32. Sei un suo amico?

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-"Secondo te che cosa dovrei fare?"
-"C'è solo una cosa che puoi fare." Rispose il padre. "Andare da lui, chiedergli scusa e sperare di non aver rovinato davvero tutto."
Il più grande ci pensò su per qualche momento, cercando di capire se fosse la cosa migliore andare subito da lui o lasciargli un po' di tempo da passare da solo per calmarsi, poco dopo sospirò e annuì.
"Peggio di così non può andare." Pensò il più grande e lasciò il cuscino che stava stringendo, per poi mettersi a sedere sul letto a gambe incrociate.
-"Hai ragione." Disse il più grande e si passò una mano tra i capelli scompigliati. "Devo andare da lui e chiedergli scusa."
Alessio sorrise e gli diede una pacca sulla spalla.
-"Di sicuro sarà arrabbiato, all'inizio non vorrà parlarti ma devi cercare di convincerlo ad ascoltarti." Rispose Alessio. "Certo che l'hai fatto davvero grossa." Aggiunse e scosse la testa. "Cacciarlo di casa è già di per sé una cosa bruttissima, per di più con questo tempo." Continuò. "Ma come ti è saltato in mente?"
-"I- io ho soltanto s- smesso di pensare..." Balbettò il maggiore e abbassò la testa colpevole. "Sono stato uno stupido." Aggiunse e sospirò rumorosamente.
-"Adesso però devi riprendere a pensare e devi farlo anche velocemente." Replicò il padre. "Dovrai pensare ad un modo per farti perdonare da lui."
Benjamin annuì e si alzò dal letto.
-"Vado da lui." Disse e prese la sua giacca di pelle nera, che si ostinava a voler indossare nonostante fosse passato la stagione per indossare quel genere di indumenti. "Non so quando tornerò, comunque non aspettarmi per cena se dovessi tornare tardi."
Alessio annuì e si voltò verso di lui.
-"Sai dove abita?" Gli domandò.
-"Sì." Annuì il più grande e prese il suo cellulare e le chiavi della sua auto. "Una volta sono stato a casa sua."
-"Allora buona fortuna."

Dopo appena quindici minuti, e diverse imprecazioni contro il maltempo, il più grande parcheggiò la sua auto poco distante dal portone, tinteggiato di blu, della villa dove il minore abitava.
Il ragazzo, dimenticando di prendere l'ombrello che aveva portato con sé, scese dalla sua macchina e raggiunse il portone per poi bussare freneticamente al citofono.
"Apri, apri, apri." Pensò Benjamin e saltellò nel tentativo di riscaldarsi, cercando di non bagnarsi riparato sotto il porticato.
Poco dopo il maggiore vide la sagoma di un uomo, vestito con un completo elegante grigio scuro e mentre reggeva un ombrello azzurro, che sbuffava infastidito recarsi verso di lui.
-"Posso aiutarla?" Domandò al maggiore non appena fu abbastanza vicino.
-"Sono qui per Federico." Rispose il maggiore. "Devo parlargli, è urgente."
-"È un suo amico?" Replicò l'uomo e si fermò davanti al cancello. "Mi dica il suo nome così potrò avvertire il signore della sua presenza."
Il più grande sospirò e alzò gli occhi al cielo, l'ultima cosa che voleva in quel momento era essere annunciato e attendere il permesso di entrare in casa.
"Sta solo facendo il suo lavoro, non è colpa sua." Pensò il ragazzo e si rassegnò a dover aspettare.
-"Sono Benjamin, lui capirà." Disse il moro. "Per favore si sbrighi, è molto importante."
L'uomo inarcò un sopracciglio e lo guardò con un'espressione infastidita.
-"Farò il possibile."

Benjamin pensò davvero che l'uomo che lo aveva accolto lo odiasse, nonostante non lo conoscesse, e che lo stesse facendo di proposito a tardare. Erano passati svariati minuti da quando l'uomo era rientrato in casa per annunciare la sua presenza e il moro non aveva più saputo nulla di lui, nessuno era uscito per dirgli che cosa Federico avesse deciso e il ragazzo iniziava a perdere la pazienza.
"Ancora qualche minuto e butterò giù il cancello." Pensò il moro e digrignò i denti.
Per sua fortuna poco dopo l'uomo ritornò da lui, con la sua solito espressione indecifrabile, e strinse l'ombrello che continuava a reggere.
-"Può entrare." Disse l'uomo e, senza aggiungere altro, aprì il cancello per poi voltarsi per tornare in caso.

Benjamin seguì l'uomo all'interno della casa, guardando con aria curiosa l'interno della casa alla ricerca di qualcosa che gli ricordasse il più piccolo; poco dopo si ritrovò in una grande sala, illuminata dal grande e vistoso lampadario in cristallo che pendeva dal soffitto bianco, dove erano seduti due persone che il maggiore non aveva mai visto.
-"Grazie mille, puoi andare." Disse la donna e, con un sorriso, congedò l'uomo che aveva accolto il maggiore. "Ci dispiace averti fatto aspettare tanto fuori." Aggiunse, rivolto verso il maggiore.
-"Non si preoccupi." Rispose il moro e abbozzò un sorriso. "Federico?" Domandò e si guardò intorno alla ricerca del fidanzato.
-"È tornato da poco, bagnato fradicio, e adesso sta facendo un bagno." Rispose l'uomo, con tono ed espressione più dura di quella usata dalla donna. "Non sa che sei qui."
-"Non ci sembrava il caso di farti attendere così tanto fuori con questa pioggia." Aggiunse la donna e si sistemò una ciocca di capelli sfuggita al suo chignon. "Siediti pure, possiamo offrirti qualcosa?" Gli domandò e gli indicò una poltrona, in pelle beige, poco distante da lui.
Il maggiore fece un cenno con la testa e si sedette sulla poltrona.
-"No, grazie, sto bene così."
-"Sei tu quel Benjamin con cui Federico passa così tanto tempo?" Domandò Andrea, senza troppi convenevoli e con modi poco garbati.
Il più grande annuì.
-"Sì, signore, sono io."
-"Sei un suo amico?" Gli domandò l'uomo, con tono sospetto.
Il più grande aprì bocca per rispondere ma venne anticipato dalla madre del minore.
-"Tesoro, ovvio che sono amici, cos'altro potrebbero essere?" Domandò la donna e ridacchiò, per poi lanciare una veloce occhiata al maggiore che aggrottò la fronte.
Andrea annuì e poggiò il mento sul palmo della mano.
-"Quanti anni hai?"
-"Ne ho ventidue."
-"Come vi siete conosciuti? Quando?" Domandò Andrea.
-"Meno di due mesi fa, ad una festa dove c'erano molti imprenditori di Roma."
-"Sì, ho capito di quale festa parli." Annuì l'uomo. "Stava parlando con te quella sera prima che io arrivassi?"
-"Sì."
-"E come mai tu eri lì? Facevi il cameriere?"
-"Andrea!" Esclamò Vanessa. "Scusalo, per favore, il tatto non è il suo punto di forza."
-"Nessun problema." Scrollò le spalle il moro. "Mio padre era stato invitato, è un imprenditore."
Andrea ghignò soddisfatto.
-"Il tuo cognome?"
-"Mascolo."
-"Mascolo." Ripeté Andrea e si alzò dal divano. "Vado a chiamare Federico, fai come se fossi a casa tua."
Vanessa seguì con lo sguardo ogni movimento del marito e, non appena questo salì al piano superiore, si voltò verso il più grande.
-"Mi dispiace aver risposto per te." Disse la donna. "Mio marito non sa che a Federico piacciono i ragazzi, ancor meno che sta con te, e non voglio creare a problemi a mio figlio." Aggiunse.
-"Non si preoccupi." Rispose il moro e le sorrise. "La capisco, avrei fatto lo stesso."
-"Sono felice di poterti conoscere." Replicò Vanessa. "Federico mi ha parlato molto di te." Aggiunse. "Io sono Vanessa e mio marito è Andrea."
-"Piacere mio."
-"Sta arrivando." Andrea interruppe la breve conversazione dei due, facendoli sobbalzare. "Non mi sembra molto felice." Aggiunse e si sedette nuovamente sul divano. "Avete litigato?"
Benjamin sospirò e annuì.
-"Sono qui per questo." Rispose. "Voglio scusarmi con lui."
-"Perdi tempo, io non voglio neppure ascoltarti."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora