34. Credo non sia mai andato via.

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-"Quindi che cosa vuoi fare?" Gli domandò Benjamin, con voce bassa, e abbassò lo sguardo.
-"Non lo so." Rispose il biondo e scrollò le spalle. "Tutto ciò che voglio adesso è che tu vada via, che vada via da questa casa e non ascoltare nulla di quello che hai da dire." Aggiunse. "Adesso voglio solo stare da solo. Voglio solo stare senza di te." Concluse e incrociò le braccia al petto.
Il più grande per qualche momento fissò il volto dell'altro, cercando di capire se il suo fidanzato fosse serio o meno e, purtroppo, si rese conto di quanto Federico fosse tremendamente serio.
-"Dici sul serio?" Gli domandò, con un filo di voce, il ventiduenne.
-"Tu mi hai sul serio cacciato da casa tua?" Replicò Federico e inarcò un sopracciglio.
Il moro sospirò e si passò una mano sul volto pallido.
-"Mi dispiace." Sussurrò il moro. "I- io non v- volevo..."
-"Non mi importa, te l'ho già detto." Rispose il più piccolo. "Io, adesso, voglio che tu vada via." Aggiunse. "Adesso." Ripeté, scandendo bene la parola.
Benjamin sospirò nuovamente, fece un passo verso il minore ma questo indietreggiò.
-"Non mi arrendo." Disse Benjamin. "Lo sai, vero?"
-"Vattene." Replicò il biondo. "Vattene, Benjamin, non ho alcuna intenzione di ripetertelo di nuovo." Aggiunse. "E se, invece, mi costringerai a farlo potrei non essere tanto gentile."
Il più grande annuì debolmente.
-"Come preferisci." Sussurrò il più grande. "Ci vediamo."
-"Forse."
-"Ci vediamo." Ripeté il maggiore. "Presto." Aggiunse, velocemente stampò un bacio sulla guancia del più piccolo e, nonostante non ne avesse alcuna voglia, andò via.

Federico aveva passato l'intero pomeriggio, o meglio quello che restava del pomeriggio, chiuso nella sua stanza, sdraiato sul letto mentre fissava il soffitto. Il più piccolo, per quanto ci stesse provando, non riuscì a smettere di pensare a quanto era successo poche ore prima con il suo fidanzato.
"Come può averlo fatto davvero?" Si domandò, più e più volte, il più piccolo senza mai riuscire a trovare una risposta a quella domanda.
Non conosceva Benjamin da moltissimo tempo, lo sapeva benissimo, eppure in quel breve lasso di tempo passato insieme il moro non gli aveva mai dato modo di pensare che fosse quel genere di persona. Non riusciva a credere che il moro lo avesse cacciato da casa soltanto perché non aveva voglia di affrontare un determinato argomento con lui, soltanto perché non gli era piaciuta la sua risposta.
Federico non negava di avere una buona dose di responsabilità, anche lui aveva sbagliato e in parte capiva la rabbia, il fastidio, del moro nel sentirgli dire determinate cose ma, allo stesso tempo, non riusciva a capire come fosse arrivato a compiere un gesto del genere. Il minore sapeva benissimo ci fossero azioni peggiori, che avrebbe potuto fare di peggio, ma per lui era stata una grandissima mancanza di rispetto, nei confronti suoi e della loro relazione, mandarlo via in quel modo.
-"Tesoro, è pronta la cena." La voce di Vanessa, pacata come al solito, riportò con i piedi sulla terra il minore che inclinò la testa per guardarla meglio.
-"Non ho fame." Rispose Federico.
La donna arricciò le labbra, truccate di rosso scuro, ed entrò nella stanza.
-"Benjamin?"
-"La mia vita non gira intorno a lui."
-"Eppure a vederti non sembrerebbe, lo sai?" Replicò la donna e si sedette sul letto del figlio. "Sei felice quando le cose con lui vanno bene, sei triste quando invece litigate." Aggiunse. "Non fai altro che pensare e parlare di lui e quando non lo fai è perché sei con lui." Continuò e il biondo sospirò rumorosamente.
-"Forse è un po' vero." Borbottò il ragazzo e incrociò le braccia al petto.
La donna ridacchiò e accavallò le gambe, coperte da un pantalone a sigaretta nero.
-"Non avete chiarito oggi pomeriggio?" Gli domandò.
-"No."
-"Posso sapere che cos'è successo di tanto grave?" Chiese Vanessa.
-"Oggi pomeriggio mi ha cacciato da casa sua." Rispose il più piccolo.
-"E perché ha fatto una cosa del genere?"
-"Stavamo parlando, ammetto di aver detto delle cose poche carine e anche che non avevo voglia di ascoltarlo, ma avrei preferito litigare anziché quello che è successo."
-"E lui oggi è venuto a scusarsi, giusto?" Domandò la donna e inclinò la testa da un lato.
-"Dice di essere pentito."
-"E tu non gli credi?"
-"Nemmeno un po'." Scosse la testa il più piccolo. "Non può aver cambiato idea in così poco tempo."
Vanessa sorrise e allungò una gamba per accarezzare il ginocchio del figlio.
-"Sai che piove ancora?" Replicò.
Federico corrugò la fronte.
-"Sì, ma che cosa c'entra con quello che ti ho appena detto?" Domandò, confuso, Federico. "Che c'entra con Benjamin?"
-"Invece c'entra." Annuì la donna e sorrise nuovamente. "Perché lui ti sta aspettando fuori casa." Aggiunse.
Il minore, a quelle parole, sgranò gli occhi.
-"C- che cosa?" Balbettò e deglutì a vuoto. "Benjamin è q- qui?"
Vanessa annuì.
-"Credo non sia mai andato via." Rispose. "L'ho visto poco fa, pensavo lo sapessi."
Federico, frettolosamente, si alzò dal letto e raccolse dalla sedia una felpa nera.
-"Torno subito." Disse, per poi correre fuori dalla stanza.

"Deve essere davvero tanto arrabbiato." Pensò Benjamin e sospirò rumorosamente, mentre si sfregava le braccia nel tentativo di riscaldarsi.
Erano passate almeno un paio d'ore - o forse anche di più, Benjamin aveva smesso di contare i minuti che passavano già da un bel po' - da quando il moro era uscito da casa del minore e si era appoggiato con la schiena contro la sua auto, sotto la pioggia, ad attendere che Federico uscisse e parlare con lui. Il ragazzo era bagnato fradicio, la testa aveva iniziato a dolergli già da un po' e il suo corpo lo pregava di sedersi almeno per qualche momento, ma il maggiore non aveva alcuna intenzione di spostarsi fino a quando non avrebbe parlato con il più piccolo.
-"Che cosa pensi di risolvere ammalandoti?!" La voce di Federico, o meglio le grida del minore, fecero sobbalzare il moro che rischiò di scivolare sull'asfalto bagnato. "Sei uno stupido!" Esclamò il minore e, poco dopo, uscì dal cancello coperto da una pesante felpa nera è un ombrello viola.
-"Speravo di parlare con te e ci sono riuscito." Rispose il moro e abbozzò un sorriso. "Grazie per essere venuto."
Il più piccolo alzò gli occhi al cielo e, con un cenno della testa, indicò l'auto alle spalle del maggiore.
-"Sali." Disse e raggiunse l'altro lato dell'auto. "Non ho alcuna intenzione di bagnarmi." Aggiunse.
Benjamin annuì e non se lo fece ripetere due volte, aprì l'auto e salì imitato dal minore.
-"Hai freddo?" Gli domandò il più piccolo, addolcendo il tono di voce, quando lo vide tremare.
-"Un po'." Rispose Benjamin e accesse il riscaldamento. "Mi dispiace." Aggiunse e abbassò la testa.
-"Sei uno stronzo." Replicò il biondo e appoggiò la testa contro lo schienale del sedile. "Ma forse ho esagerato anch'io."
-"Non farlo." Disse il più grande. "Non giustificarmi. Non prenderti colpe che non hai."
-"Non lo sto facendo." Rispose Federico e scrollò le spalle. "Sto solo ammettendo di aver sbagliato, non avrei dovuto dirti quelle cose. Mi dispiace." Si scusò. "Ciò però non ti discolpa, mi ha ferito quello che hai fatto."
-"Mi dispiace, Fè, ti giuro che sono pentito." Replicò il moro e gli prese la mano. "Puoi perdonarmi?"
Il più piccolo arricciò il naso e finse di pensarci su per qualche momento.
-"Sì, credo di poter fare questo sforzo." Disse, con area teatrale facendo ridere il compagno. "Resti a dormire da me?"
-"Non serve neppure chiederlo."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora