Una tipa del personale scolastico venne a chiamarlo mentre lui stava spiegando; continuava imperterrito da due ore, senza lasciarvi abbastanza tempo per prendere appunti.
Respirasti con sollievo per la pausa, ma appena un paio di minuti più tardi lui era di nuovo dentro, diretto verso la cattedra, con le manine di un marmocchio incollate al retro della coscia.
<<Dai, siediti qui accanto a me.>> posizionò una sedia per suo figlio, quello di cui parlava sempre con gli occhi lucidi, proprio accanto alla sua, in modo che il piccolo potesse poggiare lo zaino sulla cattedra.
Ma il bimbo, che dimostrava poco meno dei suoi nove anni, se ne stava lì con le manine strette l'una nell'altra, a scrutare il pavimento grigio e i numerosissimi banchi disposti attorno alla cattedra del suo papà.
<<Mattè, che succede?>> disse l'uomo notando la timidezza del ragazzo. <<Su, non fare così. Hai qualche compito da fare per casa?>> domandò sperando di poter rassicurare il bambino.
Una vocina timida e composta uscì dalle piccole labbra di Matteo.
<<Italiano...>> disse, sollevando appena il capo.
Aspettava la risposta del genitore, che non tardò ad arrivare.
Era raro sentir parlare il tuo professore in quel modo così dolce, tanto sereno da far intenerire persino te, poco incline alle effusioni sdolcinate.
<<Italiano?>> c'era un che di materno nella sua voce <<Dai, siediti così puoi fare i compiti!>>.
<<Sto bene così papà, sto bene così!>> mosse il capo da destra a sinistra più volte.
Vedesti gli occhi di Ruo attraversati da un lampo, forse un ricordo, o semplicemente tristezza per l'imbarazzo che probabilmente stava provando suo figlio.
Terminò in fretta la spiegazione, senza mettere più Matteo in condizione di parlare di fronte a così tante persone.
Poi vi concesse alcuni minuti per mettere a posto i libri con calma e si rivolse a bassa voce al piccolo, ma tu riuscisti comunque ad origliare la conversazione.
<<Mattè, non c'era bisogno di fare così! Non devi vergognarti, sono ragazzini come te!>> per evitare che il piccolo lo prendesse come un rimprovero non aveva parlato in dialetto e gli aveva passato una mano fra i capelli.
La testa del piccolo ci stava tutta nel suo palmo.
Si preparò anche lui e, prima di lasciarvi andare, coprì suo figlio con un grosso cappello di lana che gli nascondeva interamente le orecchie: probabilmente era il suo, ma non voleva che Matteo prendesse freddo.
Quando se lo tolse prima ancora di uscire, Ruo non risparmiò al figlio un "te mett u cappidd!" davanti a tutti voi, che non riusciste a trattenere le risate (parlava col figlio così come con voi alunni).
Poi entrambi si infilarono in macchina, e tu e la tua compagna di banco continuaste a guardarli finché non furono sbucati fuori dal cancello della scuola, col bambino che vi salutava tutti muovendo con timidezza la manina.

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Immagina
FanfictionRaccolta di IMMAGINA personali e su richiesta, qualsiasi genere, stile, personaggio e situazione. Copertina di @aliss19