42. Tu lo sei sempre un po' di più.

225 49 3
                                    

La punta del naso del più piccolo era rivolta verso il cielo, illuminato dai caldi colori del tramonto che si diffondevano tra le nuvole biancastre, da ormai interi minuti mentre un piccolo sorriso gli illuminava il volto. Le mani del ragazzo erano ben riparate nelle tasche nere del suo cappotto del medesimo colore, che sua madre gli aveva comprato pochi giorni prima, mentre camminava in via dei condotti senza neppure preoccuparsi troppo di non urtare le altre persone, che affollavano le strade e i negozi per acquistare gli ultimi regali per il Natale, ormai alle porte.
Mancava poco più di una settimana, per la precisione nove giorni, al Natale e Roma si era coperta, già da un paio di settimane, di decorazioni natalizie che se possibile la rendevano ancora più bella. Federico aveva sempre amato quel periodo dell'anno, nonostante a casa sua lo spirito natalizia mancasse da anni lui non aveva mai smesso di sorridere davanti alle decorazioni o qualche uomo travestito da babbo natale incontrato per strada, e quell'anno sentiva fosse più speciale che mai. Il più piccolo sentiva di essere più felice del solito, sentiva che quell'anno avrebbe avuto davvero dei motivi per festeggiare e se ne rendeva conto ogni volta che si voltava a guardare quel ragazzo che, da più di due mesi, era entrato nella sua vita e, nonostante qualche litigio e incomprensione, faceva di tutto per renderlo felice.
-"Se continui a guardare il cielo finirai per cadere." Borbottò il ventiduenne, mentre mangiucchiava delle noccioline caramellate. "E farai male a qualcuno." Aggiunse. "Credo che già più di una persona ti abbia augurato cose poco carine." Continuò e ridacchiò.
Federico sorrise e abbassò la testa, distogliendo la sua attenzione dal cielo colorato d'arancio mentre davanti a loro piazza di Spagna diventava sempre più nitida, per voltarsi a guardare il fidanzato.
-"Il cielo è meraviglioso." Rispose Federico. "Oggi più del solito." Aggiunse e rubò una nocciolina al compagno. "Non trovi?"
-"Sì, è davvero bello." Annuì il moro. "Ma tu lo sei sempre un po' di più, piccolo." Aggiunse.
Le guance del più piccolo si tinsero di rosso nel sentire quel nomignolo che, da un po' di giorni a quella parte, il moro gli aveva affibbiato e che gli ripeteva di continuo, arrivando al punto di sostituire il suo nome con quell'aggettivo.
-"E se andassimo a vedere il tramonto al giardino degli aranci?"
-"Piccolo siamo distanti dal giardino." Scosse la testa il moro, ripetendo ancora una volta quel nomignolo che tanto piaceva al fidanzato. "Non riusciremo ad arrivare in tempo."
Il diciannovenne sbuffò e incrociò le braccia al petto.
-"Domani." Disse il ventiduenne e si avvicinò per stampare un bacio sulla guancia del minore. "Domani andremo dove vuoi." Aggiunse. "Va bene?"
Il più piccolo sorrise e annuì mentre lasciavano via dei condotti e arrivavano a piazza di Spagna, dove un grande albero iniziava a brillare con il tramonto alle sue spalle.
-"Questo è decisamente più bello dell'albero che abbiamo fatto noi." Rise il più piccolo e indicò l'albero, riferendosi al disastro che avevano combinato a casa del maggiore. I due ragazzi, nonostante avessero capito di star sbagliando tutto, avevano continuato a decorare l'albero del moro finendo per creare qualcosa davvero brutto da vedere.
-"Almeno mio padre non si è lamentato." Ridacchiò Benjamin. "Anche se a lui sarebbe andato bene in ogni caso, l'importante è che quest'anno non sia toccato a lui farlo."
Prima che il biondo potesse replicare il suo cellulare vibrò.
-"Aspetta." Disse il biondo e prese il suo cellulare.
-"È successo qualcosa?"
-"È un messaggio di mia madre." Rispose il biondo e aprì il messaggio.
«Se sei con Benjamin digli di venire a casa con te, tuo padre vuole incontrarlo

Federico non aveva fatto altro che chiedersi, e chiedere al suo fidanzato, perché suo padre volesse incontrare Benjamin ma né lui né il moro avevano una risposta.
-"Stai tranquillo, andrà tutto bene." Gli aveva detto, sorridendo, il maggiore mentre si recavano a casa del minore dove, poco dopo pranzo, Benjamin aveva lasciato la sua auto data la voglia del fidanzato di fare una passeggiata. "Forse vorrà solo salutarmi, l'ultima volta mi sembrava gli fossi simpatico." Ipotizzò il ragazzo.
-"Mio padre non è il genere di persone che vuole salutare qualcuno." Rispose il più piccolo e arricciò il naso. "Anche a me sembrava gli fossi simpatico, ma addirittura chiedermi di portarti a casa con me mi sembra troppo."
Benjamin scrollò le spalle.
-"Sarà una tradizione di famiglia."
-"Che cosa?"
-"Nessuno di voi riesce a starmi lontano per troppo tempo." Disse Benjamin, cercando di sembrare il più serio possibile.
-"Che scemo che sei!" Rise il biondo e spinse, senza usare troppa forza, il fidanzato.
-"Sarò anche scemo, come dici tu, ma almeno ti ho fatto ridere." Rispose il più grande e circondò le spalle del compagno con un braccio. "Non ne potevo più di vederti così preoccupato." Aggiunse. "Sei più bello quando sorridi, lo sai?"
Federico si morse il labbro e abbassò la testa imbarazzato; avrebbe voluto dirgli che da quando lo aveva conosciuto sorrideva soltanto per lui ma, in cuor suo, sapeva benissimo che Benjamin già lo sapeva e che fosse lo stesso anche per lui.

La giovane coppia arrivò a casa del diciannovenne quando il cielo era già buio e, nonostante fosse stata una bella giornata, l'aria di dicembre era diventata più fredda e il vento più forte. Federico esitò qualche momento prima di entrare in casa sua ma la presenza del moro riuscì, come sempre, a confortarlo.
-"Finalmente siete arrivati." Sorrise Vanessa, con i capelli raccolti in una treccia che le ricadeva sulla spalla destra coperta da una camicia nera, non appena li vide entrare nella sala.
-"Buonasera." Salutò il moro i due ragazzi e allontanò la mano dalla schiena del compagno.
-"È successo qualcosa?" Domandò il più piccolo. "Come mai volevi vedere Benjamin?" Chiese a suo padre.
-"Nulla di particolare." Rispose Andrea e scrollò le spalle. "Accomodatevi."
-"Federico." Lo chiamò Vanessa. "Puoi venire in cucina con me?" Gli chiese. "Così mi aiuti a prendere dei dolci da servire al nostro ospite." Aggiunse e sorrise, per poi alzarsi dal divano.
-"Ma mamma-"
-"Per favore, Federico, aiuta tua madre." Disse il padre. "Io e Benjamin ne approfitteremo per parlare un po'."
-"Dai, andiamo." Gli sussurrò Vanessa e si incamminò verso la cucina.
Federico cercò lo sguardo del maggiore, che intanto si era accomodato sulla poltrona, e questo gli annuì.
-"Torno subito." Disse, per poi seguire la madre.
Non appena il biondo sparì dalla loro visuale Andrea tossì, attirando l'attenzione del moro su di lui.
-"Tu e Federico passate davvero molto tempo insieme." Disse l'uomo e si appoggiò allo schienale del divano.
-"Già." Annuì Benjamin. "È un problema?"
-"No, figurati, nessun problema." Scosse la testa Andrea. "Per una volta ha un amico alla sua altezza e non uno di quei stupidi che credono di poter cambiare il mondo."
Benjamin alzò gli occhi al cielo ma preferì non controbattere, per evitare di creare discussioni.
-"E così passerete anche le vacanze insieme, no?"
-"Esatto." Rispose il moro. "Andremo a Courmayeur."
-"Sarete voi due da soli?"
-"Sì."
-"Perché non avete invitato anche altri amici?" Chiese Andrea.
-"Perché avremmo dovuto?" Replicò il più grande. "Possiamo divertirci anche solo noi due." Aggiunse.
-"Sì, ma è un po' strano." Rispose l'uomo e scrollò le spalle. "La gente potrebbe parlare."
-"La gente parlerà sempre." Disse il moro, capendo che cosa l'uomo intendesse. "Nessuno può impedirlo."
-"Questo è vero." Annuì Andrea. "Ma almeno potremmo evitare di dare loro motivi per farlo." Aggiunse. "Che cosa ne pensano i tuoi genitori?"
-"Mio padre spera che io mi diverta." Disse Benjamin. "A lui non importa della gente."
-"E tua madre?"
-"Preferirei non parlare di lei." Rispose, con tono duro, il più grande. "Comunque non è un problema nemmeno per lei."
-"Ma per me lo è." Controbatté Andrea. "Non voglio che la gente pensi cose sbagliate sul conto di mio figlio e anche sul mio conto."
-"E quali sarebbe queste cose sbagliate?" Domandò Benjamin e inarcò un sopracciglio.
-"Che sia omosessuale."
-"E questa sarebbe una cosa sbagliata secondo lei?"
-"Certo che lo è!" Esclamò Andrea. "Nessuno deve pensare una cosa del genere di mio figlio." Aggiunse. "Danneggerebbe tutta la famiglia."
-"Quindi, secondo lei, l'amore è un problema?" Replicò Benjamin. "Se suo figlio fosse omosessuale per lei sarebbe un problema?"
-"Per chi non lo sarebbe?" Rispose, come se fosse la risposta più ovvia del mondo, Andrea.
-"Per mio padre." Disse il moro. "E per chiunque ami i propri figli."
L'uomo inarcò un sopracciglio.
-"Stai dicendo che io non amo mio figlio?"
Benjamin ghignò e scosse la testa.
-"L'ha detto lei, non io." Rispose e si alzò dal divano.
-"Ma n-"
-"Le porteremo un souvenir da Courmayeur, non si preoccupi." Disse Benjamin, con tono derisorio. "Almeno avrà qualcosa da mostrare alla gente che parlerà."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora