78. Papà.

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Il più piccolo passò la notte a casa del maggiore, stretto tra le sue braccia come non succedeva da tanto - troppo - tempo. I due giovani parlarono del più e del meno davanti alle pizze che il maggiore aveva ordinato, raccontando all'altro che cosa fosse successo in quel periodo, benché non ci fosse molto da dire; Federico si scusò diverse volte ancora con il maggiore per il suo comportamento e anche per non aver trascorso con lui il suo compleanno, promettendogli che avrebbe rimediato il prima possibile. A Benjamin, però, non importava che il più piccolo organizzasse o meno una festa per lui, tutto ciò che per lui contava in quel momento era riavere il minore al suo fianco e, soprattutto, la promessa che gli aveva fatto di parlare con suo padre.
-"Ti prometto che parlerò con lui." Gli aveva sussurrato il minore, con la testa poggiata sulla sua spalla mentre lo osservava cercare il numero della pizzeria più vicina e sorridere quando borbottava qualcosa sul maltempo. "Il prima possibile."
Il moro si voltò a guardarlo e gli baciò la fronte, imperlata di sudore e con qualche ciocca di capelli che gli ricadeva davanti agli occhi.
-"Ti credo." Rispose. "So che lo farai." Aggiunse. "E, se dovesse servirti aiuto, io ci sarò."
-"Grazie." Replicò il più piccolo per poi baciarlo.

La mattina seguente il minore si svegliò per primo, infastidito da un vociare allegro proprio fuori la porta chiusa della camera, e borbottò qualcosa di poco comprensibile e poco carino riguardo a chiunque stesse parlando, il suo malumore passò in secondo piano non appena si voltò a guardare il ragazzo che dormiva al suo fianco. Sul volto di Federico si dipinse un sorriso radioso e, cercando di essere il più delicato possibile, allungò una mano per accarezzare il volto del moro addormentato e stretto a lui.
"È così bello." Non poté fare a meno di pensare il minore.
Federico sentiva di essere finalmente ritornato nel posto giusto, un posto dove era libero di essere se stesso e aveva al suo fianco la sua persona.
Perso tra i suoi pensieri, e mentre continuava ad accarezzare il volto del maggiore, non si rese conto che Benjamin si era svegliato e stava sbadigliando vistosamente.
-"Buongiorno." Mugolò il maggiore, con la voce roca, e attirò la sua attenzione.
Federico gli sorrise raggiante e smise di accarezzarlo.
-"Buongiorno a te." Sussurrò in risposta e lanciò un veloce sguardo fuori dalla finestra, per poi sospirare deluso quando si rese conto che non avesse smesso di piovere. "Hai dormito bene?" Gli chiese subito dopo.
-"Non dormivo così bene da tanto." Rispose il moro e gli baciò il petto. "E tu?"
-"Anch'io."
Subito dopo quelle parole il minore si ritrovò schiacciato tra il materasso e il corpo, ancora nudo, del maggiore che lo osservava mentre ghignava malizioso e si leccava le labbra.
-"Va tutto bene?" Rise il più piccolo e gli accarezzò il braccio tatuato.
-"Tutto benissimo." Rispose Benjamin e si abbasso a baciarlo, ma non appena iniziò ad accarezzargli la gamba questo lo fermò.
-"Non possiamo adesso." Disse il biondo a malincuore.
-"Che cosa? E perché?"
-"Devo tornare a casa."
Il più grande sbuffò e si sedette sul letto.
-"Non puoi restare ancora un po'?" Gli chiese. "Non è la prima volta che passi la notte fuori casa senza avvisare, non si arrabbieranno."
-"Non è per questo." Scosse la testa Federico e appoggiò la schiena contro la testiera del letto.
-"E allora perché devi tornare a casa?"
-"Perché voglio parlare con mio padre." Disse il minore.
Il moro strabuzzò gli occhi e non riuscì a trattenere un piccolo sorriso di gioia.
-"Dici sul serio?" Domandò speranzoso il ragazzo.
Il più piccolo annuì.
-"Voglio farlo il prima possibile." Rispose il diciannovenne. "Ho già aspettato troppo."
Benjamin si sporse in avanti e gli diede un bacio a stampo.
-"Sono orgoglioso di te, piccolo."

Federico lasciò la casa del maggiore maledicendosi per non aver chiesto spiegazioni al moro sul messaggio che gli aveva inviato e anche per avergli mentito riguardo alle sue frequentazione di quelle settimane.
"Dopotutto non stavamo insieme, non è un tradimento. È stato lui stesso a lasciarmi." Continuava a ripetersi il più piccolo, nella speranza di alleviare il senso di colpa che provava.
Non appena, però, il ragazzo giunse davanti al portone di casa sua tutti quei pensieri vennero messi a tacere per fare spazio a quelli che riguardavano suo padre e quanto sarebbe successo da lì a poco.
"Puoi farcela." Si disse Federico e prese un respiro profondo, per poi rovistare nelle sue tasche per trovare le chiavi di casa. "Hai Benjamin adesso."

-"Tesoro, finalmente sei tornato." Disse Vanessa, sospirando sollevata, non appena vide il figlio rientrare.
-"Devo parlare con papà." Rispose Federico, con i vestiti ancora umidi dalla sera prima, ignorando le parole della donna. "Dov'è?"
La madre aggrottò la fronte ma preferì non fare domande.
-"È nel suo studio." Si limitò a rispondere.
-"Perfetto."

-"Papà." Disse il diciannovenne non appena entrò nello studio, la stanza più illuminata della casa nonostante ci fosse maltempo, dove suo padre stava leggendo dei documenti.
L'uomo alzò lo sguardo dai fogli e fece una smorfia infastidita.
-"Sto lavorando." Rispose e si sistemò meglio gli occhiali che indossava.
-"Dobbiamo parlare." Replicò il minore e chiuse la porta alle sue spalle.
Andrea sbuffò sonoramente e poggiò la schiena contro la sedia girevole in velluto nero.
-"Dobbiamo proprio? È così tanto urgente?"
-"Sì, non possiamo più rimandare."
L'uomo sospirò e si tolse gli occhiali.
-"Allora parliamo." Disse e incrociò le braccia al petto. "Ma sbrigati, non ho molto tempo."
Federico annuì e si sedette sulla sedia davanti al padre.
-"Sarò molto breve, tranquillo." Rispose e prese un respiro profondo. "Io sono gay, papà."
Andrea sgranò gli occhi a quelle parole, stupito dalla schiettezza del figlio, e subito dopo digrignò i denti e strinse i pugni.
-"Non osare mai più dirlo." Ringhiò l'uomo. "Non è vero."
-"Invece è vero, che ti piaccia o no." Controbatté il più piccolo, cercando di sembrare sicuro di se stesso. "A me piacciono i ragazzi, è sempre stato così è sempre lo sarà." Aggiunse.
-"Hai di nuovo parlato con Benjamin?!" Gridò Andrea e batté i pugni sul tavolo.
-"Sì, ho parlato con lui ma Benjamin non c'entra niente in questa cosa." Rispose Federico. "Non è stato lui a convincermi di questa cosa, o qualsiasi cosa tu possa pensare, ma mi è stato soltanto d'aiuto per accettarmi." Aggiunse. "Lui mi ha spinto a capire che in me di sbagliato non c'è niente."
-"Invece sì che sei sbagliato!" Gridò Andrea, ormai rosso dalla rabbia, e colpì nuovamente la scrivania. "Sei un mostro!"
Il biondo scosse la testa.
-"Il mostro sei tu se non riesci a capire ciò che ti sto dicendo." Rispose il ragazzo e si alzò. "Le cose stanno così, non ti resta che accettarle e rovinarti la vita cercando di cambiarle. Io non cambierò, papà, che ti piaccia o no." Aggiunse. "Io sono gay e non puoi fare nulla per cambiarlo." Continuò e si avvicinò alla porta. "Ah, dimenticavo, Benjamin è il mio fidanzato e ho passato la notte con lui, siamo tornati insieme. Sei il primo a saperlo, spero tu ne sia felice."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora