71. Ultima possibilità.

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Federico non riusciva a credere che il più grande gli avesse davvero concesso due settimane per ritornare da lui e chiarire quanto successo, non riusciva a credere neppure che sua madre gli avesse davvero chiesto una cosa del genere pensando di fargli un favore.
Il biondo non voleva sentirsi costretto a fare qualcosa, non voleva avere dei limiti temporali; sapeva benissimo che il moro non lo avrebbe aspettato per sempre, del resto lui non gli avrebbe mai chiesto una cosa del genere, ma non aveva alcuna intenzione di contattarlo o andare da lui soltanto perché glielo aveva imposto.
Federico, in quel momento, aveva bisogno di stare da solo per poter pensare con lucidità a quanto stava succedendo, a come porre rimedio a quella situazione e anche se valesse o meno la pena riprendere la sua relazione con il maggiore.
In pochi giorni il ragazzo aveva visto la sua vita cambiare, stravolgersi, e la sua tranquillità ridursi in un cumulo di macerie e non sapeva che cosa sarebbe successo. Il problema principale del ragazzo, in quel momento, era capire che cosa suo padre pensasse di lui e che cosa avesse intenzione di fare, il più piccolo non poteva permettere che altre persone soffrissero a causa sua.
Federico avrebbe anche osato dire che, in quel periodo, il suo ultimo pensiero era proprio Benjamin. In quel momento il moro non era una sua priorità.

I quattordici giorni erano trascorsi abbastanza tranquillamente per il più piccolo, la situazione in casa sembrava non essere tanto diversa dalla solita. Andrea non aveva parlato della questione, anzi sembrava essersene dimenticato e trattava il figlio normalmente, con il solito affettuoso distacco, nessuno aveva pronunciato il nome di Benjamin e le cose sembravano andare stranamente bene.
Federico, però, sapeva benissimo che niente stesse andando bene e che prima o poi avrebbe dovuto parlare con suo padre e dirgli che la sua non era soltanto una fase, non era per Benjamin, e che lui avrebbe dovuto accettarlo.
Vanessa non era d'accordo con il comportamento del figlio, non le piaceva che Federico stesse fingendo di aver dimenticato Benjamin soltanto per compiacere suo padre, e non perdeva occasione per farlo notare al biondo che ignorava le sue parole.

Quel giorno, il 21 gennaio e il quattordicesimo dei giorni decisi dal moro, Federico si alzò decisamente di buonumore e speranzoso che tutto sarebbe andato per il meglio; con il sorriso stampato sulle labbra scese al piano inferiore e, in salotto, trovò soltanto sua madre intenta a fare colazione e gli sembrava essere abbastanza pensierosa.
-"Buongiorno." Disse allegro il diciannovenne. "Papà non c'è?" Domandò e si sedette al suo solito posto.
Vanessa, che stava reggendo una fetta biscottata con la marmellata di albicocche, scosse la testa.
-"È uscito molto presto, ha un incontro di lavoro dall'altra parte di Roma." Rispose. "Tornerà questa sera." Aggiunse.
-"Va bene." Replicò il ragazzo e si versò del latte. "Tu hai impegni per oggi?"
La donna annuì e poggiò nel piatto la fetta biscottata ancora intatta.
-"Più tardi uscirò per delle commissioni e nel pomeriggio incontrerò delle mie amiche." Spiegò la donna, per poi scrutare attentamente il figlio. "E tu invece?" Domandò.
Federico scrollò le spalle.
-"Passerò la giornata a studiare. In questo periodo non ho studiato molto." Rispose Federico. "E questa sera credo che uscirò, ho bisogno di un po' d'aria."
Vanessa aggrottò la fronte e si leccò le labbra.
-"Federico." Lo chiamò e strinse la sua tazza azzurra e bianca contenente del tè verde. "Ricordi che giorno è oggi?"
Federico strabuzzò gli occhi e prese una confezione di biscotti.
-"Che cosa?"
-"Oggi è il 21 gennaio." Disse Vanessa. "Sono passati quattordici giorni."
Il più piccolo spalancò la bocca e osservò, per qualche momento, la madre interdetto. Il ragazzo si era totalmente dimenticato di che giorno fosse, preso dalle sue cose aveva persino dimenticato l'assurdità delle due settimane, e soprattutto aveva dimenticato fosse il compleanno di Benjamin.
-"È il suo compleanno." Sussurrò il più piccolo e non poté fare a meno di ricordare quando, durante la loro vacanza, stretto tra le braccia del moro fantasticavano riguardo a ciò che avrebbero fatto al compleanno di Benjamin.
-"Ed è l'ultima possibilità che hai per ritornare con lui." Replicò la madre. "Hai pensato a che cosa vuoi fare?"
Il minore scosse la testa e assunse un'espressione che non lasciava decifrare le sue emozioni.
-"No."
-"No?"
-"Non ho pensato a nulla." Rispose Federico. "Non tornerò da lui soltanto perché il tempo è finito." Aggiunse. "Ho ancora troppe questioni da risolvere e non è in queste condizioni che voglio che la nostra relazione ricominci."
-"Questo posso capirlo." Annuì Vanessa. "Ma non si tratta di tornare subito insieme, ma soltanto di darvi una seconda possibilità." Aggiunse. "Ma, adesso, mi viene spontaneo farti una domanda."
-"Quale?"
-"Tu vuoi dare una seconda possibilità alla vostra relazione?"

Il programma di Federico di passare la giornata a studiare si rovinò ben presto, il ragazzo passò il pomeriggio a cercare di dimenticare che significato avesse quel giorno.
"Dovrei fargli gli auguri?" Continuava a domandarsi il più piccolo, consapevole che per Benjamin non sarebbero stati soltanto dei semplici auguri ma gli avrebbe dato delle false speranze.
Se qualcuno avesse chiesto a Federico come si fosse ritrovato, alle undici e mezzo di sera, in una discoteca al centro di Roma con una bottiglia di tequila in una mano e un Cosmopolitan nell'altra a ballare mentre lasciava che altre persone lo osservassero e che qualcuno gli si avvicinasse anche.
Le luci blu e viola della discoteca, frequentata per lo più da ragazzi poco più grandi del biondo, colpivano gli occhi arrossati del minore costringendolo continuamente a chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalla musica. La mente del minore era vuota eppure così incredibilmente piena da non lasciare spazio per pensare a nulla. Benjamin era solo un ricordo lontano, suo padre non era un problema e quanto stava succedendo nella sua vita era affogato nei drink che, il minore, aveva già bevuto.
-"Ciao dolcezza." Una voce calda, sensuale, attirò l'attenzione del minore e poco dopo sentì delle mani grandi e forti stringergli i fianchi. Mani così diverse da quelle di Benjamin. "Che cosa ci fai a ballare qui tutto solo?"
Federico, un po' a fatica, aprì gli occhi e bevve un po' di tequila per poi squadrare il ragazzo che aveva addosso. I capelli erano corti, quasi rasati a zero, e scuri, gli occhi verdi sembravano brillare nonostante le luci colorate e le labbra carnose e schiuse erano per Federico un invito che, in quel momento, non si sentiva di rifiutare.
-"Chi ti dice che io sia solo?" Replicò Federico, pronunciando con poca chiarezza le parole per via dell'alcool, e si umettò le labbra con la lingua.
Lo sconosciuto ghignò e strinse più forte i fianchi del minore, per poi strusciarsi contro di lui.
-"Se fossi qui con il tuo fidanzato dubito che ti avrebbe lasciato ballare in questo modo davanti a tutti." Replicò e mordicchiò il lobo dell'orecchio del minore.
-"Non sto facendo nulla di male." Borbottò il più piccolo e, in un solo sorso, bevve il suo drink per poi lasciar cadere sul pavimento il bicchiere in plastica ancora pieno di ghiaccio. "E se non fosse un tipo geloso?"
-"Allora deve essere davvero uno stupido." Rispose lo sconosciuto. "Io sono Davide." Aggiunse e spostò una mano sul sedere del minore, che non si sottrasse al tocco dello sconosciuto ma anzi gli strinse i bicipiti ben sviluppati.
-"Stretta di mano insolita." Ridacchiò il biondo. "Io sono Federico."
-"Bel nome." Sussurrò Davide e gli diede un leggero morso sul collo. "Serata un po' noiosa, non trovi?" Aggiunse e il minore scrollò le spalle. "Ma magari potremmo renderla più divertente."
Il più piccolo ghignò e indietreggiò per guardare lo sconosciuto negli occhi.
-"Che cosa hai in mente, Davide?" Domandò e si mordicchiò il labbro inferiore.
-"Ho l'auto poco distante da qui." Rispose il ragazzo e toccò le labbra del minore con un dito. "In un parcheggio abbastanza tranquillo." Aggiunse e si avvicinò per mordere il labbro inferiore del biondo. "Ti va?"
Federico non se lo fece ripetere due volte, prese il volto - ruvido al tatto per colpa della leggera peluria - dello sconosciuto tra le mani e lo baciò. Fu un bacio veloce, insignificante, ma anche una tacita risposta a quella domanda.
-"Mi va."

Nel piccolo abitacolo buio, lontano da occhi indiscreti e da qualsiasi sorta di problemi, i gemiti riecheggiavano mentre due corpi estranei si fondevano in una sola cosa, mentre Federico si concedeva di dimenticare tutto tra delle braccia che mai avrebbero fatto parte della sua vita. Mentre Federico dimenticava Benjamin, il suo cellulare, gettato da qualche parte insieme ai suoi pantaloni, vibrava freneticamente offrendo al minore un'ultima possibilità di essere felice. L'avrebbe colta?

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora