Cris POV
Part IMi guardo intorno a disagio, tamburellando ritmicamente le dita per contenere il mio malcontento.
Sono nervoso, irrequieto, agitato.
Non riesco a stare fermo un secondo.
Seduto nella sala d'aspetto del dottor Foreman, vedo la sua segretaria Janine guardarmi con aria divertita, quasi fossi un fenomeno da baraccone.
"Cos'è? Non ha mai visto un uomo nevrastenico, in vita sua?"
Mi scruta con attenzione, mordendo distrattamente la penna che tiene fra le mani.
"Pervertita. Ha il doppio dei miei anni e nonostante questo proprio non può farne a meno di fissarmi. Sì ok, sono bello ed indosso un abito costoso, ma porca miseria sono nello studio di uno strizzacervelli! Un minimo di contegno, cristo santo!"
Decido di distrarmi, leggendo i vari slogan che adornano le pareti, ma ahimè neanche questi sembrano funzionare.
Parlano di suicidio, autolesionismo e disturbi alimentari.
" Balle! Come se un volantino idiota servisse a qualcosa."
Dispensano stucchevoli messaggi di incoraggiamento per tutti gli squilibrati che, così come il sottoscritto, invece di essere al lavoro, sono stati costretti a venire da un fottuto analista, letteralmente trascinati da una piccola dittatrice.
Sì, mi riferisco a Grace e vi assicuro che non è stato piacevole.
Alzo gli occhi al cielo, allentando il nodo della mia cravatta.
"Non posso credere di avergli davvero rivelato le idee malsane che a volte mi frullano nella mente. Che cosa mi è saltato in mente?
È normale che adesso mi abbia costretto a tornare in questo posto, mi sono comportato come uno psicopatico dannazione!"
Il solo pensarci, mi toglie il fiato.
"Lei era l'ultima persona con la quale avrei dovuto parlare. E poi c'è la questione di quel maledetto ripostiglio che per qualche assurda ragione ha trovato aperto. I miei disegni, le foto, ha trovato persino il nastro rosso che da ragazzino le avevo rubato. Come diavolo faccio adesso a spiegarle, che l'ho fatto semplicemente perché le volevo bene e volevo qualcosa di suo?"
Nella mia mente compare l'immagine del suo viso sconvolto. Ripenso a quanto le sue parole mi abbiano scosso nel profondo e a quanto sia andata vicino alla verità.
"Mio dio, che cosa succederebbe se dovesse scoprire che io..."
Ingoio a fatica.
" No Cristo santo, ma a cosa vado a pensare?
Non vedo come potrebbe. Anche se di certo, davanti alle sue domande incessanti, è stato terribilmente difficile tenere duro.
Sono crollato davanti ai suoi occhi, piangendo come un idiota e so bene che non avrei dovuto farlo, ma è stato più forte di me."
Guardo l'orologio al mio polso. Le undici del mattino.
" Pazienza Smith. Devi solo avere pazienza."
Faccio per cambiare posizione sulla mia sedia, ma un messaggio di Jackson, cattura la mia attenzione.Ho delle novità. Mi dica lei, ora è posto. Io ci sarò.
" Novità? Sicuramente si starà riferendo a Markov."
Stringo forte il telefono fra le mani, ispirando violentemente.
" Il solo pensare a lui e mio padre insieme, mi fa ribollire il sangue nelle vene. Schifoso manipolare. Forse finalmente, riuscirò a scoprire cosa diavolo sta tramando."
Mi passo una mano fra i capelli.
"Un'altra faccenda in sospeso, che ho bisogno di risolvere."
-" Signor Smith?"- la voce di Janine, mi riporta al presente.
-" Sì?"-
-" Il dottore ora, è pronto a riceverla."-
Uno strano senso di panico mi attanaglia lo stomaco.
"Mio dio, starò facendo la cosa giusta? Forse dovrei prendere un appuntamento e tornare la prossima volta."
Percorro esitante, il breve corridoio che conduce all'ufficio del caro dottor Foreman e appena entrato, vengo subito accolto da due enormi braccia, che mi stringono con calore.
-" Ian, bentornato!"- il suo tono è amichevole e gioviale.
-" La ringrazio signore."- gli stringo la mano imbarazzato, abbozzando un sorriso di cortesia.
" Idiota"
-" Oh ti prego, non farmi sentire più vecchio di quel che sono. Mi sembra di averti già detto di chiamarmi Steve, no?"- contraccambia la mia stretta poderosa, indicami i divani.
-"Prego, sentiti libero di accomodarti dove desideri."-
Osservo le varie alternative con aria accigliata: una chaise longue, un divano e due poltrone in pelle.
"Cos'è? Un test per evincere le caratteristiche nascoste, della mia personalità?"
Sorrido riluttante e devo ammettere, che mi ci vuole un certo sforzo per non scappare a gambe levate.
Scelgo la poltrona più piccola, perché di optare per la chaise lingue, proprio non se ne parla.
"Ah Steve Foreman, vecchia volpe."
Con aria rilassata e completamente padrone di sé, lo vedo accomodarsi a sua volta, su una delle poltrone di fronte alla mia.
-"È da un po' che non ci si vede."- esordisce.
-" Già."-
-" Anche se devo ammettere, che la tua visita non è affatto inaspettata."-
Sbatto le palpebre, confuso.
-" In che senso?"-
-" Beh sarebbe stato sciocco da parte tua, ignorare i tuoi disturbi e lasciare che le cose peggiorassero."-
"Ma che diavolo fa? Mi prende in giro?"
Alzo un sopracciglio, guardandolo storto.
"Giuro che adesso gli spacco la faccia."
-" Troppo diretto?"- mi chiede, provando invano a nascondere un sorriso.
-" Sì."- mormoro a denti stretti.
Accavalla le gambe, tirando fuori il suo taccuino.
-" Perdonami. Che ne diresti invece di conoscerci meglio? "-
Chiudo gli occhi provando a contare fino a dieci, prima di alzarmi e lanciarlo fuori dalla finestra.
-" Con tutto il rispetto dottor Foreman, ma a me non interessa conoscerla meglio."-
Sorride.
-" E come credi di migliorare la tua situazione attuale, se non impari a fidarti di me?"-
Stringo le labbra in una linea dura.
-" É una cosa stupida."- dichiaro seccamente, provando un'enorme sensazione di fastidio.
"E sai cos'altro è terribilmente stupido? Il fatto che io sia in questo dannato studio con te, invece di occuparmi dei mille problemi che affollano la mia vita. Come mio padre, ad esempio. Quel serpente velenoso, che molto presto si ritroverà appeso a testa in giù, se lo scopro essere immischiato, con la faccenda di quel fottuto Markov."
Notando il mio evidente disappunto, vedo Foreman arricciare le labbra, guardandosi intorno dubbioso.
"Forse è in cerca di una ispirazione." ipotizzo, lanciandogli un'occhiata.
" Oppure, cosa molto più probabile alla sua età: deve semplicemente andare in bagno."
-" Sai Ian, c'è una teoria che afferma che si possono evincere le caratteristiche principali di una persona, già nei primi cinque secondi dopo averla incontrata."- mormora, guardandomi con aria divertita.
" Wow molto interessante, peccato che non me ne importi in fico secco!"
-"Ed anche se oggi non è la prima volta che ci incontriamo e in questo momento scommetto che vorresti essere altrove, mi piacerebbe sapere che impressione ti sei fatto di me."-
"Cosa?"
Le sue parole mi lasciano sorpreso.
"Credevo che fosse lui, quello a dover fare supposizioni sul mio conto. Non il contrario."
-" Che cosa vuole che le dica?"-
-" Tutto quello che ti passa per la mente."-
"Interessante. Ora sì che le cose cominciano a piacermi."
Sorrido malizioso.
"In tal caso allora..."-
-" La mia impressione, è che lei non è altro che uno scaltro succhiasoldi, a cui piace psicanalizzare la vita degli altri, perché sarebbe troppo difficile ammettere che la sua di vita, fa schifo."-
"Ecco, l'ho detto."
Provo ad analizzare le sue reazioni, ma per il momento sembra essere tranquillo. Così decido di rincarare la dose.
-" Non ha amici, l'ultima volta che ha toccato una donna risale al paleolitico, ha due figlie che non vengono mai a trovarla, un labrador di nome Skipper e più soldi di quanti ne potrà mai spendere. In poche parole? È uno sfigato con un mucchio di quattrini. Un tipo bizzarro, che qualche arrampicatrice sociale potrà anche trovare interessante. Ma pur sempre uno sfigato."-
Lo guardo, provando una certa soddisfazione nell'aver potuto dire quello che pensavo davvero.
Al contrario di tutte le mie aspettative però, non sembra affatto infastidito .
"Ma che problemi ha?"
Ride di gusto, scuotendo il capo divertito.
-" Oh ian, effettivamente potresti esserti avvicinato parecchio."-
Sbatto le palpebre, perplesso.
-" Dice sul serio?"-
-" Sì, anche se più che un labrador, possiedo un barboncino."-
Lo fisso a bocca aperta.
" Mi prende in giro? Tutto qui?"
-" Passiamo a te invece. Non ti interessa sapere quali sono state le mie impressioni, la prima volta che ti ho visto?"- aggiunge.
-" No."-
Il dottor Foreman aggrotta la fronte, guardandomi con aria interrogativa.
-" Perché no?"-
Mi stringo nelle spalle.
-" Semplicemente, non mi interessa. Non la prenda sul personale, non riguarda solo lei. Io sono fatto in questo modo. Non mi è mai importato il parere altrui."-
Vedo le sue labbra, incurvarsi.
-" Capisco. Allora parliamo di quello che è successo, dall'ultima volta che ci siamo visti. Come è andata con la gestione dei suoi attacchi di panico? Ne ha più avuti?"-
I miei occhi scattano verso di lui, mentre mi guarda in attesa di una risposta.
-"Beh a dire il vero sì."-
Faccio una pausa, incerto sul continuare oppure no.
-" Mi è successo un paio di volte, ma sono svenuto solo in una occasione e questo è un passo avanti. Credo."-
Mi sorride comprensivo.
-" Molto bene, Ian. Questo è l'atteggiamento giusto.
E cosa mi dici di quello che stavi facendo, poco prima di cominciare ad avvertire i primi malori? Ricordi qualcosa a riguardo?"-
Nella mia mente, rivivo i vari scontri con Grace avuti negli ultimi giorni, seguiti subito dopo dalle informazioni su quel farabutto di Dimitri Markov.
E poi ci sono le foto, Jennifer che mi sta addosso con la faccenda del matrimonio, mio padre...
"Sapete una cosa? Forse dovrei provare ad essere completamente sincero nei suoi confronti e dirgli le cose come stanno. O forse no."
Lo guardo, aggrottando la fronte.
-" Sinceramente, non ricordo."- rispondo con voce bassa e esitante, sapendo già dove vuole andare a parare.
-" Quindi nelle ultime settimane, dici di aver avuto ben due attacchi di panico, ma non ricordi cosa stavi facendo poco prima che si scatenassero."-
Lo guardo con aria innocente.
-" Già."-
Il dottor Foreman si acciglia. Apre la bocca, ma poi la richiude scrivendo qualcosa sul taccuino, che stringe fra le mani.
-" Sai Ian, queste sedute sono un'occasione per aprirti e parlare in confidenza, di come ti senti davvero."- esordisce gentile.
-" Ma temo che ti aiuteranno ben poco, se continui a tenerti dentro le cose."-
"Cristo santissimo, che angoscia! Sapevo che avrebbe tirato fuori, una cosa simile."
Incrocio le braccia al petto, fulminandolo con lo sguardo.
-" Gliel'ho già detto. Non ho la minima idea di cosa mi abbia portato a stare male."- la mia voce è ferma e decisa, ma la verità è che mi sento in colpa. "Grace in questo momento non sarebbe affatto fiera del mio comportamento, ma è più forte di me. Sono più di due anni e mezzo che mi rifiuto di scendere a patti con quello che provo davvero e l'idea di spifferare tutto ad un perfetto estraneo, proprio non mi va a genio."
Alzo lo sguardo. Il dottor Foreman ha la testa piegata di lato e mi osserva con attenzione.
" E adesso cos'altro vorrà sapere?"
Lo fisso con aria interrogativa e dopo poco, le sue parole sembrano quasi leggermi nel pensiero.
-" Dimmi Ian, come ti senti in questo momento? Ma ti prego di essere sincero."-
Mi stringo nelle spalle con fare evasivo. E data la domanda idiota, decido di non rispondere.
Resta a fissarmi per non so quanto tempo.
Poi piega le labbra in una linea dura e dopo aver alzato gli occhi al cielo, decide di interrompere il nostro silenzio imbarazzante.
-" Va bene, è chiaro che non ti va di parlare."-
" Ma che uomo perspicace..."
-" Quindi ho deciso che comincerò io."-
Sospiro pesantemente, ed anche se so di comportarmi come un ragazzino scontroso, non mi importa.
"Tutto questo è ridicolo."
-"Tre settimane fa, mia figlia mi ha chiesto se poteva andare a vivere con suo ragazzo, dall'altra parte del continente. Lei ha solo diciassette anni, così mi sono imposto e le ho detto di no. Ed io so, che probabilmente la cosa più matura da fare sarebbe semplicemente parlarci, ma sono talmente arrabbiato con lei che la prenderei a schiaffi, cristo santo!"- fa un respiro profondo.
-"Questa mattina poi mi sveglio e scopro che il mio cane mi ha praticamente distrutto la cucina, scambiandola per il suo fottuto parco giochi! Un parco giochi, capisci?"-
Vedo la compostezza di Foreman, andare a farsi benedire, in un batter d'occhio.
" Porca miseria, è incavolato nero."
La sua voce aumenta sempre di più, mentre il suo volto diventa letteralmente paonazzo.
-"Dopodiché arrivo in ufficio, ma Janine si è dimenticata del mio caffè e quando rivedo dopo intere settimane il mio nuovo paziente, che ormai credevo disperso in chissà quale stato, indovina?"- chiude gli occhi facendo un lungo sospiro.
-" Scopro che è nel bel mezzo di una fottuta -sindrome -premestruale. Lui non parla, non mi ascolta e a stento riesce a guardarmi. E io vorrei tanto dirgli che in questa stanza non è l'unico ad essere pieno di problemi, ma la mia figura professionale me lo vieta. Quindi eccoci qui ad un punto morto, mentre personalmente prenderei volentieri a testate un muro!"-
" Oh. mio. dio."
Sbatto le palpebre perplesso, non riuscendo a credere ai miei occhi.
"Questo tipo è un folle!"
Foreman si alza, cominciando fare su e giù per il suo ufficio.
" E sarei io, quello pieno di problemi?"
Mi fissa con aria accigliata e dopo aver fatto un lungo e sonoro sospiro, si risiede in modo composto, sorridendomi con gentilezza.
In un attimo sembra essere tornato quello di sempre.
Affabile, gentile, professionale.
"Beh? Tutto qui? Prima mi urla in pieno viso che la sua vita fa schifo, ed ora mi guarda come se non fosse successo niente?"
-" Allora."- fa una breve paura.
-"Tu come ti senti, adesso?"-
Sospiro abbassando lo sguardo sul suo taccuino.
"E va bene Steve, devo ammettere che sei abbastanza bravo.
Credo di doverti almeno questo."
-" Mi sento come se in questo momento fossi un animale in gabbia, allo zoo."- mi passo una mano fra i capelli, dandomi un'occhiata veloce in giro.
-" E poi..."- continuo. -" Senza offesa Steve, ma odio il suo studio."-
Il dottor Foreman mi guarda con interesse.
-" Cosa odi con esattezza?"-
-" Beh il suo taccuino, ad esempio. É inquietante."-
Inarca un sopracciglio per la sorpresa, ma senza esitazione, si alza lanciandolo fuori dalla finestra.
Resto a bocca aperta.
-" Santo dio, credevo che gli servisse, quello!"-
-" Nah, era roba da seconda mano. E poi, più nessuno lo usa."-
Sorrido.
"Quasi quasi, questo tizio inizia a piacermi."
-" Cos'altro Ian? Dimmi cos'altro odi in questa stanza."-
Faccio un respiro profondo.
-" Il modo in cui mi guarda. Mi fa sentire un caso clinico."-
Il dottor Foreman, ride.
-" Su questo non posso che darti ragione. A volte guardandomi allo specchio, sono il primo a sentirmi uno schizofrenico, paranoico."-
Recupera un paio di occhiali dalla sua scrivania, indossandoli alla svelta.
-" Così dovrebbe andare meglio."-
Sono piccoli, ridicoli e fuori moda, ma sotto sotto gli donano.
Soffoco una risata.
-" Decisamente."-
-" Cos'altro odi in questa stanza? Le mie bretelle? Molti dicono di non riuscire a guardarle per più di cinque secondi, perché troppo stravaganti."-
Le osservo con attenzione. Sono blu a righe bianche.
-" Mia moglie le trovava originali. Diceva che la facevano sorridere. Cosa faccio? Le tolgo?"-
Involontariamente il mio pensiero va a Grace.
"Cosa avrebbe fatto lei, al mio posto? Semplice, le avrebbe letteralmente adorate."
-" No, quelle restano. Mi piacciono le sue bretelle"- mormoro, stringendomi nelle spalle.
Foreman le guarda e un velo di nostalgia gli attraversa il viso.
-"Già, anche a me.."-
Subito dopo torna a sedersi davanti a me, ma con degli occhiali da sole così bizzarri, proprio non riesco a vederlo come una minaccia.
Lo scruto con attenzione e dopo un attimo di esitazione, decido finalmente di lasciarmi andare.
"Dopotutto non può andare così male, no?"
-" Qual'è stata la sua prima impressione su di me, dopo i primi secondi?"-
La mia domanda improvvisa, non sembra stupirlo.
-" Ah, ora ti interessa?"- il suo tono è ironico.
Sorrido.
-" Forse."-
Mi guarda con aria divertita, accarezzandosi distrattamente il mento.
-" Beh mi dispiace dirtelo, ma proprio, non mi ricordo."-
Alzo gli occhi al cielo.
-" Oh andiamo Steve!"-
Mi guarda titubante, ma alla fine si decide a parlare.
-" E va bene, ma io e te dobbiamo fare un patto, Ian: una verità per una verità. Io ti dirò che idea mi sono fatto di te ed in cambio, voglio che tu mi permetta di aiutarti."-
" Una verità per una verità. Sì, credo che si possa fare."
Faccio un sospiro rassegnato, raddrizzando le spalle.
"Non per me, Grace.
Non per te.
Ma per noi, questo sì.
So che è la cosa giusta da fare."
Seppure un po' riluttante, accetto.
-" E va bene. Affare fatto."-
Ci scambiamo un'energica stretta di mano.
Dopodiché lui mi sorride gentile, ma la tensione che sento alla bocca dello stomaco, quasi mi toglie il fiato.
-" Allora Ian, sarò molto franco quindi tieniti forte. La mia prima impressione su di te, è stata che ti vedi come un grosso e profondo buco nero, pronto a distruggere qualsiasi cosa entri in collisione con lui. Mi è piaciuta la metafora che hai utilizzato prima per descrivere il modo in cui ti sentivi in questo studio: in gabbia. Beh se devo essere sincero, credo che tu in gabbia ti ci senta nella vita, in generale. Odi te stesso e di conseguenza, proietti quest'odio profondo, nei confronti del mondo che ti circonda. Ti porti dietro un fardello troppo grande e l'unico motivo per il quale continui sempre a rifiutare un aiuto, è perché ti senti profondamente indegno.
È come se avessi rinunciato a vivere.
Ti guardo negli occhi e non riesco a vedere altro, che dolore.
Eppure io credo che una scintilla di speranza in te, c'è. E mio caro ragazzo, è proprio da lì che dobbiamo partire.
Tu sai a chi mi sto riferendo, ed è proprio per lei che devi lottare.
Lotta Ian, difendi quella scintilla con le unghie e con i denti.
Ti prometto che ne uscirai vittorioso."-
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Perché Sei Tu [Vol.2]
ChickLitDopo aver lasciato Los Angeles ed aver rinunciato a tutto ciò che amava per ritrovare se stessa, Grace sembra davvero essere una persona nuova: sempre solare e divertente, sembra essersi lasciata ormai alle spalle tutto il dolore del passato. Niente...