20. Dobbiamo parlare.

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-"Per favore, resta."
Federico sospirò e allacciò le braccia al collo del compagno.
-"Solo un po' però."
Benjamin annuì e gli baciò la punta del naso.
-"Solo un po'."
Quel solo un po' si trasformò in ore intere passate a rotolarsi tra le lenzuola color indaco del letto del più grande a scambiarsi baci e occhiate che rendevano superflue qualsiasi parola. I loro corpi sembravano essere incatenati, attratti come due calamite, e non volevano saperne di staccarsi e ancora meno le loro labbra. Dalla sera precedente Benjamin e Federico avevano scoperto di non poter evitare di baciarsi per più di una manciata di minuti.
Federico finì per restare chiuso in quella camera con Benjamin, mentre fuori di loro il mondo continuava ad esistere inconsapevolmente di quanto succedeva tra di loro, fino all'ora di pranzo inoltrata e a risvegliarli da quel meraviglioso sogno fu Alessio, il padre del moro, che bussava alla porta della camera del figlio.
-"Benjamin sei in camera?" La voce di Alessio, incosciente di quanto stava accadendo nella stanza del figlio, fece sobbalzare i due.
-"È t- tuo padre?" Balbettò il diciannovenne sbiancato improvvisamente.
Il moro annuì e gli accarezzò la schiena.
-"Tranquillo." Gli sussurrò e gli baciò la fronte. "Sì, papà sono in camera!" Esclamò il moro in risposta a suo padre.
-"Posso entrare?" Domandò Alessio e abbassò la maniglia della porta facendo irrigidire il più piccolo.
-"Papà no!" Gridò il più grande e strinse tra le sue braccia il minore che, a sua volta, nascose la testa nell'incavo del collo del ventiduenne.
-"Benjamin, sono tuo padre, se anche fossi nudo non mi crea problemi." Disse, ironico, suo padre e lasciò andare la maniglia della porta.
-"Non s- sono nudo..."
-"E allora qual è il problema?"
-"Beh, d- diciamo che non s- sono da solo..." Balbettò Benjamin e guardò il ragazzo al suo fianco.
Dall'altro lato della porta si propagò una fragorosa risata e il moro, conoscendo suo padre, immaginò stesse scuotendo la testa divertito.
-"Capisco, capisco." Disse Alessio. "Allora vado via, non voglio disturbarvi." Aggiunse.
-"Grazie." Borbottò, imbarazzato, il moro.
-"Comunque, se volete, il pranzo è pronto!" Esclamò l'uomo. "Prometto di non fare domande imbarazzanti!" Aggiunse, ridendo, e si allontanò.
Non appena i due ragazzi sentirono i passi di Alessio allontanarsi sospirarono sollevati e il più piccolo, che aveva temuto il peggio, appoggiò la testa sul petto del maggiore.
-"Che figuraccia." Piagnucolò il minore.
Il più grande ridacchiò e gli accarezzò la testa.
-"Tranquillo, non hai fatto nessuna figuraccia."
-"Invece sì." Controbatté Federico e sospirò rumorosamente. "Adesso penserà delle cose bruttissime di me."
-"Ti assicuro che non sarà così." Disse il moro e gli baciò la fronte. "Mio padre non giudica tanto facilmente le persone e a lui basta sapere che io sono felice."
-"E tu sei felice?" Gli domandò il più piccolo e si allontanò un po' per guardarlo meglio.
-"Mai stato più felice." Sussurrò Benjamin per poi far unire le loro labbra nell'ennesimo bacio di quella giornata.

-"Io devo andare." Disse Federico, dopo aver trovato la forza di volontà necessaria per smettere di baciare il maggiore che, nel frattempo, si era sdraiato su di lui. "È tardi."
Il moro arricciò il naso e scosse la testa.
-"Mi hai promesso che saresti restato ancora un po'."
-"Te l'ho promesso ore fa, Benjamin." Ridacchiò il diciannovenne. "E adesso è davvero tardi." Aggiunse. "Se solo prendessi il cellulare sono certo che troverei decine e decine di telefonate dei miei genitori."
-"Magari." Iniziò a parlare il moro e si sistemò meglio tra le gambe del più piccolo. "Potresti prendere il tuo cellulare, ignorare le chiamate che sicuramente troverai e inviare un messaggio ai tuoi genitori in cui li avvisi che oggi non tornerai a casa." Disse il moro e accarezzò il fianco del ragazzo sotto di lui. "Che ne pensi?" Gli chiese.
Il più piccolo sorrise e scosse la testa.
-"Penso che tu non conosci mio padre." Rispose il più piccolo. "Mi metterebbe in punizione a vita e non potrei vederti per delle settimane, se non per mesi."
-"Potrei venire a salvarti dalla tua prigionia, come il principe di raperonzolo."
-"Il principe di raperonzolo, però, non aveva avuto a che fare con delle guardie e il padre della principessa." Ridacchiò il minore e poggiò le mani sulle braccia di Benjamin. "Devo davvero andare."
Benjamin sospirò rumorosamente e si mise a sedere a gambe incrociate sul letto.
-"E va bene, ti lascio andare." Disse Benjamin. "Ma non prima di aver parlato."
-"Parlato?"
-"Dobbiamo parlare."
-"Di che cosa dobbiamo parlare?" Gli domandò il biondo e si sedette accanto a lui.
-"Di quello che è successo questa notte e anche adesso." Rispose il più grande.
-"Intendi del bacio? O meglio dei tanti baci?"
Il più grande si morse il labbro inferiore e annuì.
-"Non credo ci sia molto di cui parlare a dire il vero." Disse Federico. "A me sembra tutto molto chiaro."
-"Che cosa hanno significato per te, Federico?" Gli chiese il moro, mettendo da parte la sua solita ironia e la voglia che aveva di riprendere a baciare il più piccolo. "E, per favore, sii onesto con me."
Il più piccolo sorrise e allungò una mano per sfiorare il ginocchio nudo del ventiduenne.
-"Per me hanno significato ciò che hanno significato per te." Rispose il più piccolo e gli strinse il ginocchio. "Volevo quel bacio, e anche tutti gli altri, tanto quanto te. Volevo uscire con te, volevo e voglio che succeda qualcosa tra di noi."
-"Quindi..." Sussurrò Benjamin. "Quindi non sei pentito?" Gli domandò e abbassò lo sguardo sulla mano di Federico ferma sul suo ginocchio.
Il biondo sorrise intenerito nel vedere quel lato di Benjamin tanto fragile e, delicatamente, si avvicinò a lui.
-"Ti sembro una persona che si è pentita?" Replicò il biondo e si sedette a cavalcioni sul più grande, nonostante non fosse una posizione molto comoda date le gambe incrociate del ventiduenne. "Perché in quel caso, ti assicuro, è il contrario."
Il più grande gli strinse i fianchi tra le mani e poggiò la testa sulla spalla, per poi ispirare profondamente il suo profumo che si era fuso con quello delle sue lenzuola.
-"Avevo paura ti fossi pentito." Sussurrò il più grande e chiuse gli occhi. "Se ti fossi pentito non so come avrei reagito." Ammise. "Di sicuro ci sarei rimasto malissimo."
Federico gli baciò la fronte.
-"Non mi pentirò mai di quello che è successo questa notte." Disse Federico. "E neppure di quello che succederà in futuro."
-"Vuoi che succeda qualcosa in futuro tra di noi?" Gli domandò il moro e strusciò la punta del naso contro il collo del minore.
-"Voglio poterti vivere, Benjamin." Rispose il più piccolo. "Voglio conoscerti meglio, entrare nella tua vita e lasciarti entrare nella mia." Aggiunse. "Voglio che tra di noi succeda qualcosa di bello, di importante."
Benjamin sorrise contro il collo del più piccolo e lo strinse un po' più forte.
-"Succederà." Disse Benjamin. "Sono certo che succederà."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora