Immagina Ruo

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Mi aspetto qualcosa shadowripper01

Si presentò alla sua porta senza preavviso, dopo aver evitato persino di guardarlo negli occhi per un mese.
La pioggia batteva forte sulla sua testa incappucciata, e questo fu abbastanza per convincere il professore a farlo entrare, nonostante Matteo fosse in casa.
<<Cosa c'è?>> chiese amaramente.
Il ragazzino non proferì parola per quelli che sembrarono appena un paio di minuti.
<<Non ho tempo da perdere Adrià! Vai via...>> lo cacciò sussurrando le ultime due parole, che mai avrebbe sognato di rivolgergli fino a pochi mesi prima.
Fu allora che il giovane provò a parlare, ingoiando le lacrime che avevano iniziato a rigargli silenziosamente il volto.
Dalle sue labbra uscì poco più che un lamento, puro dolore mescolato alla confusione.
<<Mi dispiace.>> riuscì a dire.
<<Non è questo il momento di dispiac...>> la frase che doveva essere carica di rabbia gli morì in gola quando vide il suo alunno cadergli ai piedi provocando un forte tonfo sul parquet.
Quelle che seguirono furono parole strozzate dal pianto e dai singhiozzi incessanti del ragazzino che chiedeva perdono per tutto, per il suo comportamento, per gli insulti, per aver fatto finire la loro storia in quel modo.
<<Adriano!>> pronunciò il suo nome con dolcezza e si piegò, poggiandosi egli stesso sul pavimento caldo, e avvolse il corpo del ragazzo con le braccia.
La sua testa poggiava sulla camicia sbottonata del docente, mentre le sue dita si avvinghiavano mollemente alla cintura dei pantaloni.
<<Piccolo, non piangere.>> sedò la rabbia nella sua voce cercando di tranquillizzare il suo vecchio compagno; inoltre non voleva svegliare suo figlio che dormiva nella stanza accanto.
<<Perché?>> urlò il biondino sbattendo con forza i palmi delle mani sul torace robusto del professore, che sussultò vistosamente per il colpo.
Il più grande si svincolò dalla presa possente di quelle unghie sul suo petto e si alzò in piedi.
Poi tirò all'indietro il braccio e lasciò che la sua mano ricadesse violentemente sul viso del giovane.
La mano gli bruciava e poteva facilmente immaginare quanto avesse male il ragazzo.
Ingoiò a vuoto pensando a ciò che aveva appena fatto.
<<Io...>>. Non trovò parole per continuare e rimase a fissare il giovane.
Decise che non era il momento di chiedere scusa e prese a sfogarsi contro di lui.
<<Da quando hai trovato quel tuo branco di amichetti irriverenti sei diventato uno dei peggiori alunni esistenti. A Londra te ne sei andato a zonzo fra un pub e l'altro mentre io, da coglione quale sono, facevo da guida alle uniche due ragazzine che mi seguivano; uscivi di notte e mentivi su tutto; non mi hai mai raccontato niente credendo che fossi un idiota! -Continuò nonostante avesse notato che il ragazzo aveva ripreso a piagnucolare. -Eppure ho saputo della tua prima sigaretta, della tua prima vodka, di come mandi a puttane il tuo futuro da calciatore! Ho saputo di tutti gli insulti che rivolgevi non solo a quelle insegnanti deficienti che ci accompagnavano, ma persino a me, al tuo fidanzato. Cristo che rabbia quando ho visto che a poco a poco la situazione mi stava sfuggendo di mano ed io non potevo far nulla. Hai smesso di venire nella mia camera dicendo che era troppo pericoloso, vigliacco, ed invece te ne stavi con i tuoi amici al bancone. Quanto avrei desiderato poter venire a prenderti a schiaff->>.
<<Papà?>> disse una vocina stridula dietro di lui, interrompendolo <<Perché urli?>>.
Aveva gridato tanto forte da svegliare il piccolo Matteo.
Si passò una mano fra i capelli: lui era l'adulto, doveva controllarsi.
Poi suo figlio fece quello che desiderava tanto fare anche lui: si catapultò fra le braccia di Adriano, ancora in ginocchio e con la guancia dolorante.
<Adriano sei tornato! Ora papà non è più solo!>> il suo vocino assonnato riempì di tenerezza il cuore troppo vecchio per certe emozioni di Ruo e anche lui si piegò all'altezza delle due persone a cui teneva di più.
Seguì un lungo ed intenso silenzio, disturbato solo dalla pioggia che continuava a cadere.
<<Ho esagerato prima?>> domandò passando una mano sullo zigomo del ragazzo, portandogli i capelli che spuntavano dal lungo ciuffo dietro l'orecchio.
Adriano lo guardò, dritto negli occhi, mostrando i suoi rossi di lacrime e questo bastò come risposta.
<<Giuseppe, ti amo tanto. Ti amo ancora. Non voglio perderti così!>> finì per torturarsi le labbra aspettando una risposta.
Ruo si avvicinò di più al suo compagno e lo strinse forte a sé, stritolando nell'abbraccio anche suo figlio.
Poi baciò entrambi, uno sulla fronte e l'altro sulle labbra, e aiutò il più grande ad alzarsi.
<<Questo mese senza di te è stato orribile.>> disse poi il giovane col capo ancora basso.
<<Quand si scusajul>> rispose Ruo col suo solito fare dialettale prima di mettergli una mano sulla spalla per portarlo in camera.
Matteo non lasciò la mano del compagno del suo papà nemmeno per un secondo, felice di poterli vedere insieme e sereni, e poi si fece mettere a letto da entrambi, crollando subito dopo.
<<Dormiamo insieme?>> chiese.
<<In realtà penso che tornerò di là a leggere il mio libro in inglese...>> rispose freddamente Ruo.
Il ragazzo sembro gelare di delusione e entrambi sentirono il loro cuore aumentare ritmo.
<<Amore? Tu lo sai che avrò bisogno di un po' di tempo per tornare a considerare tutto come prima, vero?>>
Adriano fece cenno di sì con la testa e strinse più forte la mano del suo tesoro, consapevole delle sue colpe.
<<Ragazzo intelligente.>> sorrise, finalmente in quella serata, prima di spingerlo scherzosamente col bacino lungo il corridoio.
Dopotutto era il suo adorato alunnino, non poteva non perdonarlo.

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