Federico aveva lasciato la casa del più grande, riuscendo a non incontrare il padre del ragazzo che era chiuso nel suo ufficio occupato in una telefonata di lavoro, con un radioso sorriso stampato sulle labbra e non accennava ad andare via.
Il ragazzo era uscito dal cancello mentre il più grande lo osservava con area sognante e la voglia di corrergli dietro per poterlo baciare ancora una volta.
-"Pensami." Gli disse Federico, mentre camminava all'indietro nella stretta, ma piena di verde nonostante fosse autunno, via dove era situata la villa della famiglia del moro.
Il moro sorrise, più di quanto non stesse già facendo, e poggiò la testa contro il cancello tinteggiato di verde.
-"Lo sto già facendo." Rispose il moro. "Ci vediamo presto?"
-"Domani ti sembra abbastanza presto?" Replicò il più piccolo e smise di camminare, per evitare di avere incidenti.
Benjamin arricciò il naso e scosse la testa.
-"A me sembra un tempo infinito." Disse Benjamin. "Mi manchi già."
Il biondo si morse il labbro inferiore, si guardò intorno per qualche momento e, subito dopo, corse verso il più grande per gettargli le braccia al collo per poi dargli quel bacio che entrambi tanto desideravano. Il più grande, dopo aver sorriso contro le labbra del minore, gli strinse i fianchi tra le mani e ricambiò quel bacio che, purtroppo, durò meno di quanto volesse.
-"Già finito?" Si lamentò il ventiduenne e accarezzò i fianchi del biondo. "Speravo in qualcosa di migliore." Borbottò.
Il biondo ridacchiò e gli stampò un bacio sulle labbra.
-"È tardi." Gli disse. "Tu devi pranzare e io devo tornare a casa."
-"E se pranzassi qui e dopo ti riaccompagnassi a casa?" Propose il moro, desideroso di passare altro - tanto - tempo in compagnia del più piccolo. "Se il problema è mio padre possiamo pranzare in giardino, è una bella gi-"
-"Domani." Lo interruppe il più piccolo. "Domani ci rivedremo e staremo insieme tutto il tempo che vorrai." Aggiunse e gli sorrise teneramente. "Adesso, però, devo davvero tornare a casa. I miei genitori di sicuro saranno furiosi."
Benjamin sospirò rumorosamente e scosse la testa.
-"Hai detto tutto il tempo che vorrò?" Chiese il ragazzo.
-"Tutto tutto."
-"Allora tieniti libero per il resto della vita."Per il più piccolo era stato difficile abbandonare le labbra del moro, che non perdeva occasione per chiedergli di restare e diventava sempre più convincente, ma l'ennesimo messaggio da parte di sua madre lo convinse che la cosa migliore fosse tornare a casa.
«Dove sei? Io e tuo padre siamo preoccupati e lui è furioso, torna il prima possibile.»
Il biondo evitò di rispondere a quel messaggio, così come aveva fatto alle decine di messaggi e telefonate che aveva già ricevuto, e stampò l'ennesimo bacio sulle labbra del ventiduenne per poi tornare a casa con il cuore colmo di gioia.
Federico fece ritorno a casa circa venticinque minuti, e una corsa lunga qualche chilometro, dopo e fu subito accolto da un'occhiataccia di una delle cameriere che lo squadrò dalla testa ai piedi. Il ragazzo indossava gli abiti della sera precedenti, rovinati dalla pioggia, e sgualciti per la poca cura che aveva avuto nel toglierli la sera precedente - o meglio per la poca cura che Benjamin aveva avuto nel toglierli la sera precedente - e anche quella mattina nell'indossarli, la corsa non aveva di certo aiutato ma, in quel momento, al più piccolo poco importava del suo aspetto.
-"I miei genitori?" Domandò Federico, alla cameriera che sembrava detestarlo, e si sistemò la camicia mal abbottonata.
-"Stanno pranzando." Rispose la donna, di nome Angela, e inarcò un sopracciglio. "Non ha un bell'aspetto, sta bene?"
Al biondo, a quella domanda, venne naturale sorridere e annuì.
-"Mai stato meglio."-"Quindi non ti hanno rapito o cose del genere, sei vivo e stai bene." Disse Andrea, con il suo solito tono duro e l'espressione arrabbiata, non appena il figlio entrò nella sala da pranzo e poggiò la forchetta nel piatto quasi vuoto. "Quindi hai ignorato di proposito le nostre telefonate e i nostri messaggi?"
-"Ho letto i vostri messaggi soltanto questa mattina." Rispose il biondo. "Ieri sera mi si è scaricato il cellulare."
-"Non mi sembra, però, di aver ricevuto alcuna tua risposta neppure questa mattina." Replicò il padre. "E, sentiamo, dove sei stato?" Chiese. "Sempre se ci è permesso saperlo."
-"Stai bene?" Gli domandò sua madre, molto più pacata del marito è preoccupata per quello che sarebbe potuto succedere al figlio.
-"Sto bene." Annuì il più piccolo. "Sono uscito con un amico ieri sera ma poco dopo siamo stati sorpresi dalla pioggia." Spiegò il ragazzo. "Sono rimasto a dormire da lui, perché abita nelle vicinanze di dove eravamo ieri, e avevo il cellulare scarico quindi non ho potuto avvisarvi." Raccontò il ragazzo evitando di scendere troppo nei particolari. "Questa mattina ci siamo svegliati tardi e poi nulla, eccomi qui."
-"Già, eccoti qui." Disse Andrea che sembrava credere ben poco alla storia del figlio. "Eccoti qui con i vestiti bagnati e sporchi, le guance arrossate e chissà che cosa hai combinato questa notte." Aggiunse, con tono più duro del solito. "Ti sei drogato?" Chiese.
La domandò spiazzò Federico che strabuzzò gli occhi.
-"Cosa? No, assolutamente no!" Esclamò, quasi indignato, Federico. "Dovresti conoscermi, sai che non faccio questo genere di cose."
-"No, Federico, io non ti conosco affatto." Scosse la testa l'uomo. "So solo che ti piace mettermi in imbarazzo con le tue proteste a favore dell'ambiente, con il tuo essere contro tutto ciò che mi rende felice e non mi sorprenderei se ti fossi drogato soltanto per farmi un dispetto." Continuò. "Permettimi, quindi, di dubitare."
-"L'importante è che stia bene." Si intromise Vanessa. "Sono sicura che non capiterà mai più, giusto?" Chiese e si voltò verso il figlio.
-"Mai più." Annuì il più piccolo. "Caricherò sempre il cellulare prima di uscire, così potrò rispondere ai vostri messaggi." Continuò. "Mi dispiace avervi fatto preoccupare." Aggiunse sinceramente dispiaciuto.
-"Sei in punizione." Disse Andrea, cogliendo alla sprovvista il figlio e la moglie.
-"C- che c- cosa?" Balbettò il più piccolo.
-"Andrea non è un bambino." Controbatté Vanessa. "Non puoi metterlo in punizione."
-"Fino a quando vivrà sotto il mio tetto e si comporterà da bambino, io posso e devo metterlo in punizione." Rispose l'uomo e prese una fetta di pane. "Sei in punizione per una settimana."
-"Ma papà!"
-"Non lamentarti, l'hai voluto tu." Disse Andrea. "Potrai andare soltanto all'università ed evita di andare in giro, potrei anche venire a controllarti."
-"Papà, per favore." Si lamentò il più piccolo. "Non puoi farlo."
-"E tu non puoi farci preoccupare soltanto perché ti si è scaricato il cellulare." Replicò l'uomo. "Avresti potuto avvertirci con il cellulare del tuo amico che, tra l'altro, non so neppure chi sia." Aggiunse. "Una settimane di punizione e sono stato anche gentile, almeno potrai vedere i tuoi amici in facoltà." Continuò. "Ora vai in camera, non voglio vederti in giro per un po'."
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Lettere dal passato. || Fenji.
Fanfiction«2050, sono passati trent'anni da quando Federico ha spedito una lettera che ha cambiato per sempre la sua vita. Trent'anni da quando due opposti hanno trovato il modo di essere simili. Che cosa sarà successo in così tanti anni? Quella lettera sarà...