17. Mi dispiace.

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-"Federico, per favore, dai ascolto a tuo padre." Disse Vanessa. "Potrai uscire con i tuoi amici domani sera."
-"Ma mamma..." Sussurrò Federico.
Andrea sorrise soddisfatto delle parole della moglie.
-"Allora è deciso, questa sera resterai qui."
-"Per favore." Sussurrò il minore. "Per favore, solo per questa sera." Li supplicò il minore. "Non vi ho mai chiesto nulla, non sono mai mancato a nessun evento ma, vi prego, questa sera devo uscire."
Federico sperava che le sue parole e i suoi occhi lucidi potessero convincere i suoi genitori, e in particolare suo padre, a lasciarlo libero per quella sera e dargli la possibilità di incontrare Benjamin per il loro primo appuntamento. Il minore non se la sentiva di disdire tutto, il più grande sembrava essere tanto entusiasta per il loro incontro di quella sera, gli aveva più volte chiesto se fosse sicuro di voler uscire con lui e Federico non voleva rovinare tutto soltanto per una cena con dei colleghi di suo padre.
-"Ultimamente non fai altro che stare fuori casa e non sappiamo neppure con chi." Replicò Andrea. "Questa sera resterai con noi e ci farai fare una bella figura durante la cena."
-"Papà, per favore." Lo supplicò Federico sul punto di scoppiare a piangere. "È importante per me."
-"E la cena è importante per me." Controbatté l'uomo. "E questa sera si farà quello che voglio io, che ti piaccia o no." Aggiunse. "E ora vai in camera tua a studiare, non voglio più parlare della questione."

«Mi dispiace ma purtroppo questa sera non potremo uscire, mio padre ha invitato dei colleghi a cena e vuole che io sia presente. Mi dispiace tantissimo ma, ti giuro, usciremo il prima possibile.» Recitava il messaggio che il maggiore, da poco tornato a casa sua e sdraiato sul letto con un radioso sorriso che andava da un orecchio all'altro, aveva ricevuto e che in pochi istanti aveva distrutto tutta la sua felicità e il suo sorriso si spense del tutto.
«Stai scherzando?» Digitò in risposta il moro pigiando nervosamente sui tasti virtuali del suo cellulare quasi scarico. Benjamin sperava in una risposta positiva, in una fragorosa risata del più piccolo che voleva soltanto prenderlo in giro per smorzare la tensione per la serata.
La risposta del diciannovenne non tardò ad arrivare e distrusse, del tutto, le speranze del più grande di uscire con il ragazzo quella sera.
«Mi dispiace, Benjamin, tantissimo ma non dipende da me. Scusami.»
-"Dannazione!" Esclamò Benjamin e scaraventò, con una certa rabbia, il suo cellulare sul letto.
Il moro era decisamente arrabbiato, deluso, per il comportamento del più piccolo che non aveva perso occasione per tirarsi indietro.
"Avrei dovuto capire subito che non voleva uscire con me." Pensò Benjamin e scosse la testa. Federico, in un primo momento, si era mostrato titubante nell'accettare un appuntamento con lui, incerto di ciò che sarebbe potuto succedere, ma Benjamin pensava di averlo convinto e per un po' gli era anche sembrato felice di poter iniziare qualcosa di nuovo insieme ma, secondo lui, doveva essersi sbagliato.
La vibrazione del suo cellulare gli segnalò l'arrivo di un nuovo messaggio, il ragazzo si voltò per leggerlo ma non si prese neppure la briga di rispondere.
«Sei arrabbiato?» Gli aveva chiesto il moro ma, questo, si limitò a visualizzare senza rispondere.
Sì, era arrabbiato.

Benjamin aveva passato l'intera serata ad ignorare i continui messaggi che il più piccolo gli inviava per scusarsi della mancata uscita, ribadendo più volte che non fosse dipeso da lui ma da suo padre e dalla stupida cena a cui era stato costretto a partecipare. Il moro, però, non voleva saperne di rispondergli e credere a quella che a lui sembrava soltanto una grossa bugia per nascondere la verità: Federico non voleva intraprendere una relazione, che andasse oltre la semplice amicizia, con lui.

-"Sei sicuro di star bene?" Domandò Alessio, per la terza volta in circa dieci minuti, al figlio mentre lo osservava torturare i suoi cereali al cioccolato nel latte. "Non hai un bell'aspetto."
-"Sono brutto, me ne farò una ragione." Borbottò il moro.
Il padre sospirò e prese un biscotto al cioccolato.
-"Sai che non intendo dire che sei brutto." Replicò il padre. "È successo qualcosa? E non negarlo, lo vedo che sei nervoso."
-"Se hai già una risposta perché me lo chiedi?" Controbatté Benjamin e smise di torturare i suoi cereali. "Io vado all'università." Aggiunse e si alzò dalla sedia.
-"Ma non hai neppure fatto colazione."
-"Non ho fame." Replicò Benjamin. "Ci vediamo oggi pomeriggio, ciao."

-"Benjamin!" Gridò Federico mentre tentava, quasi inutilmente, di correre dietro il moro appena arrivato in facoltà e che lo stava, senza troppi problemi e senza sforzarsi di nasconderlo, ignorando. "Benjamin per favore, fermati!"
Il biondo quel giorno, un mercoledì come tanti di metà ottobre abbastanza ventoso, aveva deciso di andare all'università nonostante non avesse lezioni soltanto per poter incontrare il moro, che invece aveva due lezioni, e dirgli a voce quelle spiegazioni che aveva ignorato tramite messaggio. Il ragazzo aveva atteso circa un'ora prima che questo arrivasse e, incurante della decina di studenti che parlottava in punti diversi dell'ingresso, gli corse incontro per parlargli ma il moro non lo degnò neppure di uno sguardo.
-"Benjamin, per favore, dobbiamo parlare!" Continuò a gridare il minore, attirando su di sé gli sguardi dei pochi presenti. "Se non ti fermi continuerò a seguirti e gridare tutto ciò che ho da dire, vuoi che tutti sappiamo gli affari nostri?!" Gridò il minore nella speranza che l'altro si fermasse.
Benjamin sbuffò sonoramente e si voltò, con il volto piegato in una smorfia di rabbia, verso il più piccolo.
-"Vieni con me, hai già dato abbastanza spettacolo." Disse Benjamin e si incamminò verso una zona meno esposta del cortile. "Hai cinque minuti." Aggiunse poco dopo.
-"Sei arrabbiato con me?" Gli domandò Federico.
-"No, Federico, io ignoro le persone per puro divertimento." Rispose, sarcastico, il ventiduenne e incrociò le braccia al petto.
Federico sospirò.
-"Mi dispiace per ieri ma, te lo giuro, ho fatto tutto il possibile per uscire con te." Disse Federico. "Mio padre mi ha costretto a partecipare alla cena ma io non volevo, te l'assicuro. Ho fatto di tutto per convincerlo a lasciarmi uscire ma non ha voluto sentire ragione." Spiegò. "Mi dispiace tantissimo." Concluse.
Il moro si concesse qualche secondo per osservare il volto del compagno, cercare di capire se fosse sincero o meno, e subito dopo scosse la testa.
-"Sei sincero?" Gli chiese il moro.
-"Posso giurartelo su quello che vuoi, non ho problemi."
Il moro abbozzò un sorriso e si avvicinò a lui.
-"Non servirà farlo." Replicò il ventiduenne. "Scusa per essere stato tanto duro con te."
-"Non devi scusarti, se mi fossi trovati al tuo posto probabilmente avrei reagito anche peggio." Rispose il più piccolo. "Permettimi, però, di farmi perdonare."
Benjamin si mordicchiò il labbro inferiore e inclinò la testa da un lato.
-"E che cosa vorresti fare per farti perdonare?" Gli chiese e allungò una mano per cingergli i fianchi.
-"Esci con me questa sera." Disse Federico. "Esci con me e ti porterò a vedere uno spettacolo."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora