Parlare con Marco aveva risolto molti meno dubbi di quanto il più piccolo sperasse prima di arrivare da lui, quando lasciò la casa del ragazzo dai capelli ricci non poté fare a meno di chiedersi che cosa lo avesse spinto a compiere un gesto che, sapeva, non avrebbe risolto nulla.
"Speravi di trovarci Benjamin, è ovvio." Gli ricordò la solita vocina nella sua testa, facendolo sospirare.
Una parte di lui, neppure tanto piccola, aveva sperato fino all'ultimo momento di incontrare il moro e poter parlare di quanto successo, nonostante non sapesse bene che cosa dirgli. Avrebbe dovuto scusarsi per il suo comportamento o per quello di suo padre? Avrebbe dovuto scusarsi per non amarlo?
Le domande che affollavano la testa del minore, se possibile, si erano triplicate accentuando quel mal di testa che lo accompagnava da quando aveva aperto gli occhi quella mattina. Marco con lui era stato chiaro, più di quanto effettivamente Federico volesse, gli aveva detto di aver perso Benjamin e che non avrebbe potuto far molto per riconquistare la sua fiducia, lo aveva ferito e il moro non sembrava disposto a dimenticare la questione tanto facilmente.
"Non ne faccio mai nessuna buona." Pensò Federico e sospirò, mentre si dirigeva verso la fermata degli autobus nella speranza di non dover attendere troppo tempo. "Ho perso l'unica persona disposta a fare di tutto per me, l'unico che è stato in grado di rendermi davvero felice."
L'idea di aver perso Benjamin - ribadita più e più volte dal riccio - lo faceva sentir male, lo stomaco gli si era rivoltato e sentiva le gambe più deboli del solito, mentre la sua testa gli doleva e gli girava incredibilmente.
"È finita." Si disse, ma lo era davvero?Federico fece ritorno a casa circa due ore dopo aver lasciato la casa di Marco, rinunciando ancora una volta a prendere l'autobus e preferendo fare un giro per la città nella speranza che servisse a schiarirgli le idee ma così non fu. Roma, ormai, gli sembrava piena di ricordi di momenti condivisi con il moro, che fossero semplici passeggiate o baci rubati in qualche strada buia lontano da occhi indiscreti. Passeggiare per quella città che aveva sempre amato, quel giorno, fu per lui un colpo allo stomaco che lo costrinse a rintanarsi in una di quelle strade buie per poi scoppiare a piangere.
-"Sono tornato." Borbottò Federico, con la voce roca e gli occhi arrossati, non appena rientrò in casa. Il ragazzo si alzò il cappuccio nero della felpa sulla testa, sperando che potesse bastare per evitare che i suoi genitori lo vedessero in quelle condizioni, per poi percorrere velocemente il tragitto che lo separava dalle scale.
-"Tuo padre non c'è." Disse Vanessa, intenta a sfogliare una rivista, non appena lo vide passare. "Puoi anche toglierti il cappuccio, sai che non servirà a niente nascondermi le cose." Aggiunse. "Hai pianto?" Gli domandò, nonostante conoscesse benissimo la risposta.
Il minore sospirò e si voltò verso la madre.
-"Si nota tanto?" Replicò e andò a sedersi accanto a lei.
La donna abbozzò un sorriso e scosse la testa.
-"Non tanto." Rispose. "Ma ti conosco, so quando stai male anche quando cerchi di nasconderlo." Aggiunse. "E adesso stai davvero tanto male, non è così?"
Il biondo annuì e poggiò la testa sullo schienale del divano.
-"Credo di non essere mai stato peggio."
-"Sei andato da Benjamin?" Gli domandò Vanessa, usando un tono di voce più dolce, e allungò una mano per accarezzargli la fronte.
Il più piccolo scosse la testa.
-"Da Marco." Disse. "È un amico di Benjamin e abita vicino a lui."
-"E perché sei andato da questo ragazzo?"
-"Ero certo che Benjamin avesse parlato con lui e volevo avere sue notizie." Spiegò il più piccolo. "E un po' perché speravo di incontrarlo." Ammise e sospirò.
-"Non era più facile andare direttamente da lui?" Replicò la donna e inclinò la testa da un lato.
-"A dirgli che cosa?" Controbatté il biondo. "Cosa avrei dovuto dirgli? Che mi manca, che mi dispiace ma che non lo amo e non sono disposto a dire la verità a papà?" Continuò. "Avrei soltanto peggiorato le cose."
Vanessa arricciò le labbra struccate.
-"In effetti, è vero." Rispose. "E questo Marco ti ha detto ciò che volevi sapere?"
-"Mi ha detto che sta male."
-"Questo però te l'aspettavi, no?"
-"Sì, ovvio." Annuì Federico. "Mi ha anche detto che sta cercando di non pensarmi ma è impossibile, non riesce neppure a concentrarsi sullo studio e tra poco avrà un esame." Aggiunse. "Sta malissimo ed è soltanto colpa mia. Vorrei poter fare qualcosa per lui."
-"Sai bene che puoi fare qualcosa." Replicò la madre. "Ma è l'unica cosa che non vuoi fare."
Il diciannovenne sospirò e scosse la testa.
-"Tu sai bene, anche meglio di me, com'è fatto papà." Disse. "Sai che non posso farlo, sarebbe come firmare la mia condanna a morte."
-"Non lo accetterà, è vero, ma non puoi farti condizionare da questo." Replicò Vanessa. "Non puoi pagare tu per la sua mentalità chiusa."
-"Ma lo farò in ogni caso." Controbatté il minore. "In ogni caso chi avrà la peggio sono io." Aggiunse. "Adesso la sua avendo Benjamin, è vero, ma prima o poi papà si stancherà e lo lascerà in pace ma con me non si stancherà mai." Continuò. "Non si stancherà mai di rendermi la vita un inferno e lo sai bene."
-"Tu hai paura di lui, lo capisco, ma dimentichi che c'è qualcosa di cui anche tuo padre ha paura." Disse Vanessa. "Tuo padre non è invincibile, è un uomo come tanti altri solo con un po' più di potere ma ha anche le sue paure e le sue debolezze."
-"Allora le nasconde bene." Borbottò il minore. "A me sembra sia alieno, non trasmette mai emozioni se non la rabbia."
-"Invece ti sbagli." Rispose la donna. "Lui ha paura, proprio come te, e sarà proprio questa paura ad aiutarti."
-"Che cosa intendi dire?" Replicò Federico e aggrottò la fronte. "E di che cosa ha paura la gente?"
-"Lui non è il mostro che credi, in realtà a lui non cambierebbe niente sapere che sei omosessuale ma ha paura di quello che la gente potrebbe pensare." Disse Vanessa. "Ha paura che per la gente cambi qualcosa, non per lui." Aggiunse. "Lui ha cambiato il suo modo di essere per entrare in questo mondo fatto di lusso e apparenze e ne è rimasto intrappolato, non riesce più ad uscire ma questo potrebbe essere usato a tuo favore."
-"Non riesco a capire ciò che intendi." Rispose il più piccolo, non riuscendo a capire il discorso della madre.
-"Se anche tu glielo dicessi lui non ti caccerebbe mai di casa, perché dovrebbe dare troppe spiegazioni a troppe persone." Disse Vanessa. "In casa potrebbe non parlarti o dirtene di tutti i colori ma avresti me, mentre fuori casa sarai libero di essere chi vuoi e senza più preoccupazioni." Aggiunse. "Pensaci Federico, non sarebbe poi così male, non ti pare?"
STAI LEGGENDO
Lettere dal passato. || Fenji.
Fanfiction«2050, sono passati trent'anni da quando Federico ha spedito una lettera che ha cambiato per sempre la sua vita. Trent'anni da quando due opposti hanno trovato il modo di essere simili. Che cosa sarà successo in così tanti anni? Quella lettera sarà...