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Cris POV
Part I

-" Buongiorno signor Smith."- la voce profonda e vibrante del mio collaboratore, mi sembra quasi irreale.
-" Buongiorno Jackson. Hai le cose che ti avevo chiesto?"-
-" Sì signore."-
Sono le undici del mattino.
Salgo sulla sua auto, prestando bene attenzione che non ci sia nessuno a seguirmi.
Sono teso, nervoso.
Questa mattina mi sento avvolto da un'atmosfera quasi surreale.
Il mio umore è spento e cupo, come il cielo piovoso che oggi ricopre la città. Penso a Grace, è per lei che sto facendo tutto questo, ma la paura di poter fare anche solo una mossa falsa, mi terrorizza.
" Se dovesse succedergli qualcosa, sarà solo colpa mia."
Pensarci, quasi mi toglie il fiato. Scuoto la testa, provando a schiarirmi le idee.
" Andrà bene. Deve andare bene."
Jackson tira fuori una valigetta scura foderata in pelle, che cattura subito la mia curiosità.
-" Cosa c'è là dentro?"- mormoro, con leggero timore.
-" Tutto quello che mi aveva chiesto."-
La apre, porgendomi una piccola spilla color argento.
-" Che cos'è?"-
-" Una micro videocamera con registratore incorporato che è possibile gestire tramite wifi.
Mentre lei parlerà con suo padre, io seguirò ogni cosa a distanza di sicurezza, dallo schermo del mio computer."-
La indosso con mani tremanti, facendo un paio di prove per assicurarmi che funzioni correttamente.
-" Molto bene Jackson. Cos'altro hai per me?"- sussurro passandomi una mano fra i capelli.
Mi porge una piccola scatola nera.
Aggrotto la fronte, non capendo di che cosa si tratti.
-" Un localizzatore GPS?"- provo ad ipotizzare, esaminandolo con attenzione.
-" No, di quello mi occuperò io. Quello che tiene fra mani invece, è un registratore professionale. Registra qualsiasi discussione nel raggio di venti metri e possiede anche una funzione di attivazione vocale.
Le sue piccole dimensioni lo rendono facilissimo da nascondere, quindi non dovrebbe avere problemi. Quando sarà con suo padre, provi a distrarlo e a posizionare questo registratore in un punto nascosto. "-
Mi irrigidisco.
-" E se dovesse scoprirlo?"-
Jackson mi guarda serio.
-" Beh in tal caso ci sarà sempre questo."- mi porge un elegante orologio da polso, con cinturino in pelle e dettagli in argento.
Sbatto le palpebre, confuso.
-" Un orologio?"- gli chiedo scettico.
-" Non un semplice orologio. Provi a guardare meglio il suo quadrante. All'interno infatti è nascosta una microcamera ad infrarossi, che come il registratore che tiene nell'altra mano, ha la funzione di attivazione vocale e gestione wifi. Le basterà semplicemente posizionarlo nell'appartamento di suo padre. È un semplice oggetto quotidiano, non sospetterà mai che si tratti di un meccanismo di registrazione."-
Deglutisco, stringendo le labbra in una linea dura.
-" Molto bene."-
Chiudo gli occhi, facendo un respiro profondo.
-" Jackson hai fatto un lavoro eccellente, ho solo un dubbio però."-
-" Cioè?"-
-" Questa spilla. Io non ho mai portato nulla di simile in vita mia e questo potrebbe insospettire mio padre."-
Abbassa lo sguardo, riflettendo sulle mie parole.
-" Capisco. Cosa ne direbbe allora di una cravatta?"-
"Una che?"
Aggrotto la fronte, mentre dalla valigetta sulle sue gambe, ne tira fuori una.
-" Non ci posso credere."- mormoro letteralmente basito.
-" Ovviamente così come l'orologio e tutti gli altri oggetti che le ho dato, al suo interno nasconde una telecamera che lei attiverà attraverso questo piccolo telecomando. Le basterà tenerlo in tasca e premerlo, all'occorrenza."-
-"Incredibile."- sussurro.
Mi viene la pelle d'oca, mentre una scarica di adrenalina mi percorre il corpo.
"Forse potrei farcela per davvero."
Indosso la cravatta che mi porge Jackson, sistemandola con attenzione.
"Con tutta questa attrezzatura, forse riuscirò finalmente ad incastrare mio padre."

Tre ore più tardi, sono davanti alla porta di quella che un tempo, era anche casa mia.
Il cuore mi batte forte.
Chiudo gli occhi, facendo dei respiri profondi.
"Puoi farcela Smith."
Suono il campanello e inaspettatamente viene ad aprirmi Caren, la mia matrigna, nonché moglie di quel despota di mio padre.
-" Ian."- mormora, avvolta in un'elegante abito chanel.
"Di certo, suppongo che io sia l'ultima persona che si aspettasse di vedere oggi."
-" Buon pomeriggio, Caren. Mio padre è in casa?"-
La guardo con un sorriso tranquillo, ma dio solo sa quanto io la odi, dal profondo del mio cuore.
-" Sì certo, accomodati."- borbotta controvoglia.
Mora, ricca e terribilmente snob. Quando ero solo un bambino, mi ha sempre trattato come il peggiore dei rifiuti umani.
In poche parole: una vera strega.
Non mi meraviglia che dopo più di vent'anni di matrimonio, stia ancora con un tipo come mio padre. Sono praticamente identici.
Lui la tradisce con la sua segretaria e lei, con il suo autista personale.
Mi faccio strada attraverso l'ingresso freddo e asettico.
-" A cosa dobbiamo la tua visita?"- dice, mentre il suono dei suoi tacchi, risuona in modo fastidioso sul pavimento.
Inarco un sopracciglio, fulminandola con lo sguardo.
"Mi chiedo il motivo di tutto questo interesse."
-" Sono qui per delle questioni di lavoro."-mormoro, seccato dalla sua presenza.
-"Posso sapere quali?"- la sua domanda impertinente, mi fa sorridere.
-" No."- rispondo semplicemente.
Vedo i suoi occhi stringersi a fessura, mentre mi guarda con risentimento.
-" Come sempre l'educazione non è il tuo forte, caro Ian."- dice, posando entrambe le mani sui fianchi.
-" Così come la simpatia non è il tuo, Caren."-
Impallidisce.
-" Ma come ti permetti?"-
Mi guarda su tutte le furie.
-" Brutto moccioso arrogante, che non sei altro!"-
Alzo gli occhi al cielo, ormai esasperato da questa conversazione inutile.
-" Sai, Caren."- i suoi occhi saettano nei miei. -" Non per mancarti di rispetto, ma credo che ognuno abbia i suoi punti deboli. C'è chi non è educato e chi non è umano. Il mondo è bello perché vario. Ci fossero però molte meno donne come te e sono sicuro, staremmo tutti molto meglio."-
Le parole mi escono di bocca, prima che io riesca a fermarle.
Mi guarda sconcertata, diventano letteralmente paonazza dalla rabbia.
-" Cris Ian Smith!"- urla a gran voce, per ammonirmi.
Faccio spallucce.
-" Perdonami, non volevo essere così diretto. Vedila in questo modo però: almeno io, a differenza dei leccapiedi di cui ti circondi di continuo, quello che penso di te, ho il coraggio di dirtelo in faccia. Sarò anche maleducato, ma almeno non sono un ipocrita."-
"Arrivati a questo punto, credo che ormai dovrebbe esplodere da un momento all'altro."
Mi guarda con occhi allucinati, mentre lentamente si avvicina a me.
-" Lurido ingrato. Avrei dovuto sbarazzarmi di te, quando ancora ne avevo l'opportunità."-
La guardo con aria di sfida.
-" Vacci piano signora Smith, non vorrei ti venisse un colpo. Sai com'è, ormai non sei più così tanto giovane."-
Sgrana gli occhi, ormai al limite.
"Ci siamo. Prepararsi all'esplosione fra 3,2,1..."
Prova a schiaffeggiarmi in pieno viso, ma con abile gesto le afferro entrambi i polsi, impedendogli qualsiasi movimento.
-"Toglimi immediatamente le mani di dosso."- sibila a denti stretti.
-" Oh non ci penso nemmeno."- aumento la presa, sentendo il mio fastidio, aumentare sempre di più.
-" Sono finiti i tempi in cui mi picchiavi a tuo piacimento, senza alcun motivo."-
-" Beh te lo meritavi!"- mormora, sputandomi addosso tutto il suo veleno.
-" Ero solo un bambino."- ruggisco.
-" Un bambino che voleva solo un padre e una madre che si prendessero cura di lui."-
La sua risata si riverbera nell'intera stanza.
-" Povero illuso. Sei davvero convinto che tutto si riduca a questo? Sei sempre stato il frutto, di uno degli errori più grandi che tuo padre abbia mai commesso nella sua intera vita. Come avrebbe potuto amarti?"-
Sento il mio senso di repulsione e disgusto verso questa donna, crescere sempre di più.
-" Oh Caren, mi fai solo pena. Non fai che atteggiarti a gran signora, mentre tuo marito se la spassa con un'altra donna più bella e giovane di te. Ti diverti ad umiliarmi, ma cosa credi che dica la gente di te, alle tue spalle? Tutti sanno che George Smith va a letto con la sua assistente."-
Si irrigidisce, sbiancando di colpo.
-" Stai mentendo."-
Sorrido.
-" Se preferisci una bugia ad una scomoda verità allora...
Sì, sto mentendo. Tu più di me però, sai che non è vero."-
La lascio andare, vedendola barcollare sulle sue scarpe costose.
-" Sai, per tutta la vita non hai fatto altro che sfogare su di me tutte le tue frustrazioni, non rendendoti mai effettivamente conto, di quello che ti succedeva intorno. Tuo marito ti tradiva e quello che alla fine ne pagava sempre le conseguenze ero io.
Un bambino di cinque anni, che non avrebbe potuto difendersi in alcun modo.
Io ero il tuo bersaglio preferito, di un rituale che si è ripetuto per anni. Adesso però le cose sono cambiate."-
Mi guarda dall'alto in basso con rancore, nonostante questo però, decido di continuare.
-"Tu sei una donna spregevole Caren e ti meriti tutto quello che la vita di ha dato. Incluso mio padre, ed il vostro ridicolo matrimonio di facciata."-
Incrocia le braccia al petto.
-" Il nostro non è affatto un matrimonio di facciata!"- esclama.
"Sì certo, come no. Questa donna è ridicola."
Mi passo una mano fra i capelli, ormai stanco di ascoltare il suono acuto delle sue inutili parole.
-" Come preferisci. Ora se permetti però, avrei cose più importanti da fare."-
Sistemandomi la cravatta e la spilla sulla giacca, la oltrepasso dirigendomi verso lo studio di mio padre.
-" Sai Ian, tu e George non siete infondo così diversi."-
La fisso torvo, valutando bene le sue parole.
-" Forse hai ragione Caren."-
"Io stesso fino a ieri, ero convinto di assomigliargli in molte cose.
Stessi occhi grigi, stesso odio verso il mondo.
Mi vedevo come un mostro senza scrupoli. Un uomo vuoto e senza morale, destinato a soccombere al proprio destino.
Ho fatto molte scelte sbagliate. Alcune più di altre. Ma c'è una persona, forse più di una, che ancora crede in me, ed è per lei che non intendo arrendermi."
-" Io e mio padre, possiamo apparentemente essere simili in molte cose. Credo però, che ci sia un unica grande differenza fra noi e sono i nostri obiettivi e le strade che decidiamo di percorrere per raggiungerli. In questo lui, non potrà mai eguagliarmi."-
Mi guarda scettica. Poi afferra la sua borsa e dopo aver recuperato la giacca, va via chiudendo con forza la porta alle sue spalle.
Sorrido.
"Povera Caren, di certo non si aspettava una reazione simile da parte mia. Mi ha paragonato a mio padre: mi chiedo se le sue parole volessero essere un insulto o una precisazione. Tuttavia, sono felice di avergli risposto in quel modo."
Guardo la porta davanti a me, sentendo il mio cuore aumentare i suoi battiti.
-" Ci siamo."- sussurro.
-" E ora di fare un bel discorsetto, paparino."-
" C'è chi gioca per vincere una battaglia e chi invece punta a conquistare una guerra. È tutta una questione di strategie. Mio padre fino ad oggi ha fatto il suo gioco. Direi che è ora di fare il mio."

Perché Sei Tu [Vol.2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora