33. Sono qui per questo.

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-""Voglio scusarmi con lui." Disse Benjamin e sospirò.
-"Perdi tempo, io non voglio neppure ascoltarti."
La voce del minore non colse del tutto alla sprovvista il maggiore, il padre del biondo gli aveva detto che stava arrivando e Benjamin non aveva mai perso di vista le scale e aveva già notato che il più piccolo li stesse raggiungendo.
-"Ciao." Disse il moro e stese le gambe in avanti.
Vanessa tossì e si alzò dal divano.
-"Forse è meglio lasciarli da soli." Disse la donna rivolta al marito.
Andrea, come solo poche volte era successo, annuì in accordo con la moglie e si alzò.
-"Sì, sarà la cosa migliore." Rispose l'uomo. "Per qualsiasi cosa ci trova-"
-"Non serve che andiate via." Replicò il più piccolo. "O almeno non voi."
-"Federico." Sospirò il moro. "Per favore, ascoltami."
-"Vattene, non abbiamo nulla da dirci." Rispose, con tono duro, Federico.
Vanessa e Andrea si scambiarono un'occhiata complice e, tentando di far meno rumore possibile, uscirono dalla sala.
-"So che sei arrabbiato ma, per favore, ascoltami." Lo supplicò il moro.
-"Non sono arrabbiato, sono deluso." Replicò il più piccolo. "Ti rendi conto di quello che hai fatto?!"
Benjamin sospirò e annuì.
-"Se non me ne rendessi conto non sarei qui." Rispose Benjamin e abbassò lo sguardo sulla punta bianca delle sue scarpe. "Mi dispiace tantissimo per quello che ho fatto, non avrei mai dovuto cacciarti di casa."
-"Eppure l'hai fatto." Controbatté il biondo e incrociò le braccia al petto. "Mi hai cacciato da casa tua senza pensarci troppo." Aggiunse con tono duro. "E non mi sembra tu sia pentito."
-"Invece lo sono!" Esclamò il più grande. "Secondo te se non fossi pentito sarei venuto qui?"
-"Sì." Annui Federico. "Soltanto per poterti discolpare." Disse. "Perché odi sapere di avere torto, faresti tutto pur di essere quello che ha ragione."
-"Ti sbagli." Scosse la testa il moro. "Io voglio chiederti scusa, so benissimo di aver sbagliato e non voglio avere ragione, non mi serve. Voglio soltanto chiederti scusa e supplicarti di perdonarmi." Continuò. "Sono qui per questo, tutta qua." Aggiunse e scrollò le spalle. "Che tu mi creda o no."
-"Infatti non ti credo." Replicò il più piccolo e scosse la testa. "Non puoi aver cambiato idea in così breve tempo."
-"Federico, per favore." Sospirò Benjamin e appoggiò la schiena contro lo schienale in pelle beige della poltrona. "Ho sbagliato, ho fatto una cosa bruttissima e me ne pento. Ti chiedo scusa."
-"E io non ti credo."
-"Come al solito, no?"
-"Che intendi dire?" Replicò il biondo e inarcò un sopracciglio.
-"Intendo dire che tu non mi credi mai." Rispose il più grande. "Che sia per una cosa o per l'altra, non ti fidi mai di ciò che dico." Aggiunse. "Non ti fidi di me."
-"No, Benjamin, non provarci!" Ringhiò il diciannovenne. "Non provarci nemmeno!"
-"A fare cosa?" Replicò il più grande e inclinò la testa da un lato.
-"A scaricare tutte le colpe su di me!" Esclamò Federico e batté la mano sulla superficie il legno di un mobile poco distante da lui, per poi mugolare per il dolore.
Benjamin, velocemente, si alzò dalla poltrona e si avvicinò al fidanzato per prendergli la mano.
-"Ti fa male?" Gli domandò il moro e gli accarezzò il palmo della mano arrossato.
Il più piccolo ritirò, bruscamente, la mano e guardò il maggiore con sguardo torvo.
-"Non mi toccare." Ringhiò il più piccolo. "Vattene."
-"Non me andrò." Rispose Benjamin. "Non senza aver parlato con te."
-"Abbiamo già parlato." Replicò il biondo. "E ora puoi anche andartene."
Il più grande sospirò rumorosamente e appoggiò la schiena contro il mobile.
-"Ti chiedo solo cinque minuti."
-"Sono troppi."
-"Tre minuti." Disse Benjamin. "Solo tre minuti e, se dopo, sarai ancora arrabbiato ti giuro che me ne andrò e non ti disturberò più."
Il biondo sbuffò e fece una smorfia infastidita, per poi annuire.
-"Tre minuti, non uno di più." Replicò il biondo. "E dopo sparirai."
Il più grande abbozzò un sorriso e annuì.
-"Mi dispiace tantissimo per averti cacciato di casa, i- io non ho giustificazioni, lo so benissimo, e non tenterò in alcun modo di giustificarmi." Iniziò a parlare il più grande e a muovere le mani in modo frenetico. "E non voglio nemmeno dare a te la colpa, assolutamente, ma tu hai iniziato a dire quelle cose assurde, a parlarmi come se fossi un mostro, e io non l- lo so, ho smesso di pensare. Ti giuro che mi sono pentito nell'esatto momento in cui sei uscito dalla mia stanza ma, mi conosci, sono troppo orgoglioso per seguirti in quel momento."
-"E perché hai cambiato idea?" Gli domandò Federico, interrompendolo. "Perché hai messo da parte l'orgoglio e sei venuto qui?"
-"Ho parlato con mio padre."
-"Certo, dovevo immaginarlo." Sbuffò il diciannovenne. "Un'idea del genere non poteva di certo essere partita da te."
-"Non mi ha costretto, sono stato io a deciderlo." Replicò il moro. "Ho capito di aver sbagliato e voglio scusarmi." Aggiunse. "Ti giuro che sono pentito, se potessi tornare indietro non ti caccerei mai di casa."
-"Indietro, però, non si può tornare." Controbatté il più piccolo, mantenendo il suo tono di voce duro e la sua espressione neutrale. "E, intanto, i tre minuti che ti avevo concesso sono finiti." Aggiunse. "Ora puoi anche andartene."
Gli angoli della bocca di Benjamin si piegarono all'ingiù e sul volto del ragazzo si dipinse un'espressione delusa; il ragazzo fece un passo verso il più piccolo, allungò una mano per accarezzargli il braccio, coperto da una maglia a maniche lunghe nera, ma il minore fece un passo indietro.
-"Davvero non vuoi perdonarmi?" Gli domandò Benjamin. "Ho commesso uno sbaglio, è vero, ma vuoi davvero chiudere tutto per questo?"
-"Non ho detto di voler chiudere tutto." Rispose il biondo. "Ho solo detto che, adesso, devi andartene da qui."
-"Federico, ti prego." Sussurrò il più grande. "Non mandarmi via..."
-"Tu l'hai fatto." Replicò secco Federico. "E non mi sembra ti sia importato tanto."
-"Se non mi fosse importato non sarei qui a scusarmi e supplicarmi di ascoltarmi." Rispose il moro. "Per favore, credimi."
Il più piccolo alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
-"Se anche ti credessi le cose non cambierebbero." Disse il più piccolo. "Sono arrabbiato con te e non mi importa che tu sia qui." Aggiunse. "Non mi importa se sei pentito o meno, non mi importa che cosa faresti se potessi tornare indietro. Non mi importa niente di quello che stai dicendo, lo capisci?"
Quelle parole ferirono Benjamin più di quanto questo volesse dare a vedere, era arrabbiato con se stesso per aver ferito così tanto il suo fidanzato da arrivare a quel punto.
"Stupido. Sono uno stupido."
-"Quindi che cosa vuoi fare?" Gli domandò Benjamin, con voce bassa, e abbassò lo sguardo.
-"Non lo so." Rispose il biondo e scrollò le spalle. "Tutto ciò che voglio adesso è che tu vada via, che vada via da questa casa e non ascoltare nulla di quello che hai da dire." Aggiunse. "Adesso voglio solo stare da solo. Voglio solo stare senza di te."

Lettere dal passato. || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora