97. Sei sicura?

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-"Ti amo e te lo ripeterò tutte le volte che vuoi."
Il volto del più grande si illuminò con un radioso sorriso.
-"Ti amo anch'io, piccolo." Sussurrò lui e gli diede un bacio a stampo. "Ho aspettato così tanto per sentirtelo dire."
-"Ma adesso potrai sentirmelo dire tutte le volte che vorrai." Replicò Federico e gli accarezzò le spalle. "Ti amo."
Il moro gli sorrise dolcemente e se lo sistemò meglio addosso.
-"E se andassimo in camera?" Gli chiese e gli morse il labbro inferiore.
-"E tuo padre?" Replicò il più piccolo.
-"Mi ha scritto un messaggio, tornerà tardi." Spiegò Benjamin. "Quindi? Che ne dici?" Chiese.
Il biondo sorrise e gli diede un bacio a stampo.
-"Che ci facciamo ancora qui?" Replicò.

Il più grande chiuse la porta alle sue spalle con un calcio, mentre il minore lasciava le sue labbra per abbassarsi a baciargli il collo e a mordicchiarlo in più punti.
-"Dio..." Gemette il maggiore quando l'altro prese una succhiargli una porzione di pelle. L'intento di Federico era chiaro, non si sarebbe fermato fino a quando quel lembo di pelle non avrebbe cambiato colore ma venne fermato dal maggiore, che lo spinse sul suo letto.
-"Mi hai interrotto." Disse Federico indispettito e si sistemò meglio sul letto. "E non mi piace essere interrotto, ancor meno in momenti del genere."
Il moro ghignò e si tolse la maglia, per poi gettarla in qualche angolo della stanza.
-"Vedrò di farmi perdonare." Rispose e si avvicinò al letto, per poi sbottonarsi i pantaloni.
Il più piccolo si leccò le labbra e inclinò la testa da un lato.
-"Sicuro di riuscirci?" Gli chiese, con tono provocatorio.
Benjamin si sedette sul letto e si avvicinò a lui.
-"Sicurissimo." Disse, per poi baciarlo.

Il cielo era ormai buio quando, con il sorriso stampato sulle labbra e il cuore colmo di gioia e amore, il più piccolo lasciò la casa del fidanzato per far ritorno alla sua dimora dopo aver trascorso l'intera giornata fuori casa. Federico era felice e sereno come non lo era da tanto, era felice di essere riuscito a confessare al fidanzato i suoi sentimenti, sentiva che tutto tra di loro finalmente stava andando nel verso giusto; il ragazzo, felice com'era, sembrava non ricordare neppure il motivo che quella mattina lo aveva spinto ad andare a casa del fidanzato. Federico sembrava aver dimenticato che cosa fosse successo la sera precedente, ciò che aveva scoperto su sua madre e sembrava non ricordasse neppure di essere arrabbiato, la giornata con Benjamin gli era servita per rilassarsi e allontanarsi da tutti i suoi problemi ma non sapeva che, una volta tornato a casa, ne avrebbe trovati degli altri.
Il giovane, circa alle nove di sera, rientrò in casa e sospirò con aria sognante mentre chiudeva la porta alle sue spalle.
"Mi manca già, forse sarebbe stato meglio restare da lui." Pensò il ragazzo, pentito di aver rifiutato l'invito del suo fidanzato a restare a cena e a dormire a casa sua. "Magari potrei raggiungerlo dopo cena." Il ragazzo sorrise soddisfatto della sua idea, prese il suo cellulare, per inviare un messaggio al compagno, e si diresse verso il salotto.
«Pensandoci bene la tua proposta di dormire con te non è male, se ti raggiungessi dopo cena?» Inviò il ragazzo e sorrise quando, appena pochi secondi dopo, notò le due spunte diventare blu.
«Passo a prenderti tra un'ora
-"Federico, sei tornato finalmente." La voce di sua madre, palesemente sollevata del ritorno a casa del ragazzo, bastò per distruggere quella bolla di felicità che Federico si era creato intorno in quello ore. "Ti stavo aspettando."
Il biondo bloccò lo schermo del suo cellulare, lo mise in tasca e alzò gli occhi verso la donna che gli stava parlando.
-"Non t-" Il giovane si interruppe non appena vide il volto della madre. "Che cosa hai fatto all'occhio?" Le domandò preoccupato e si avvicinò a lei. "Perché hai quel livido? Che cos'è successo?"
La donna, istintivamente, si toccò l'occhio con la mano e mugolò di dolore per poi abbozzare un sorriso.
-"Una stupidaggine, non preoccuparti." Rispose e andò a sedersi sul divano.
-"Che cos'è successo?" Le chiese nuovamente e la raggiunse al divano. "Qualcuno ti ha fatto del male?"
Vanessa scosse la testa lentamente.
-"Sono caduta." Sussurrò lei.
-"Sei caduta?" Ripeté il figlio. "E dove?"
-"Sono uscita con i tacchi e sai che a Roma ci sono molte buche." Disse la donna. "Ero distratta e sono caduta, nulla di più." Aggiunse e si strinse nelle spalle. "Una stupidaggine, te l'ho detto."
Il più piccolo strinse gli occhi e scrutò attentamente ogni reazione della madre.
-"Sei sicura sia andata così?" Le chiese.
Vanessa sorrise e annuì.
-"Non avrei motivi per mentirti." Rispose.
-"E perché sei uscita con i tacchi? Di solito non lo fai mai."
-"Avevo bisogno di aria e mi sono dimenticata di cambiare le scarpe." Replicò lei e accavallò le gambe. "Ma, sul serio, non preoccuparti. Un po' di ghiaccio e domani già starò meglio."
Il biondo sospirò e annuì.
-"Se lo dici tu." Rispose e fece per andarsene ma Vanessa lo fermò.
-"Possiamo parlare un momento?" Domandò la donna. "Non mi piace litigare con te."
-"Io e te non abbiamo litigato." Replicò Federico.
-"E questo è anche peggio." Sospirò lei. "Ti ruberò solo cinque minuti."
Il biondo annuì e si sedette accanto a lei.
-"Perché sei andata via?" Le domandò senza giri di parole. "Perché mi hai lasciato da solo?"
-"Non eri da solo, se lo fossi stato non sarei mai andata via."
-"Sì, è vero, papà era con me ma io avevo bisogno anche di te e lo sai bene."
Vanessa sospirò e si sistemò i capelli con una mano.
-"Io non potevo aiutarti." Rispose lei. "Stavo male anch'io e so benissimo che non è una buona scusa, ma avevo bisogno di andare via."
-"Dove sei stata?" Le domandò il più piccolo. "Papà mi ha detto che non lo sa."
-"Non gliel'ho mai detto, volevo restasse un mio segreto." Disse Vanessa. "Sono stata a Caracas, in Venezuela."
Federico aggrottò la fronte.
-"Me ne hai parlato poco tempo fa." Replicò. "Mi hai detto che lì hai trovato il tuo posto, la tua pace."
La donna sorrise timidamente e annuì.
-"Qui a Roma, in quell'ospedale, sentivo di non essere al posto giusto." Disse la donna. "Chiunque ti vedesse dava la colpa a me e avevano ragione, è successo tutto a causa mia ma io non riuscivo più a reggere quella situazione. Anch'io stavo male ma sembrava che tutti lo avessero dimenticato, anche tuo padre, e sentivo che se fossi rimasta avrei peggiorato la situazione e ti avrei fatto ancora del male." Spiegò. "Non fu una scelta premeditata, avevo pensato più volte di andarmene ma mai sul serio date le tue condizioni, un giorno però tutto divenne troppo per me." Aggiunse. "Quel giorno passai in ospedale, ti sussurrai che sarei tornata da te, lasciai un biglietto a tuo padre e andai in aeroporto. Quello per il Venezuela era il primo aereo che trovai, non avevo neppure una valigia con me ma solo dei soldi che avevo appena prelevato, non sapevo che cosa avrei trovato al mio arrivo ma sapevo che cosa mi stavo lasciando alle spalle e mi bastava." Continuò. "Mi bastava allontanarmi da Roma, da tuo padre e da chiunque mi vedesse solo come la colpevole di tutto."
-"Hai mai pensato a me in quei mesi?" Chiese Federico.
-"Non ho mai smesso di farlo." Replicò Vanessa. "Probabilmente ancora oggi si ricordano di te a Caracas per le tante volte in cui ti ho nominato." Disse e abbozzò un sorriso. "Sei sempre stato al centro dei miei pensieri, ogni giorno era difficile restarti lontano e non avere tue notizie, temevo sempre il peggio, ma avevo bisogno di ritrovare me stessa prima di ritrovare te."
Il biondo annuì debolmente.
-"Che cos'hai fatto lì?"
-"Mi sono presa cura delle persone." Rispose lei. "C'erano molti bambini orfani, adulti senza una casa e io ho cercato di aiutarli come potevo." Aggiunse. "Aiutare loro ha aiutato anche me." Continuò. "Se non avessi fatto quel viaggio non so che cosa ne sarebbe stato della mia vita, non so neppure se ne avrei ancora avuta una." Disse e accarezzò il ginocchio del figlio. "Mi dispiace, Federico, per averti lasciato solo e anche per aver distrutto la nostra famiglia ma io non avrei potuto aiutarti in quel momento. Lo capisci, non è vero?"
Il diciannovenne sospirò e poggiò una mano sopra quella della madre.
-"Lo capisco. Ti capisco." Rispose. "Avevi i tuoi motivi per andare via, non è stata una bella cosa ma ne avevi bisogno."
-"Sei ancora arrabbiato con me?"
-"No, non lo sono."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora