43. Marco.

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-"Stai dicendo che io non amo mio figlio?"
Benjamin ghignò e scosse la testa.
-"L'ha detto lei, non io." Rispose e si alzò dal divano.
-"Ma n-"
-"Le porteremo un souvenir da Courmayeur, non si preoccupi." Disse Benjamin, con tono derisorio. "Almeno avrà qualcosa da mostrare alla gente che parlerà."
Andrea restò a bocca aperta dopo le parole del maggiore, strabuzzò gli occhi più volte e tentò di replicare a quelle parole che lo avevano sorpreso ma l'espressione divertita del più grande glielo impedì.
-"Ho visto delle mosche in giro." Disse il moro, con l'aria di chi sapeva benissimo di avere la situazione in pugno e che non si sarebbe arreso davanti a nessuno. "Le consiglio di chiudere la bocca, non si sa mai." Aggiunse, si incamminò verso la cucina me venne bloccato dal più piccolo e da sua madre che stavano tornando carichi di vassoi pieni di dolci e altri cibarie.
-"Va tutto bene?" Gli domandò il più piccolo non appena vide il fidanzato. "È successo qualcosa con papà?"
-"Vi aspetto in sala." Si intromise Vanessa e superò i due ragazzi per raggiungere il marito, ancora turbato dalla conversazione con il moro.
-"Va tutto benissimo." Sorrise, a dir poco raggiante, il moro. "E con tuo padre è andato tutto benissimo." Aggiunse.
-"Ne sei sicuro?" Replicò il diciannovenne e si sporse in avanti per guardare suo padre. "Lui non mi sembra stia tanto bene." Aggiunse. "Avete discusso?"
-"Diciamo che gli ho fatto capire di non essere una persona a cui piace piegarsi davanti agli altri, per così dire." Disse Benjamin e scrollò le spalle.
-"Dimmi che cosa ti ha detto." Rispose il biondo, preoccupato che il suo fidanzato avesse fatto qualcosa di cui lui avrebbe pagato le conseguenze.
-"Rilassati." Replicò il più grande. "Va tutto bene, non devi preoccuparti di nulla." Aggiunse e, velocemente, gli diede un bacio a stampo. "Ora andiamo di là."

Mancavano cinque giorni a Natale eppure a Roma sembrava fosse già arrivato, tra le strade della città eterna Federico riusciva a respirare a pieni polmoni l'aria natalizia che da sempre lo rendeva felice. In quei giorni il più piccolo non perdeva occasione per passare del tempo in città, seduto ad un bar immerso tra i suoi mille appunti e quelli del moro che, nonostante finisse per lamentarsi per il freddo ogni volta, gli faceva sempre compagnia. A differenza del più piccolo, Benjamin, non amava particolarmente il Natale, gli piaceva ma non lo faceva impazzire, eppure non si era mai rifiutato di accompagnare il fidanzato ad una delle solite e lunghissime passeggiate per la città per vedere i vari addobbi che - ormai - conosceva benissimo.
Quel giorno, però, i due fidanzati non erano riusciti ad incontrarsi dato che il più piccolo aveva saltato la prima lezione per accompagnare sua madre dal medico e Benjamin si era ritrovato da solo a seguire una delle ultime lezioni di cui, però, gli interessava ben poco.
"Sto per addormentarmi." Pensò il moro e sbadigliò vistosamente, mentre osservava il professore, dagli appariscenti cappelli rossi e la camicia bianca troppo stretta, recuperare le sue cose e mettere fine a quella lezione durata più di quanto avrebbe dovuto.
-"Buona giornata, ragazzi, e buone vacanze." Concluse l'uomo e recuperò la sua ventiquattrore, per poi uscire dall'aula poco illuminata.
-"Finalmente!" Esclamò il più grande, non appena il professore lasciò l'aula, a voce un po' troppo alta e facendo sogghignare qualche suo vicino. Il moro, velocemente, si alzò e raccolse le sue cose alla meno peggio ma prima che potesse lasciare anche lui l'aula, e correre dal suo fidanzato che sperava fosse già arrivato, urtò contro un ragazzo che quasi gridò.
-"Oddio, scusami!" Esclamò lo sconosciuto, spaventato come se avesse appena visto un fantasma, dai capelli ricci che gli ricadevano davanti al volto pallido. "Non ti ho visto, scusami!"
Il moro aggrottò la fronte ma, poco dopo, scosse la testa.
-"Ho notato." Replicò, sarcastico, il moro e si chinò a raccogliere le sue cose.
-"Che disastro che sono." Sospirò sconsolato lo sconosciuto. "Mi dispiace." Aggiunse e si abbassò per aiutare il moro a raccogliere le sue cose ma, occupato a sospirare, scivolò su una busta di plastica e si ritrovò - dolorosamente - seduto sul pavimento dell'aula. "Ai!" Gemette di dolore il ragazzo e con una mano si massaggiò la parte lesa.
Il più grande, nonostante una vocina nella sua testa gli ripetesse di essere serio e di aiutare lo sconosciuto, non poté fare a meno di scoppiare a ridere davanti all'espressione dolorante e imbarazzata del ragazzo.
-"Perfetto, ora la gente ride anche di me." Borbottò il ragazzo e fece per rialzarsi, ma tutto ciò che ottenne fu scivolare nuovamente sulla bustina e cadere ancora una volta. "E dai ma che cazzo! Come posso essere così sfortunato?!" Imprecò lo sconosciuto e scosse, sconsolato, la testa.
-"In effetti sei un po' sfortunato." Rise il più grande, non riuscendo a fermarsi, e porse una mano all'altro per aiutarlo ad alzarsi. "Dai, alzati."
Lo sconosciuto, però, non strinse la mano del moro e incrociò le braccia al petto.
-"Finiresti per cadere anche tu."
Il moro alzò gli occhi al cielo, strinse il braccio del ragazzo e lo aiutò a rialzarsi.
-"Visto? Non sono caduto." Replicò Benjamin e recuperò le sue cose dal pavimento.
-"Grazie." Disse il ragazzo riccio e abbozzò un sorriso. "E scusami."
-"Figurati, è una cosa che mi succede spesso." Scrollò le spalle il moro e sorrise ricordando quando, ad urtarlo, era stato Federico. "Non ti ho mai visto in giro."
-"Mi sono trasferito da poco." Rispose il ragazzo. "La settimana scorsa con precisione, ma oggi è la prima volta che seguo le lezioni."
Il più grande aggrottò la fronte.
-"È la prima volta che conosco qualcuno che si trasferisce a poche settimane dall'inizio della sessione."
-"Non era previsto mi trasferissi qui a Roma, è stato tutto molto improvvisato." Spiegò il ragazzo.
-"Dove studiavi prima?"
-"Milano."
-"Non hai l'accento milanese." Commentò il ventiduenne e chiuse il suo zaino.
-"Sono nato a Roma, ma mi sono trasferito a Milano qualche anno fa."
-"Capito." Annuì il moro e gli porse la mano. "Io sono Benjamin, piacere." Si presentò e gli sorrise.
Il riccio ricambiò il suo sorriso e gli strinse la mano.
-"Io invece sono Marco." Rispose. "E sono anche un po' imbranato, come hai potuto notare." Aggiunse e sorrise imbarazzato.
-"Chi non lo è?" Replicò il più grande e prese il suo zaino. "Soprattutto in un posto nuovo."
-"Sono felice di conoscere finalmente qualcuno." Disse Marco. "Ho passato le ultime ore a cercare di parlare con il mio vicino di banco è lui ad ignorarmi." Ridacchiò.
Benjamin sorrise ma la vibrazione del suo cellulare gli impedì di rispondere, velocemente lo prese e lesse il messaggio che gli era appena arrivato.
«Ti aspetto in terrazza al solito posto. Sbrigati, mi manchi
Il ventiduenne sorrise nel leggere quel messaggio, bloccò lo schermo del cellulare e si voltò verso il ragazzo che lo osservava in silenzio.
-"Se vuoi ti presento un'altra persona." Rispose Benjamin e mise il cellulare nella tasca.
-"Certo!" Esclamò Marco e annuì vigorosamente. "Chi?"
-"Il mio fidanzato."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora