Il moro non era riuscito a chiudere occhio quella notte, continuava a girarsi nel letto pregno del profumo del più piccolo e diventato, improvvisamente, troppo grande per una sola persona. Il ragazzo non poteva fare a meno di pensare alle tante ore passate in quello stesso letto con Federico, stretti l'uno tra le braccia dell'altro, a baciarsi o semplicemente a guardarsi negli occhi e a parlare di tutto quando niente sembrava poterli separare. Quando sembrava che il mondo fosse loro.
Era stato Benjamin stesso a lasciarlo - non era riuscito a fare altrimenti dopo aver sentito Federico dirgli che non lo amava - eppure non riusciva ad accettare l'idea che fosse successo davvero.
"Non ritornerò mai più a stringerlo in questo letto." Pensò, più di una volta, il maggiore mentre lottava contro se stesso per non piangere ancora una volta. Contrariamente a quanto il maggiore pensasse poco prima, non erano tanti i pensieri che gli affollavano la mente e gli impedivano di dormire ma pochi e avevano un unico protagonista: Federico.
Il moro continuava a pensare che la mattina seguente, quando avrebbe lasciato quel letto, non avrebbe rivisto gli occhi azzurri di Federico e neppure la mattina dopo, quella dopo ancora e ancora. Non avrebbe più rivisto gli occhi azzurri di Federico brillare per lui.
La convinzione che aveva poco prima di andare a dormire, quella che Federico lo avesse soltanto preso in giro, stava pian piano svanendo e lasciava spazio alla consapevolezza che Federico, semplicemente, teneva a lui ma non lo amava e aveva preferito rinunciare a loro due perché non ne valeva la pena. Benjamin, per lui, non ne valeva la pena, nonostante in vacanza gli avesse detto l'esatto opposto, e il moro doveva soltanto accettare l'idea.
"Lui non farà più parte della tua vita. Ha preferito compiacere suo padre."Il ventiduenne la mattina seguente fece fatica ad alzarsi dal letto, non era riuscito a dormire neppure per un momento quella notte e il suo corpo gli chiedeva disperatamente di riposare ma il ragazzo non aveva alcuna intenzione di farlo. Alle nove e mezzo del mattino si trascinò stancamente fuori dalla sua stanza, indossando ancora i vestiti del giorno precedente, per raggiungere la sala da pranzo più per far contento suo padre che per voglia di mangiare.
Non appena il giovane entrò nella stanza, come al solito ben illuminata, arricciò il naso sentendo l'odore dei biscotti e del caffè.
-"Buongiorno." Biascicò, per attirare l'attenzione del padre che stava digitando qualcuno sul suo tablet.
Alessio, non appena lo sentì, alzò lo sguardo e gli sorrise.
-"Buongiorno." Gli disse allegro. "Hai dormito bene?"
Il moro scrollò le spalle e strusciò la sedia sul pavimento per poi sedersi.
-"Né bene né male." Rispose. "Semplicemente non ho dormito."
L'uomo sospirò e bloccò lo schermo del suo tablet color argento.
-"Perché non mangi qualcosa e poi vai a riposare?"
-"Non ho fame." Replicò Benjamin, sentendo lo stomaco rivoltarsi soltanto guardando il cibo sistemato sulla tavola. "E non posso dormire."
-"Perché non puoi?"
-"Devo studiare." Disse il ventiduenne e poggiò il mento sul pugno della mano. "Tra dieci giorni ho un esame e sono un po' indietro."
-"Credi di potercela fare?"
-"Devo farcela."
-"No, Benjamin, non devi farcela." Scosse la testa Alessio e allungò una mano su quella del figlio. "Adesso il tuo ultimo problema è l'esame." Aggiunse. "Tu devi pensare a te stesso, dimenticare quanto è successo e stare bene." Continuò. "Nessuno si aspetta che tu lo faccia da un giorno all'altro, neppure io mi aspetto una cosa del genere, ma soltanto che ci provi. Prova a stare bene, okay?"
Il più grande abbozzò un sorriso e annuì.
-"Okay." Sussurrò.
-"Perché non esci a prendere un po' d'aria?" Propose Alessio. "Qui vicino abita un tuo amico, no? Potresti andare da lui."
Benjamin ci pensò su per qualche momento per poi annuire.
-"Sì, andrò da Marco, magari potremmo anche studiare insieme."
-"Perfetto." Sorrise il padre per poi accarezzargli la guancia. "Starai bene, passerà tutto."
Passerà Federico.Il ventiduenne contattò il suo amico per chiedergli se per lui andasse bene passare del tempo insieme e si preparò ad uscire non appena Marco gli rispose che lo stava aspettando, il ragazzo non ebbe però il tempo di uscire di casa perché si ritrovò davanti l'ultima persona che desiderava incontrare in quel momento.
-"Non ci posso credere." Gemette frustato il moro e scosse la testa, bloccandosi sull'ultimo gradino. "Che cosa ci fai tu qui?" Domandò alla donna, vestita con un pantalone a palazzo nero e una camicia bianca, che si ritrovò davanti.
-"Fa piacere anche a me vederti, figliolo." Rispose la donna sarcastica e si avvicinò a lui. "Sono solo passata per augurarti buone feste." Aggiunse. "Sono passata il giorno della vigilia ma tuo padre mi ha detto che eri in vacanza."
-"Bene, buone feste anche a te." Replicò il moro e incrociò le braccia al petto. "Ora puoi anche andartene."
Francesca sospirò e poggiò la mano, con le lunghe unghie laccate di nero, sulla ringhiera in legno.
-"Ti costa così tanto essere gentile con me?"
-"Non è il momento giusto per parlare, ti avviso, potrei essere più sgradevole del solito."
La donna sospirò ancora una volta e annuì.
-"Non ho voglia di litigare anche oggi e non voglio rovinarti la giornata, vado via." Replicò lei. "Almeno però dimmi com'è andata la vacanza. Ti sei divertito? Come sta Federico?"
Era bastato sentir pronunciare il nome del biondo, pronunciato con tanta naturalezza, per far inumidire gli occhi del più grande e fargli tremolare il labbro.
-"Benjamin che succede?" Domandò la donna e aggrottò la fronte. "Ti senti bene?" Gli chiese e si avvicinò per prendergli la mano. "Vieni a sederti." Aggiunse e, lentamente, lo trascinò sul divano.
Non appena il più grande si sedette sul divano il suo corpo venne scosse da più singhiozzi che fecero preoccupare la donna, che mai aveva visto suo figlio piangere.
-"Calmati, piccolo, calmati." Sussurrò Francesca e strinse tra le sue braccia il moro che, sorprendentemente, non fece nulla per sottrarsi a quel contatto. "Va tutto bene." Aggiunse e gli baciò la fronte. "Calmati."
Benjamin, sorprendendo anche se stesso, allacciò le braccia al collo della donna e poggiò la fronte sulla spalla di questa lasciando che le lacrime avessero la meglio su di lui. Francesca gli circondò la vita con un braccio e con l'altra mano gli accarezzò i capelli.
-"È per Federico?" Gli domandò la donna, abbassando il tono di voce per paura di infastidirlo.
-"S- sì..." Disse, tra i singhiozzi, il più grande beandosi del profumo della donna che lo aveva messo al mondo.
-"Avete litigato?" Continuò a domandargli la donna, sperando che accarezzargli i capelli potesse tranquillizzarlo come quando era un neonato e si svegliava piangendo nel cuore della notte.
Benjamin, incapace di controllarsi e anche di staccarsi da sua madre, scosse la testa strisciando la punta del naso sulla spalla di Francesca.
-"È f- finita..." Singhiozzò il moro. "C- ci siamo lasciati..."
Francesca sospirò a quelle parole e gli baciò la fronte.
-"Ti va di parlarne?"
Benjamin scosse ancora una volta la testa.
-"Preferisco di n- no." Rispose. "A- abbracciami soltanto..."
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Lettere dal passato. || Fenji.
Fiksi Penggemar«2050, sono passati trent'anni da quando Federico ha spedito una lettera che ha cambiato per sempre la sua vita. Trent'anni da quando due opposti hanno trovato il modo di essere simili. Che cosa sarà successo in così tanti anni? Quella lettera sarà...