64. E se non fosse finita davvero?

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Lo sguardo del moro era perso in un punto indefinito della sua stanza, mentre sul suo letto giacevano già da diverso tempo i libri che gli sarebbero serviti per l'esame, ormai, imminente; dalla finestra lasciata aperta, nonostante piovesse e ci fossero circa tre gradi, entrava un vento freddo che faceva rabbrividire il moro - che però non aveva alcuna intenzione di alzarsi dal letto - e, di tanto in tanto, sfogliava le pagine dei vari libri e quaderni.
La mente del più grande era invasa da pensieri sconnessi che gli riportavano alla mente sempre la stessa persona, quella persona che da due giorni stava tentando inutilmente di dimenticare. Il maggiore si stava sforzando di dimenticare che il più piccolo avesse fatto parte della sua vita, stava tentando di dimenticare gli ultimi tre mesi passati insieme. La sera precedente, in un impeto di rabbia e di delusione, aveva distrutto la cornice che conteneva una foto sua e di Federico, aveva gettato sul pavimento le poche cose che aveva di Federico e strappato quel post-it azzurro che il minore gli aveva lasciato qualche settimana prima per avvisarlo fosse andato via mentre lui ancora dormiva e che, in quel lasso di tempo, aveva conservato con tanta cura. Benjamin aveva tentato di distruggere qualsiasi cosa gli ricordasse il minore ma, alla fine, si era ritrovato a faticare a trattenere le lacrime seduto sul pavimento dopo essersi reso conto che non fossero gli oggetti a ricordargli Federico, ma era lui stesso, era tutto a ricordargli Federico. Quella stanza, e anche l'intera casa, era pregna del profumo e di ricordi del minore.
Federico era ovunque e non lo avrebbe lasciato in pace tanto presto.

"Smetti di pensare a Federico, lui non tornerà." Continuava a pensare il più grande, sperando di riuscire a concentrarsi sullo studio almeno per un po' di tempo. "È finita. Finita per sempre."
A distoglierlo dai suoi pensieri ci pensò qualcuno che bussò alla sua porta.
-"Non voglio parlare con nessuno, sto studiando!" Esclamò il moro e, finalmente, si decise a prendere un libro.
Nonostante avesse detto - o meglio gridato - di non voler parlare con nessuno, la porta della sua stanza si aprì e fece capolino oltre la porta la faccia sorridente di suo padre.
-"Credo tu possa prenderti una piccola pausa, no?" Replicò Alessio, vestito con un jeans chiaro e una maglia bianca, ed entrò nella stanza.
-"Prima di prendermi una pausa dovrei iniziare a studiare sul serio." Borbottò il moro e sfogliò le pagine del libro, per poi sbuffare quando si rese conto di non ricordare assolutamente nulla.
L'uomo scrollò le spalle e si avvicinò al letto, preferendo ignorare il disastro che regnava nella stanza dalla sera precedente.
-"Allora ti prenderai un pausa prima di iniziare." Replicò il padre. "Così dopo potrai concentrarti meglio." Aggiunse. "E poi sarebbe maleducato da parte tua non ricevere gli ospiti."
Benjamin inarcò un sopracciglio e si voltò a guardare confuso il padre.
-"Ospiti?" Ripeté il ragazzo.
Alessio annuì e gli sorrise.
-"C'è il tuo amico, Marco." Disse Alessio. "Ha detto che deve parlarti." Aggiunse. "Ti sta aspettando giù."
-"Fallo salire." Rispose il moro.
-"Glielo dico subito."

Un paio di minuti dopo il riccio entrò nella stanza, sorridente come al solito ma aggrottò la fronte non appena vide il caos che regnava nella stanza.
-"È passato un uragano da queste parti?" Chiese il ragazzo e camminò verso il letto, cercando di evitare i cocci di vetro e gli altri oggetti sparsi sul pavimento.
Il moro sospirò e chiuse il libro che stava reggendo.
-"Uragano Benjamin." Disse e appoggiò la schiena contro la testiera del letto.
-"O uragano Federico?" Replicò Marco e si sedette sul letto, spostando un paio di quaderni. "Sono tutte cose sue?" Gli chiese e osservò gli oggetti sparsi per la stanza.
-"Speravo potesse aiutarmi a dimenticarlo."
-"E così non è stato?"
Il più grande scosse la testa.
-"Per dimenticare Federico dovrei soltanto perdere la memoria." Sospirò il ragazzo. "Non è la stanza a ricordarmi Federico ma è tutto." Aggiunse. "Tutto mi ricorda Federico."
Marco sospirò e scosse la testa.
-"Se ti può consolare, non ti ha dimenticato neppure Federico." Disse Marco. "Anzi continua a pensarti e sta davvero male."
Il moro aggrottò la fronte.
-"E tu che cosa ne sai?" Gli domandò il moro. "L'hai visto? L'hai incontrato?"
Il riccio annuì.
-"È venuto a casa mia questa mattina." Disse il ragazzo. "È andato via poco fa."
Benjamin sbarrò gli occhi a quelle parole e rimase a bocca aperta.
-"Parli sul serio?!" Replicò il ventiduenne.
-"Non scherzerei mai su una cosa del genere." Replicò Marco. "E ancor meno in un momento del genere, sapendo quanto stai soffrendo." Aggiunse.
-"Quindi è davvero venuto a casa tua?"
-"Sì."
-"E perché?" Gli domandò il moro, ancora sorpreso da quella notizia e confuso riguardo le motivazioni che avevano spinto il minore ad andare da Marco.
-"A dire il vero non l'ho capito bene." Ammise il riccio. "È venuto per te, ovviamente, ma non so con precisione che cosa si aspettasse da me." Spiegò.
-"Che cosa ti ha detto?" Continuò a domandare il più grande.
-"Mi ha chiesto come stessi." Rispose Marco. "Ovviamente gli ho detto che stai male." Aggiunse. "Non so che cosa sperasse, che cosa pensasse, ma era evidente stesse male." Continuò.
-"Non avete parlato di altro?" Chiese il maggiore e inclinò la testa da un lato.
-"Forse potrei avergli detto qualcosa di non troppo gentile." Disse il ragazzo e arricciò le labbra.
Benjamin sospirò e appoggiò la testa contro il letto.
-"Che cosa gli hai detto?" Chiese, immaginando la risposta.
-"Che se non vuole perderti deve affrontare suo padre." Rispose il riccio. "Ho cercato di fargli capire che cosa ha sbagliato e forse sono stato un po' duro."
-"Hai fatto bene." Replicò il più grande, senza pensarci troppo. "Se lo merita." Aggiunse. "Qualcuno deve dirgli le cose come stanno." Continuò. "Dato che sembra che da solo non lo capisce."
-"Stava davvero male però." Controbatté Marco. "Sembrava un cadavere."
-"Ha voluto lui questa situazione." Rispose Benjamin. "Poteva evitarlo." Aggiunse. "Ma ha preferito continuare la sua recita di figlio perfetto e non contraddire suo padre." Continuò. "Ha preferito lui mettermi da parte."
-"Ma sei stato tu a lasciarlo."
-"E che cosa avrei dovuto fare?" Replicò il ventiduenne. "Accettare questa situazione e non vederlo per mesi?" Aggiunse. "Avrei dovuto accettare di nascondermi?" Continuò. "No, grazie. Non ne ho voglia." Concluse e incrociò le braccia al petto.
-"Prova a parlarci." Disse Marco. "Non riuscirai mai a dimenticarlo se non ci parli almeno un'ultima volta." Aggiunse. "Parlate, chiaritevi, potrebbe aiutarti."
-"Non ho più niente da dirgli." Scosse la testa il più grande. "E credo nemmeno lui, visto che non mi ha cercato neppure mezza volta in questi giorni." Aggiunse. "È finita."
-"E se non fosse finita davvero?"

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora