Immagina Ruo

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Su richiesta/grazie a di @ehjreus

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Su richiesta/grazie a di @ehjreus

La sua ford tirata a lucido sì fermò nel parcheggio della scuola, al solito posto accanto all'ingresso.

La sua figura alta lasciò la vettura con un gesto elegante e con uno scatto del polso aprì il bagagliaio, prendendo fra le braccia i suoi libri d'inglese.

Ti passò accanto degnandoti a malapena di uno sguardo fugace, allontanandosi velocemente dal gruppo di studenti che aspettavano il suono della campanella.

Portò la mano libera sul suo volto e la fece scivolare dalla tempia al mento, come alla ricerca di una maschera invisibile, quella che era costretto ad indossare ogni giorno.

Aveva i capeli scompigliati, come ogni mattina del resto, ma quella volta ti sembrava di rivedere ancora le tue dita insinuarsi fra quei morbidi ciuffi neri.

Ingoiasti la solita amarezza che risaliva lungo la tua gola in quelle situazioni e ti avviasti verso la tua classe, ignorando completamente l'aula dalla quale Ruo ti fissava distrattamente, con quei suoi occhi color mandorla le cui iridi si confondevano con le pupille in modo da rendere profondo e immensamente triste il suo sguardo, unico spiraglio ritagliato nella gelida maschera da sconosciuto.

Dopo esser stati quasi scoperti, la frequenza dei vostri incontri era scemata e la sua freddezza era aumentata a dismisura, tanto da risultare assurda persino ai tuoi compagni di classe.

Eppure non potevi non comprendere il nuovo atteggiamento, al quale lui sapeva porre tregua solo durante i vostri momenti più intimi, rituali divenuti ormai rari.

Nulla era però paragonabile allo strazio che tormentava il tuo giovane cuore all'arrivo delle prime due ore del mercoledì mattina, quando eri costretto ad assistere immobile al suo teatrino, alla finzione che riusciva a mettere in scena ogni volta.

E dalla cattedra scrutava voi alunni, attento a controllare ogni reazione alle sue parole, divenendo improvvisamente prevenuto come non lo era mai stato.

Quel giorno si sedette al suo posto col solito ritardo, fece l'appello, si schiarì la voce e si sforzò di parlare di calcio, per sembrare ancora il Ruo di una volta, ma le occhiaie tradivano le sue lunghe notti insonni.

Quando si alzò per raccogliere alcune fotocopie cadute dalla cattedra, la stanchezza si fece sentire, e il suo corpo cadde in un attimo, accasciandosi al suolo privo di sensi.

L'impatto fu rumoroso, ma venne sovrastato dal trambusto delle sedie che avevi spostato per raggiungere il tuo amato professore.

Sollevasti le sue gambe col busto e raggiungesti il suo viso con le mani tremanti.

Dopo pochi secondi fin troppo lunghi rinvenne.

Probabilmente le tue carezze erano riuscite a districare i nodi che tenevano unita la maschera del tuo docente, perché non appena i suoi occhi si schiusero, il tuo corpo fu pervaso da un calore dal sapore familiare, che aveva fatto fiorire il vostro amore.

Sul suo volto si dipinse un lieve sorriso, modellato sulle sue labbra bianche e sulle guance prive di sangue.

<<Grazie...>> il sussurro era quasi impercettibile, ma il suo tono aveva la stessa intensità e la stessa carica delle vostre più dolci confessioni d'amore.

Dopo un attimo di iniziale spaesamento, sollevasti il tronco, permettendo al tuo amato di distendere le gambe. Tenendogli una mano sul petto gli impedisti di alzarsi e ordinasti ai tuoi compagni di chiamare il personale della scuola, il tutto senza staccare gli occhi dal suo viso stanco e arrendevole.

Inaspettato fu il contatto con le sue dita, che circondarono in una presa senza forza il tuo polso, massaggiandolo a mo' di ringraziamento; e altrettanto piacevole fu sentire quelle stesse dita scorrere lungo la tua mano nel momento in cui veniva sollevato, come se non volesse porre fine a quella unione tanto innocente quanto desiderata.

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