferisce andarsene in giro con degli amici che neppure conosciamo."
-"Ti ha già detto che te lo presenterà il prima possibile." Rispose lei.
-"Ma io non ho ancora conosciuto nessuno." Replicò Andrea. "E dubito che ci presenterà davvero qualcuno."
-"Ma perché ti fidi così poco di Federico?" Controbatté la donna. "Non ha mai fatto nulla di grave, non ci ha mai dato problemi." Aggiunse. "Come hai detto tu ha dei difetti, è ovvio, ma è un bravo figlio."
-"Come fai a dire sia un bravo figlio?" Rispose il padre. "Non puoi fare confronti, è l'unico figlio che abbiamo." Aggiunse, con tono più duro, e assottigliò gli occhi. "Ed è colpa tua."
Vanessa trasalì a quelle parole, il volto divenne un po' più pallido e le labbra si chiusero in una linea dura.
-"Non ricominciare con questa storia." Disse Vanessa e serrò i pugni. "Stiamo parlando di Federico."
-"Non ricomincerò tranquilla, non ho voglia di ripetere continuamente le stesse cose." Rispose l'uomo e scosse la testa. "Ma sappi che a me non piace il comportamento di Federico e prenderò provvedimenti, che ti piaccia o no."

-"Papà sono a casa!" La voce, colma di gioia, del più grande riecheggiò nella villa quasi vuota. Il ragazzo chiuse la porta con un sonoro tonfo e lasciò che un sorriso tornasse ad illuminargli il volto, come succedeva da diverse ore ormai.
Benjamin e Federico quella mattina, dopo la cena della sera precedente, si erano svegliati l'uno abbracciato all'altro e avevano fatto colazione con Alessio che non aveva mai smesso di parlare per evitare situazioni imbarazzanti. I due giovani avevano passato gran parte della mattinata, nonostante avessero entrambi delle lezioni, insieme per poi separarsi soltanto ad orario di pranzo, quando il maggiore tornò a casa mentre il biondo ritornò in classe per seguire altre lezioni.
-"Papà?" Lo chiamò il moro e, dopo essersi tolto la giacca e aver lasciato lo zaino all'ingresso, camminò in direzione del salotto. "Papà ci sei?"
-"Sono in cucina!" Rispose Alessio che, probabilmente, stava mangiando qualcosa.
Il più grande si recò in cucina e ridacchiò quando vide suo padre con la bocca colma di biscotti al cioccolato.
-"Se ti vedesse Teresa ti farebbe pentire anche solo di essere entrato in cucina." Rise il ragazzo. "Quelli non erano per la merenda?"
Alessio annuì e deglutì.
-"Io sto facendo merenda."
-"Prima di pranzo?"
-"Prima di pranzo."
-"Sei impossibile." Sorrise il moro e scosse la testa. "Il pranzo è già pronto?" Gli domandò. "Sto morendo di fame."
-"Ancora qualche minuto." Rispose Alessio e prese un altro biscotto. "Mi sembri molto felice, o sbaglio?" Gli chiese l'uomo e ghignò malizioso.
Benjamin si morse il labbro inferiore e si appoggiò al muro piastrellato in azzurro.
-"Non ti sbagli, sono felice." Annuì Benjamin.
-"E il motivo è forse un ragazzo che stamattina girava da queste parti?" Continuò a domandare Alessio e morse il biscotto.
Il moro ridacchiò e abbassò lo sguardo imbarazzato.
-"Forse." Rispose. "Ma non ho intenzione di lasciarmi mettere in imbarazzo da te." Aggiunse. "Quindi, qualsiasi sia la tua intenzione, smettila subito."
Alessio rise e terminò di mangiare il biscotto.
-"Ti piace?" Gli domandò. "A vederti, e a vedervi ieri mattina, sembra che ti piaccia davvero tanto."
-"È così." Annuì il moro. "Mi piace davvero molto."
-"Quindi..." Iniziò a parlare Alessio e inclinò la testa da un lato. "State insieme?"
Il più grande si strinse nelle spalle.
-"A dire il vero non lo so, non ne abbiamo ancora parlato." Disse il più grande. "Non vorrei correre troppo e rovinare tutto." Aggiunse e sospirò.
-"E perché dovresti rovinare tutto?" Replicò l'uomo. "Se vi piacete e state bene insieme, non vedo problemi."
-"Ci conosciamo da poco più di due settimane." Rispose Benjamin. "Passiamo molto tempo insieme, è vero, ma c'è ancora tanto che non sappiamo l'uno sull'altro." Aggiunse. "E se, dopo esserci conosciuti davvero, non andassimo più d'accordo?" Continuò. "E se dovesse finire tutto?"
-"Quel che dovrà essere, sarà, voi non potrete fare nulla per impedirlo." Disse il padre. "Tutto ciò che potete fare adesso è non pensare al futuro, non far diventare il futuro un problema, anche perché quali benefici ne trarreste? Nessuno." Continuò. "Siete giovani, avete una vita intera davanti e vi succederanno milioni di cose, saranno belle? Forse. Saranno brutte? Forse, ma succederanno e voi non potete impedirlo, potete soltanto vivere e lasciare che accadano." Aggiunse. "Se Federico ti piace davvero, non farti problemi inutili, conoscilo, stai con lui. Se son rose fioriranno, no?"

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora