45. Che cosa c'è tra te e Benjamin?

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-"Tu hai motivazioni per non vederlo?"
Il biondo sbuffò e si alzò dalla panchina.
-"Divertiti con lui." Disse il biondo. "Magari urtare le persone ti porta fortuna." Aggiunse e prese il suo zaino.
-"Federico." Sospirò il più grande e scosse la testa. "Puoi smetterla di essere così immaturo e parlare con me?"
-"Parla con Marco, io non ne ho voglia." Rispose Federico ed andò via.
Il più grande alzò gli occhi al cielo e sospirò rumorosamente.
-"Fè, dai, fermati." Disse il più grande, stanco di quella discussione ancora prima che iniziasse. "Possiamo, per una volta, parlare della situazione e discutere come una coppia normale?"
Federico, decisamente e visibilmente arrabbiato, si voltò verso di lui e digrignò i denti.
-"Te lo ripeto, vai a parlare con Marco se tanto ci tieni." Rispose. "Io non ho niente da dirti."
Il moro sbuffò e si alzò dalla panchina, lasciando lì il suo zaino.
-"Vuoi davvero litigare per questo motivo? Per Marco?"
-"Questo dovresti dirmelo tu, Benjamin."
-"Io non voglio litigare:" Rispose il ventiduenne. "E, soprattutto, non vedo alcun motivo per farlo." Aggiunse. "Non hai alcun motivo per essere geloso."
Il più piccolo sbuffò e scosse la testa.
-"Te lo ripeto, io non sono geloso proprio di nessuno e ancor meno di Marco."
-"A vederti, invece, sembrerebbe l'esatto opposto." Replicò il moro. "Che cosa ti infastidisce tanto? Che io abbia degli amici?" Aggiunse. "Che io parli con altre persone oltre che con te?"
-"Non dire stupidaggini." Rispose il più piccolo. "Sai bene che non è così."
-"Allora spiegami." Controbatté Benjamin. "Spiegami come stanno le cose." Aggiunse. "Se non si tratta di gelosia, allora di che cosa si tratta?"
-"Non voglio parlarne." Borbottò il biondo e incrociò le braccia al petto. "Non voglio parlare di niente, in realtà."
-"Invece dovrai parlarne." Rispose il più grande, con un tono che non ammetteva repliche. "Perché Marco non ti piace?"
-"Non ho mai detto che non mi piace."
-"È quello che sembra."
-"L'apparenza inganna, te l'ha mai detto nessuno?" Replicò, stizzito, Federico. "Neppure conosco quel ragazzo, come potrei dire che non mi piace?"
-"Allora perché ti sei comportato in quel modo con lui?" Gli chiese il moro. "Sei stato davvero freddo nei suoi confronti, a tratti anche maleducato."
-"Non è vero." Scosse la testa il più piccolo. "Mi sono presentato, sono stato educato."
-"Se non collabori perdiamo soltanto tempo." Replicò Benjamin. "Se vuoi dirmi che cosa, davvero, ti infastidisce possiamo anche chiarire, altrimenti è meglio chiudere qui la conversazione."
-"Finalmente l'hai capito." Disse il biondo e alzò gli occhi al cielo. "Non voglio parlarne."
-"Sei un bambino, lo sai?"
-"Lo so benissimo." Annuì Federico. "E adesso questo bambino se ne torna a casa." Aggiunse. "Ciao Benjamin, ci vediamo."

Federico preferì ignorare la voce del suo fidanzato che gli chiedeva di ritornare indietro e parlare con lui, era arrabbiato - o meglio era geloso, nonostante non volesse ammetterlo - con il più grande e non aveva alcuna intenzione di parlare ancora con lui. Il biondo sapeva benissimo di aver esagerato, di non avere reali motivazioni per avercela con lui eppure lo aveva infastidito che avesse portato Marco, un ragazzo appena conosciuto, ad un loro incontro; se solo il moro gli avesse presentato il ragazzo, che doveva ammettere gli sembrava fosse simpatico, in altre circostanze era certo che non si sarebbe infastidito così tanto.
"Stupido. Stupido Benjamin." Pensò Federico mentre entrava nella sua casa, particolarmente silenziosa ma sapeva non fosse vuota.
-"Sono a casa!" Gridò il più piccolo e chiuse la porta alle sue spalle, consapevole che da qualche parte nella casa ci fosse suo padre. Il ragazzo lasciò cadere lo zaino sul pavimento, si tolse il cappotto nero e si recò in salotto dove, come immaginava, trovò suo padre intento a digitare qualcosa sulla tastiera del suo laptop.
-"Come mai già sei a casa?" Gli chiese l'uomo, senza alzare lo sguardo dallo schermo.
-"Ciao anche a te." Rispose, sarcastico, il diciannovenne e si lasciò cadere sul divano. "Oggi non c'erano lezioni, il professore aveva degli impegni." Mentì il ragazzo. "Quindi sono tornato a casa."
Andrea alzò lo sguardo sul figlio e lo osservò per qualche momento.
-"E Benjamin?"
Il più piccolo aggrottò la fronte.
-"Benjamin cosa?" Replicò.
-"Non hai visto Benjamin oggi?" Gli domandò Andrea.
-"Da quando ti interessa chi vedo?" Controbatté il figlio e incrociò le braccia al petto. "In realtà non sai neppure chi siano i miei amici."
-"Non li conosco tutti, è vero." Annuì l'uomo e si tolse gli occhiali che usava soltanto quando scriveva al computer. "Ma conosco Benjamin." Aggiunse. "E so anche che passate tanto tempo insieme."
-"E allora?"
-"E allora nulla." Disse Andrea e scrollò le spalle. "Volevo soltanto sapere se lo avessi visto, nulla di più." Aggiunse. "Mi rimproveri sempre che non mi interesso della tua vita, ma quando lo faccio sembra ti infastidisca."
"Perché oggi tutti credono di sapere che cosa mi infastidisca?" Si chiese il più piccolo e sbuffò.
-"Non sono infastidito." Rispose, con un tono che avrebbe lasciato pensare l'esatto opposto. "Soltanto non me l'aspettavo." Aggiunse. "E, in più, non so mai se mi chiedi delle cose per semplice interesse paterno o per rimproverarmi."
-"Non voglio rimproverarti, stai tranquillo." Disse Andrea e si alzò per raggiungere il figlio. "Ma, in effetti, c'è una domanda che vorrei farti." Aggiunse e si appoggiò alla poltrona davanti al figlio.
-"Dimmi pure." Rispose il biondo, nonostante non avesse alcuna voglia di conversare con suo padre.
L'uomo, dai capelli neri e gli occhi tanto simili a quelli del figlio, sembrò indugiare per qualche momento perdendo la sua solita maschera da uomo impassibile e privo di insicurezze.
-"Allora?" Lo incitò a parlare il più piccolo, desideroso di mettere fine a quella conversazione e chiudersi nella sua stanza.
Andrea prese un respiro profondo e strinse un po' più forte il tessuto della poltrona.
-"Che cosa c'è tra te e Benjamin?" Chiese Andrea tutto d'un fiato, quasi come se sperasse che il figlio non sentisse quella domanda e, di conseguenza, non ascoltare una risposta che non gli sarebbe piaciuta. Federico, invece, sentì perfettamente che cosa suo padre gli avesse chiesto e faticò a trattenersi dall'esternare le sue emozioni e fingere di essere impassibile.
-"P- perché me lo c- chiedi?" Replicò, con voce tremante e le mani che iniziavano a sudare nonostante fuori si gelasse.
-"Per favore rispondimi."
-"È un mio amico." Sussurrò il biondo e abbassò leggermente lo sguardo. "Benjamin è s- soltanto un amico..."
Nonostante fosse evidente l'incertezza del minore Andrea sembrò sollevato.
-"Grazie al cielo." Sospirò sollevato.
-"Perché me l'hai chiesto?" Gli chiese il minore.
-"Nulla, Federico." Sorrise Andrea. "Volevo soltanto sentirtelo dire." Aggiunse. "Adesso vai a studiare, ci vediamo a pranzo."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora