Immagina Ruo

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Dedicato a @ehjreus e al "nostro" Reus.


Ti alzasti in piedi dietro quella lunga tavola bordata di rosso, stringendo il microfono fra le mani. Contrariamente a quanto avevano fatto gli altri, non ringraziasti i presenti, ma cominciasti subito il discorso che avevi preparato in fretta e furia su quello stesso banco: inizialmente non avevi alcuna voglia di mostrare il tuo dolore ancora vivo, ma la lezione tenuta l'ora precedente ti aveva spinto a parlare, per dire le uniche parole di cordoglio che necessitava quella manifestazione.

Guardando i due genitori che da anni ormai fornivano premi e borse di studio nell'istituto in cui insegnavi, prendesti coraggio e parlasti.
<<La lingua italiana non ha previsto alcun sostantivo per indicare il genitore che sopravvive al proprio figlio. Morto il coniuge si diventa vedovi; persi i genitori si è orfani; ma nessuna parola è stata coniata per chi perde dei figli. Eppure sono in molti a provare lo stesso dolore che accomuna i genitori delle vittime del Bataclan a quelli delle sette ragazze italiane di Erasmus e a noi, voi che avete perso due figli adolescenti ed io, perché anch'io ho perso mia figlia, quando era ancora una bambina.>>, prendesti finalmente un po' di respiro e cercasti il foglio su cui avevi scarabocchiato alcune parole, mentre le facce stupite della platea erano meravigliate dal sentirti parlare di un argomento tanto scomodo e doloroso. Le mani ti tremavano così tanto che il foglio ricadde sul tavolo, e li lo lasciasti. Chinasti il capo per leggere, perché non avresti trovato la forza per tenere quella poesia vicino al petto.
<<Ecco, in questi momenti ci si può affidare solo ai ricordi o alla fede, e voi che siete credenti potete sperare nella religione e siete più fortunati; io lo sono un po' meno e devo trovare consolazione in altro. Vorrei però leggervi il sonetto di una prete anglicani, John Donne, Death be not proud, che significa "Morte non essere fiera". L'ho spiegata proprio oggi ai miei ragazzi di terza,>> dicesti guardando i loro occhi pieni delle lacrime di commozione che avresti voluto versare tu, <<e credo sia adatta a rappresentare le mie, le nostre emozioni.>> dopo un breve applauso cominciasti.

<< Morte, non essere fiera, sebbene alcuni ti abbiano chiamata 
potente e terribile, perchè tu non lo sei; 
poichè coloro che tu pensi di sconfiggere,
non muoiono, povera morte, né tu mi puoi uccidere. 
Dal riposo e dal sonno, che non sono altro che tue immagini, 
viene tratto molto piacere, quindi più in fretta i nostri miglior uomini se ne vanno con te, 
riposo per le loro ossa e liberazione dell'anima. 
Tu sei schiava del destino, del caso, dei re, e degli uomini disperati, 
e convivi con il veleno, la guerra e la malattia, 
e il papavero o gli incantesimi ci fanno dormire altrettanto 
e meglio del tuo colpo; allora perchè ti vanti? 
Dopo un breve sonno, ci sveglieremo per l'eternità, 
e la morte non esisterà più; Morte, tu morirai.>>

Il fragore degli applausi esplose con gioia mista a tristezza non appena posasti il microfono. Poi, strofinando velocemente gli occhi col dorso della mano, ti riaccomodasti al tuo posto, scambiando sguardi affettuosi con chi poteva capire il tuo dolore.

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