62. Sei l'ultima persona che mi aspettavo di vedere qui.

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Erano passati due giorni da quando Benjamin aveva preferito chiudere la relazione che lo legava al più piccolo, in un certo senso costretto a farlo dalle parole di questo che gli aveva detto di non amarlo e il moro non aveva avuto il coraggio per dirgli che lui invece lo amava da impazzire.
In quei due giorni l'uno non aveva avuto notizie dell'altro, la voglia di sapere che cosa stesse succedendo nella vita dell'altro era tanta ma c'era qualcosa che li bloccava dal farlo: Benjamin era bloccato dall'orgoglio mentre Federico era bloccato dalla paura. Nessuno dei due, seppur in modi e per motivi diversi, riusciva ad accettare che la loro relazione fosse finita ma allo stesso tempo non sapevano che cosa fare per cambiare quella situazione che li stava soltanto facendo soffrire.
I minuti passavano, i loro cellulari rimanevano immobili e intanto le speranze dei due ragazzi che tutto potesse risolversi si affievolivano.
"Se non mi cerca vuol dire che non mi pensa." Pensavano entrambi, mentre l'idea che tutto fosse davvero finito diventata sempre più forte.

Federico in quei due giorni aveva fatto fatica a fingere, davanti a suo padre, che tutto andasse bene e che Benjamin non facesse più in alcun modo parte della sua vita e neppure dei suoi pensieri. Andrea non aveva voluto neppure che si nominasse il moro in casa, evitava con cura di menzionarlo se non per borbottare qualcosa di poco carino sul conto del ragazzo, costringendo il figlio a mordersi lingua per non difendere il suo ex fidanzato.
In quei giorni Vanessa si era mostrata più fredda e distaccata da Federico di quanto non fosse mai stata, non aveva tentato di consolarlo e non aveva aperto bocca quando il marito parlava male del moro, nonostante vedesse il più piccolo stare male. Il biondo, dopotutto, non era molto sorpreso del comportamento della donna, lei amava la verità e non le piaceva che Federico avesse mentito soltanto per evitare problemi con suo padre e mettendo nei guai il suo fidanzato; Vanessa quasi si vergognava del comportamento assunto dal figlio, a differenza del marito che ne era fiero, e non faceva nulla per mascherarlo.

Quel giorno Federico si svegliò con un mal di testa atroce e un peso sul petto più pesante di quello che lo accompagnava da giorni ormai, era evidente stesse male e non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe stato in grado di reggere quella situazione che si era creata.
-"Non fai colazione?" Gli domandò suo madre quando lo vide passare per la cucina senza fermarsi.
-"No, non ho fame." Scosse la testa il biondo. "Non aspettarmi per pranzo."
-"Stai uscendo?" Replicò Vanessa e accavallò le gambe, coperte da un jeans scuro abbastanza aderente.
-"Si."
La madre sospirò e si sistemò dietro l'orecchio destro, da cui pendeva un orecchino con uno zaffiro, una ciocca di capelli castani chiaro.
-"Stai andando da Benjamin?"

Il più piccolo non aveva mai odiato così tanto i mezzi pubblici quanto quella mattina, aveva sin da subito scartato l'idea di usare la metropolitana - in quel modo non avrebbe fatto altro che allungare la strada - e aveva maledetto gli autobus quando, dopo circa quaranta minuti, si ritrovava ancora alla fermata ad attendere insieme ad un gruppo di persone che lo spintonavano senza nessun motivo apparente.
-"Oh, vaffanculo!" Gridò il minore, all'ennesima spinta da parte di un uomo sui quaranta che sembrava averci preso gusto, si sistemò lo zaino nero sulle spalle e corse via dalla fermata.
-"Ma 'ndo vai?!" Gli gridò una signora, dai capelli rossi fuoco e dalla borsa dal colore giallo, e si sporse per guardarlo. "Er pullman sta arrivando!"
Ma il minore era, ormai, già lontano per sentire le sue parole.

Quando Federico giunse alla sua destinazione era a dir poco distrutto, accaldato e con le gambe che gli chiedevano pietà. Il minore si trascinò stancamente fino al cancello, sospirò sollevato quando lo raggiunse e pigramente pigiò il pulsante grigio chiaro.
Il minore non dovette attendere molto prima di ricevere una risposta.
-"Chi è?"
-"Sono Federico." Rispose il biondo con voce flebile.
Così come immaginava il biondo non ricevette risposta ma, intanto, il cancello si aprì permettendogli di entrare.
Federico abbozzò un piccolo sorriso e camminò lentamente nel viale circondato da piante e fiori di vario tipo, quando raggiunse la porta d'ingresso tinta di blu sorride timidamente.
-"Ciao." Sussurrò mentre la persona davanti a lui, appoggiata alla porta, lo guardava con un sopracciglio inarcato.
-"Sei l'ultima persona che mi aspettavo di vedere qui."
-"Mi dispiace per essere venuto a casa tua e, per di più, senza avvisarti." Si scusò Federico. "Ma non ho il tuo numero e ho bisogno di parlare con te, Marco." Aggiunse. "Ti disturbo?"
Il riccio sospirò e scosse la testa.
-"Entra in casa." Rispose e si spostò per farlo passare. "Non vorrei che morissi davanti casa mia."

-"In un'altra situazione ti avrei chiesto perché sei qui ma credo di saperlo." Disse il riccio e gli porse un bicchiere di succo alla pesca. "Per Benjamin, non è così?"
Federico annuì e prese il bicchiere, ringraziandolo con un cenno della testa.
-"È per lui." Rispose. "L'hai visto in questi giorni?" Gli chiese.
-"Sì, più di una volta." Replicò Marco e si sedette accanto a lui. "Stiamo studiando insieme per l'esame."
-"Giusto, l'esame." Sussurrò il più piccolo. "È la settimana prossima, vero?"
-"Sì."
-"Come sta?" Gli chiese Federico, cambiando argomento e stringendo il bicchiere pieno tra le mani. "Come ti sembra che stia?"
-"Sta male." Rispose il riccio, senza pensarci troppo. "Sta malissimo." Aggiunse. "Ma questo credo tu già lo sapessi, no?"
-"Sta davvero così tanto male?" Replicò il più piccolo, sperando in una risposta negativa che potesse placare almeno un po' i suoi sensi di colpa.
-"Tuo padre è andato a casa sua a gridargli di starti lontano, che è soltanto un illuso e che tra voi due non c'è niente." Iniziò a parlare il ragazzo. "Tu, in un certo senso, non hai fatto altro che confermare ciò che ha detto tuo padre e non hai fatto nulla per fermarlo quando ti ha lasciato." Aggiunse. "Come vuoi che stia? Che cosa ti aspetti da lui? Che organizzi una festa?"
Il biondo sospirò e scosse la testa.
-"Io non voglio che lui soffra..." Sussurrò.
-"Potevi evitarlo." Disse Marco. "Potevi evitare tutta questa situazione, ma hai preferito curare i tuoi interessi e mettere da parte Benjamin." Aggiunse e vide il minore abbassare la testa. "Federico, ascoltami, io non ti conosco e conosco da poco Benjamin ma ho capito che genere di persona sia e ho capito anche che tiene tantissimo a te, farebbe di tutto per renderti felice.
Io non conosco tuo padre, non so che genere di rapporto avete e posso capire sia difficile dirgli che ti piacciono i ragazzi e che stai con Benjamin, ma credo dovresti farlo. Dovresti dire a tuo padre la verità e non per far contento Benjamin o qualcun altro, ma soltanto per te stesso. Non puoi vivere una vita che non vuoi soltanto per far felice tuo padre, non puoi fingere di essere chi non sei e per quanto tempo poi? Dieci anni? Forse anche venti o trenta, o anche quaranta, chi può saperlo?
Vuoi farti rovinare la vita da tuo padre?" Continuò a parlare. "Hai già perso Benjamin a causa sua, quante altre persone vuoi perdere? Ma se continui così finirai non solo per perdere le persone a cui vuoi bene, ma perderai anche te stesso - lo indicò con l'indice e tentò di sorridergli per rendere meno dure le sue parole - perché finirai per non sapere più chi sei. È quello che vuoi?"

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora