73. Federico.

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-"Serata un po' noiosa, non trovi?" Chiese il ragazzo e il minore scrollò le spalle. "Ma magari potremmo renderla più divertente."
Il più piccolo ghignò e indietreggiò per guardare lo sconosciuto negli occhi.
-"Che cosa hai in mente, Davide?" Domandò e si mordicchiò il labbro inferiore.
-"Ho l'auto poco distante da qui." Rispose il ragazzo e toccò le labbra del minore con un dito. "In un parcheggio abbastanza tranquillo." Aggiunse e si avvicinò per mordere il labbro inferiore del biondo. "Ti va?"
Federico non se lo fece ripetere due volte, prese il volto - ruvido al tatto per colpa della leggera peluria - dello sconosciuto tra le mani e lo baciò. Fu un bacio veloce, insignificante, ma anche una tacita risposta a quella domanda.
-"Mi va."
Da quel momento in poi i ricordi del più piccolo, offuscati per via dell'alcool, erano intrisi di gemiti e tocchi furtivi nascosti in un auto nel bel mezzo di un parcheggio, poco distante da una caotica discoteca dove si era svolto il primo - e ultimo - incontro di Federico con quel ragazzo dagli occhi verdi e le braccia muscolose.
"Non ha tatuaggi." Fu la prima cosa che il minore pensò quando vide l'altro spogliarsi, con una certa rapidità, e la sua mente gli ricordò quando a stringerlo era un corpo meno tonico ma tatuato.
Federico mise a tacere quei pensieri unendo le sue labbra con quelle dello sconosciuto, per poi lasciare che questo facesse con il suo corpo ciò che più preferiva. Il biondo era stato, per quella notte, alla mercé di quello sconosciuto, aggrappandosi e graffiando le spalle di questo ogni volta che le spinte si intensificavano. Federico si era concesso di dimenticare Benjamin, di cancellare il profumo del moro dal suo corpo e sostituirlo con quello di quel ragazzo di cui, molto probabilmente, neppure si sarebbe ricordato.

Il giorno seguente, all'ora di pranzo, il più piccolo si alzò con un lancinante dolore alla testa e alla schiena in un piccolo abitacolo poco illuminato, dalla puzza nauseabonda, e con un grosso peso che lo stava schiacciando.
-"Sto soffocando!" Gridò, un po' a fatica, il minore sperando di attirare l'attenzione della persona che gli stava sopra.
Tutto ciò che il più piccolo ottenne in risposta fu un grugnito poco gentile e un calcio sul ginocchio destro.
-"Ai!" Gemette di dolore Federico e tentò di spostare le braccia del ragazzo per poter, almeno, respirare. I movimenti del minore infastidirono il ragazzo che, dopo poco, aprì gli occhi e gemette di dolore per il mal di testa.
-"Buongiorno." Disse lui, con voce roca, e si stropicciò gli occhi con una mano.
-"Buongiorno un cazzo." Replicò il minore e tossì. "Qui dentro non si respira!"
Davide lo guardò e ghignò divertito.
-"Questa notte non mi sembrava ti interessasse molto respirare."
Il più piccolo roteò gli occhi.
-"Ti dispiace spostarti?" Controbatté. "Mi stai schiacciando."
-"Oh, sì, scusami." Rispose Davide e, con movimenti un po' bruschi e colpendo più volte il minore, si mise a sedere sul sedile.
-"Finalmente." Sospirò sollevato Federico e si passò una mano tra i capelli.
-"Di giorno sei ancora più bello." Disse Davide e allungò una mano per accarezzargli il ginocchio ancora nudo. "Molto più bello."
-"Grazie." Borbottò il biondo e raccolse i suoi boxer. "Devo andare." Aggiunse e li indossò.
-"Non vuoi fare colazione?"
-"Non credo sia ora di fare colazione."
-"Pranzo?"
Federico alzò gli occhi al cielo.
-"Senti, Davide, giusto? - L'altro annuì - Questa notte abbiamo fatto sesso, ci siamo divertiti, e lasciamo che finisca così." Disse Federico e prese i suoi pantaloni. "Al momento non ho intenzione di iniziare una relazione e, perdonami, ancor meno con te." Aggiunse e, velocemente, indossò l'indumento.
Davide abbassò la testa e abbozzò un sorriso.
-"Almeno sei stato sincero." Rispose. "Vuoi che ti accompagni? Solo un passaggio, niente di serio."
Il più piccolo scosse la testa.
-"Vado da solo, grazie lo stesso."

Non appena il più piccolo giunse a casa sua, dopo aver camminato per circa un'ora, sospirò di sollievo e si godette quei pochi momenti di pace che aveva prima di dover sopportare le grida di suo padre.
Quasi istintivamente il ragazzo si toccò la tasca posteriore dei jeans, per poi sospirare ancora una volta quando vi trovò il suo portafogli e il suo cellulare; più meccanicamente che per necessità il ragazzo prese il telefono e trascinò il dito sullo schermo per scorrere tra le varie notifiche che gli erano arrivate, - tra cui molte dei suoi genitori - sentì il cuore fermarsi per un momento quando lesse un nome in particolare tra quelle notifiche.
𝘉𝘦𝘯🖤
"Non può essere." Pensò Federico e scosse vigorosamente la testa. "Non può essere davvero lui."
Con mani tremanti il ragazzo sbloccò il cellulare, aprì whatsapp e cliccò sulla chat di Benjamin.

-"Finalmente sei tornato, iniziavo a pensare fossi scappato." Borbottò Andrea, solo in casa, non appena vide rientrare il figlio.
Federico si era trascinato all'interno della casa, con il mal di testa che sembrava essere raddoppiato da quando aveva letto il messaggio del più grande.
"Lui mi ama. Lui mi ama." Continuava a ripetersi Federico, mentre sentiva lo stomaco rivoltarsi pensando a quanto aveva detto al moro e quanto aveva fatto quella notte. "L'ho tradito."
-"Non si usa più salutare in questa casa?!" Chiese, stizzito, Andrea.
Il diciannovenne ignorò le parole del padre e si lasciò cadere sul divano, per poi passarsi una mano sul volto stravolto.
Andrea corrugò la fronte, bloccò lo schermo del suo iPad e si alzò per raggiungere il figlio.
-"Va tutto bene?" Gli domandò e si sedette accanto a lui.
Federico poggiò la testa sullo schienale del divano e sospirò rumorosamente.
-"Va tutto malissimo." Rispose e chiuse gli occhi. "La mia vita non è mai andata peggio." Ammise, cercando di rimandare giù il nodo alla gola che aveva.
Il padre arricciò le labbra.
-"È per Benjamin?" Domandò, pronunciando il nome del moro con un certo disgusto.
Solo sentire il nome di Benjamin bastò per riempiere gli occhi del minore di lacrime ma, questo, si affrettò ad asciugarle.
-"Sta male." Disse il più piccolo. "E sto male anch'io."
Andrea sospirò e scosse la testa.
-"Tu stai male, lo vedo." Rispose. "Ma lui sta solo fingendo per farti sentire in colpa." Aggiunse. "Lui non tiene a te."
-"Lui mi ama." Replicò Federico.
-"Ti ama?" Ripeté Andrea e rise amaramente. "Come può amarti?" Chiese. "Nemmeno ti conosce, non sa niente di te. Vi conoscete da pochissimo, come può amarti?" Continuò.
-"Me l'ha detto lui..."
-"È ovvio l'abbia fatto." Annuì il padre. "Soltanto per farti sentire in colpa, come ti ho detto, ma in realtà a lui non interessa niente di te."
Il più piccolo deglutì a vuoto e strinse i pugni.
-"Come puoi esserne tanto certo?"
-"Mi basta guardarti." Rispose Andrea. "Sei distrutto. Benjamin ti ha distrutto." Aggiunse. "Credi che una persona innamorata possa far del male a chi ama?" Continuò. "Se ti amasse davvero avrebbe fatto di tutto per tutelarti, invece ti sta spingendo ad allontanarti dalla tua famiglia soltanto per un suo capriccio. O forse mi sbaglio?"
Il biondo abbassò lo sguardo e scosse la testa.
Andrea non si sbagliava.
-"Elimina Benjamin dalla tua vita, sarà la cosa migliore per tutti."
E Federico lo fece.

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora