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Cris POV

Fin da quando ero bambino, mi è sempre stata imposta, la ricerca malsana della perfezione. Un corpo perfetto, un'educazione perfetta, una vita perfetta. Io ero l'unico figlio di George Smith, l'unico ed il solo fondatore della Smith's Company e di conseguenza, in futuro sarei dovuto essere un adulto esemplare e diligente come lui.
Niente distrazioni o sregolatezze, se volevo diventare un uomo, era a lui che mi dovevo ispirare, lavorando sodo e tenendo sempre d'occhio il mio obiettivo.
Ma come può un bambino capire tutto questo?
Avevo pochi anni e nessuno che tenesse davvero a me. La mia martigna, per qualche strana ragione mi odiava, mio padre era sempre via per lavoro e i miei unici punti di riferimento, erano Cookie, il mio orsetto preferito e Madeleine, un'educatrice rigida e a volte troppo severa che nonostante continuasse a picchiarmi per i motivi più futili, ero convinto mi volesse davvero bene.

Dei primi anni infelici della mia vita per fortuna ricordo ben poco, ma credo di essere stato un bambino vivace e pieno d'affetto, prima che mio padre cominciasse a punirmi e a scaricare su di me, le sue frustrazioni. Non avevo una madre che volesse prendersi cura di me e tantomeno un padre disposto a raccontarmi la favola della buonanotte, o a giocare insieme, però avevo Cookie e questo mi bastava.
P

assavo le mie giornate chiuso in casa con Madeleine, non avevo amici perché mio padre non li reputava necessari alla mia formazione, ma di notte, quando finalmente rimanevo da solo nella mia stanza, ci pensava Cookie a farmi tornare a sorridere. Era un orsetto e sapevo bene che non mi avrebbe mai parlato davvero, ma in qualche modo, sentivo che lui era l'unico con il quale non avrei dovuto fingere di essere diverso.
Poi però un giorno, di ritorno da scuola, trovai mio padre davanti al camino e con un bicchiere di whisky fra le mani. Avevo dieci anni e dato che secondo il suo parere, ero ormai troppo cresciuto per gli orsetti di peluche, decise di bruciare Cookie davanti ai miei occhi, perché secondo la sua mente contorta, questo mi sarebbe valso da lezione per il futuro.
A me piaceva quell'orso, ma a lui non importava.
Ricordo che quella fu la prima volta in cui pensai di odiarlo davvero. Ero sconvolto e credevo che quello sarebbe stato il giorno più brutto della mia vita, ma per fortuna mi sbagliavo.
La prima volta che la vidi, ero seduto in lacrime, su delle scale, poco distanti da quella che avrei poi scoperto essere casa sua.
-" Ehi tu, perché piangi?"-
Una piccola bambina paffuta comparve davanti ai miei occhi all'improvviso. Aveva gli occhi dolci, un lecca-lecca in una mano e una bambola di pezza nell'altra.
-" Il mio papà ha bruciato il mio orsetto preferito."-

Anche se era davvero piccola, ricordo di aver pensato che fosse davvero graziosa, così come la sua mamma, che nel frattempo l'accarezzava con dolcezza.
-" Quindi è per questo che piangi? Allora il tuo papà deve essere proprio un monello, vero mamma?"-
-" Fai la brava Gracy."-
-" Ma il suo papà ha fatto la bua al suo orsacchiotto!"-
-" Non è un buon motivo per dire certe cose."-
E

ra un bel pomeriggio di sole quello, sapete?
-" Hey ti piacciono le torte?"- mi chiese poi all'improvviso.
-" Sì."-
-" Allora devi proprio assaggiare quelle della mia mamma. Tieni, questa è la mia bambolina preferita, si chiama Dolly e ti vuole già bene. Io sono Gracy e lei è la mia super mamma Milly e poi c'è il mio papino e il mio fratellone Theo, lui è grande e va già a scuola. Lo sai che un giorno, ha detto la mia mamma, che ci andrò anch'io?"-
Era un terremoto quella bambina e ricordo che diceva così tante cose tutte assieme, che alla fine ti lasciava confuso, ma pur sempre con un sorriso sulle labbra.
Lei fu la prima persona ad essermi amica, perché così come la sua bambola Dolly, non mi conosceva ma mi voleva già bene, le si leggeva in volto.
Quella fu la prima volta in tutta la mia vita, in cui mi sentii amato, ma per i Miller era una cosa naturale, con il tempo avrei infatti capito, che era la mia famiglia ad avere qualcosa che non andava.
Apro gli occhi all'improvviso, mentre attorno a me regna il buio totale.
"Ricordi, ricordi e ancora ricordi, dannazzione è una da una settimana che va avanti questa storia, ed io non ce la faccio più. Jennifer sembra odiarmi a morte dopo quello che le ho detto a New York, il lavoro in azienda, sembra essersi magicamente triplicato, ed io sono davvero al limite, in tutti i sensi. Non dormo più e perfino i miei frullati proteici, hanno cominciato a farmi davvero schifo. Tutto quello a cui penso, è quell'imbecille di Lucas Johnson e il fatto di essermi davvero illuso che lei fosse con lui. Insomma tutto questo non ha senso, eppure non riesco a togliermi dalla testa la nostra conversazione.

Mi ha detto che non la vede da molto tempo, ma se non è con lui, allora con chi è?"
Dò un'occhiata all'orologio e mi rendo conto che manca poco all'alba.
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" Oh cristo. "- biascico ancora sotto l'effetto della colossale sbronza della sera precedente.
-" Concita!"- urlo a pieni polmoni, cercando di svegliare la mia governante.
Passano un paio di minuti, ma niente
-" Concita!"- urlo ancora, cercando invano di tirarmi su.
"Dannata donna!"
Cerco di mettere a fuoco quello che mi circonda, ma fallisco miseramente.
Un odore acre di nicotina mista ad alcool avvolge la stanza è non passa molto, prima che io mi renda conto del terribile disordine che regna nella mia camera da letto.
-" Santo dio che disastro, Concita!"-
-" Sono qui signore."- la vedo comparire sulla soglia della porta, ancora assonnata.
-" Dove diavolo eri? Sai da quanto tempo ti sto cercando?"-
-" Le chiedo scusa signore, non succederà più."-
" Beh lo spero proprio."
-" La mia stanza è un porcile, da quanto tempo non viene pulita?"- Mi guarda con aria smarrita per poi prendere coraggio e parlare.
-" L'ultima volta è stata ieri signore."-
-" Cosa? Mi prendi in giro? Stai forse affermando che sono stato io a fare tutto questo disordine?"- gli chiedo con tono minaccioso.
-" No signore, non lo farei mai. Le chiedo umilmente scusa, se le mie parole l'hanno offesa."-
Vedo le sue gambe tremare sotto il peso del mio sguardo e non posso che provare un'enorme soddisfazione.
-" Pulisci questo porcile e fa sparire questa puzza nauseante, io andrò a fare una doccia e quando ritornerò qui dentro, voglio vedere ogni cosa al suo posto. Non mi importa se sono le quattro del mattino, se io ti dico di fare una cosa, tu la fai intesi?"-
-" S-sì signore."-
La vedo sparire alla svelta, dietro la porta scorrevole che divide la camera patronale dal corridoio e non passa molto, prima che io la senta tornare e cominciare a riordinare la stanza, mentre il sottoscritto, si lascia avvolgere dal getto rigenerante dell'acqua fredda.
Dieci minuti dopo, sono già pronto per andare.
Finisco di sistemare la cravatta e dopo aver dato un'occhiata al mio orologio da polso, decido di rilassare un po' i miei poveri nervi, prima di andare.
" Dopotutto, non credo che alle cinque del mattino troverei qualcuno in ufficio."
Dopo aver controllato che la camera patronale sia stata messa correttamente in ordine, mi verso due dita di scotch, osservando lo skyline di Los Angeles alle prime luci dell'alba.
" A lei piaceva questo genere di cose. "
Sorseggio il liquido ambrato nel mio bicchiere per poi realizzare il vero significato delle mie parole.
"Ma a che diavolo sto pensando?"
Provo a distrarmi, ma le immagini confuse del suo volto, compaiono all'improvviso nella mia mente non dandomi più scampo.
La vedo sorridere divertita, per poi trasformare il suo viso in una maschera di dolore, lo stesso che ho visto l'ultima volta che i nostri occhi si sono incontrati.
Faccio un passo indietro provando a pensare a qualcos'altro, ma non ci riesco.

Troppi dettagli, troppi ricordi e poi la sua voce: lei stava soffrendo e questa volta, era a causa mia.
S

ento il cuore aumentare i suoi battiti sempre di più, per poi spingermi al limite.
Lancio il bicchiere che ho fra le mani contro il muro, ed è solo il vederlo andare in mille pezzi che mi riporta alla realtà.
Provo a fare un respiro profondo, per poi sedermi su un divano poco lontano e raccogliere le idee.
" Ok Smith, hai lasciato che i ricordi del passato avessero la meglio sul tuo presente e questo non deve succedere mai più.
Lei non è qui, ok? É tutto nella tua testa, quindi dacci un taglio e rilassati.
Cris Smith non c'è più, ricordi? Te lo sei lasciato alle spalle ormai, lui non tornerà mai più."

Perché Sei Tu [Vol.2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora