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Il ragazzo dagli occhi azzurri e con un astronauta tatuato sul braccio tenne gli occhi fissi sulla sagoma del ragazzo con cui aveva appena parlato fino a quando non lo vide sparire all'interno dalla sala che, poco prima, avevano lasciato insieme. Gli occhi di Federico si spostarono sulla colonna dove il moro si era appoggiato per tutto il tempo e, per un momento, poté giurare di averlo visto nuovamente appoggiato lì mentre ispirava il fumo della sua sigaretta con gli occhi alzati verso la luna di quella notte che gli illuminava il volto candido.
-"Federico mi stai ascoltando?!" La voce, decisamente alterata, di suo padre e la mano che questa stava sventolando davanti ai suoi occhi fecero sobbalzare il ragazzo che, subito dopo, si portò una mano sul petto.
-"C- cosa?" Chiese Federico e si appoggiò alla ringhiera.
Andrea alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
-"Torniamo dentro." Disse soltanto, per poi voltarsi e incamminarsi nella stessa direzione seguita dal moro poco prima. "È come sua madre, non ascolta mai." Borbottò l'uomo, probabilmente pensando di non essere ascoltato ma, invece, il diciannovenne aveva sentito tutto.
In altre occasioni Federico avrebbe risposto a suo padre di essere felice di somigliare così tanto a sua madre e di avere così poco di lui e che se quel poco fossero alcuni dei suoi peggiori difetti, in un altro momento l'avrebbe fatto ma quella sera non gli interessava discutere con lui, voleva soltanto rientrare nella sala e cercare quel ragazzo che non gli aveva neppure detto il suo nome.

Il biondo aveva faticato a camminare accanto a suo padre, mentre questo continuava a blaterare qualcosa sul suo viaggio che avrebbe dovuto fare la settimana seguente, e a non correre all'interno della sala nella speranza di rivedere il ragazzo tatuato.
-"Io vado a salutare delle persone, tu vai a sederti, torno subito." Gli disse Andrea e, con un cenno della testa, gli indicò il suo posto a sedere.
Il diciannovenne alzò gli occhi al cielo e annuì.
-"Non mi sembra tu questa sera abbia fatto qualcosa di diverso dal salutare persone." Borbottò il ragazzo e incrociò le braccia al petto.
Suo padre negli ultimi giorni gli aveva detto, e ripetuto infinite volte, che avrebbero potuto sfruttare quella serata per stare un po' insieme ma l'uomo non aveva fatto nulla per passare neppure cinque minuti una sua compagnia.
-"È una festa, Federico, ed è questo che si fa ad una festa" Replicò l'uomo. "Lo sapresti se solo tu uscissi di più."
Federico sbuffò e scosse la testa.
-"Io vado a sedermi." Disse Federico.
-"E questa volta, magari, evita di andartene in giro." Rispose Andrea e, senza aggiungere altro, si avvicinò ad un gruppo di persone.
Non appena Andrea si allontanò Federico si guardò intorno alla ricerca del ragazzo dai capelli scuri, camminò nella sala scrutando attentamente i volti di chiunque gli capitasse davanti, chiedendo in giro se avessero un visto un ragazzo corrispondente alla descrizione che aveva fatto loro ma sembrava che quel ragazzo fosse scomparso nel nulla, nessuno lo conosceva e nessuno lo aveva visto. Sembrava non esistesse.

-"Buongiorno, Benjamin." La voce, particolarmente allegra, di Alessio fece arricciare il naso al figlio che se ne stava seduto in cucina chino sulla sua ciotola di latte con i cereali. "Come mai già sveglio? Oggi non hai lezioni, è sabato." Aggiunse e fece il giro della stanza, quel giorno particolarmente illuminata dai raggi di sole che penetravano dalla grande portafinestra che conduceva in giardino.
-"Non avevo molto sonno." Rispose Benjamin e sbadigliò vistosamente.
-"A vederti non sembrerebbe." Ridacchiò il genitore e prese una tazza in ceramica bianca con dei fiori.
-"Tu invece sembri molto felice." Commentò il moro e versò nel latte una seconda, generosa, quantità di cereali al cioccolato.
-"Ieri è stata una bella serata, sono stato molto bene come non mi capitava da molto tempo."
-"E allora perché sei voluto andare via prima?" Gli domandò il ventiduenne e avvicinò il cucchiaio alle labbra.
Dopo aver parlato con Federico, con il sorriso stampato sulle labbra, il moro era ritornato nella sala dove si stava svolgendo la festa ma, poco prima di voltarsi e ritornare da Federico per presentarsi e parlare ancora con lui, suo padre lo aveva bloccato e gli aveva chiesto di andare via.
-"Come ti ho detto, è stata una bella serata ma avevo la sensazione che se fossi rimasto tutto sarebbe andato male. Non so come spiegarti." Disse Alessio e scrollò le spalle. "E in più c'era un uomo che non sopportavo, spero di non rivederlo mai più." Aggiunse. "Tu, invece, mi sembravi dispiaciuto di andar via e prima che te lo dicessi non facevi altro che sorridere." Continuò e lanciò un'occhiata curiosa al figlio. "È successo qualcosa?"
Il moro dovette mordersi il labbro per reprimere un sorriso mentre pensava alla conversazione più assurda che avesse mai avuto con un perfetto sconosciuto.
-"È stata una bella serata anche per me." Si limitò a rispondere il ragazzo. "Papà, ascolta, conosci qualcuno presente ieri che ha un figlio di nome Federico?" Domandò Benjamin. "Un figlio di 19 anni." Aggiunse, cercando di non sembrare troppo interessato alla questione.
Alessio si prese qualche momento per pensare alla risposta, pensare a tutti i presenti che aveva conosciuto e se qualcuno di loro avesse un figlio con quel nome e quell'età.
-"Sì."
-"Davvero?" Chiese Benjamin e quasi sgranò gli occhi per lo stupore. "Chi?"
-"Almeno una decina di loro." Disse Alessio e prese un biscotto con delle gocce di cioccolato. "E io non conosco tutti i presenti di ieri, quindi potrebbero essere anche molti di più." Aggiunse un po' divertito l'uomo, mentre il sorriso di Benjamin si andava spegnendo. "A quanto pare vent'anni fa Federico era un nome molto comune."
-"Già." Si limitò a sussurrare il moro e a prendere un'altra manciata di cereali.
-"Cerchi qualcuno in particolare?"
Benjamin scosse la testa.
-"No, nessuno."
-"Sicuro, Ben?" Replicò il padre. "Magari posso aiutarti." Aggiunse. "Sai altro oltre il nome è l'età?" Gli chiese.
-"N-" Il ventiduenne si interruppe non appena ricordò un dettaglio.
"Io già l'ho visto!" Pensò Benjamin.
-"L'università!" Gridò il moro e, velocemente, si alzò dalla sedia.
-"Di che cosa stai parl-" Prima che Alessio potesse chiedergli che cosa stesse succedendo suo figlio corse via dalla stanza e sparì oltre il corridoio poco illuminato. "Io non lo capirò mai." Sospirò l'uomo per poi tornare alla sua colazione.

Benjamin corse il più velocemente possibile sulle scale della villa, rischiando più di una volta di scivolare, per raggiungere la sua camera dove, una volta entrato, si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania e prese il suo computer.
-"Sbrigati, sbrigati, sbrigati." Sussurrò il moro e batteva nervosamente la mano sulla scrivania in legno. Non appena il suo computer si accese il ragazzo aprì il browser di ricerca, effettuò l'accesso al suo profilo facebook e, ignorando le tante notifiche ricevuto nelle ultime settimane durante le quali aveva totalmente abbandonato il social, si collegò al gruppo della sua facoltà per poi effettuare una ricerca tra i membri.
Il cuore di Benjamin martellava mentre batteva sulla tastiera le lettere che componevano il nome di Federico.
"Fa che ci sia." Pensò, speranzoso, il ventiduenne.
Ogni speranza del ragazzo crollò quando la ricerca diede il suo esito.
Nessun risultato.

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora