Immagina

Immagina un incontro

××oggi studiavo Freud, e parlando di nevrosi mi è tornato in mente wattpad××

Era un tipo smilzo, alto, bel cranio; occhi grandi e malinconici, sorrideva solo quando parlava. Voce profonda, caldissima. Un ragazzo bello e triste, vestito nella normalità di un contegno meritato. I suoi trentanni trascorsi camminando lento, solo.
La luce tagliava il suo viso, l'occhio buio mi parlò. <<Conosci l'estate?>>
Levai il naso dalle corde tirate, delle note echeggiavano ancora. Mi parlò della sua vita andata, lo fece in silenzio.
Aveva una cartellina sottobraccio: fogli, scritte, spartiti. Raccontava. Io muovevo le dita su tasti sconosciuti, lo ascoltavo. Non erano parole, la sua voce era troppo bella. Lo sentii cantare, un mormorio perso nei ricordi più vaghi, giorni uguali.
Centellinava. Mi regalava dei suoni, vocali di chi racconta senza sapere cosa si vive. Ed io non sapevo cosa fosse vivere. La sua sottile sagoma mi faceva ombra, quei pomeriggi spesi a cercare un nome mai rivelato. La panchina defilata, lì aspettavamo che l'ora passasse. Si ricordava di me, non ammetteva di avermi cercato  fra i tanti volti austeri. Viveva di ricordi. Capii che parlava poco perché strozzato dalle emozioni. Mi regalò la cartellina.
<<Conosci l'estate?>> lo ripeteva, dimenticava. Io la vita non la conoscevo. L'estate era il tempo della calura, del grano, dell'andare. Lo chiedeva pregando, sbranato dalla vita: forse lui la conosceva.
Il ragazzo non era mai divenuto uomo, ferito; sapeva ancora come si piange. Lo facevamo insieme, senza lacrime. Io capivo che mi stava parlando, perché sorrideva.
Mi dissero il suo nome quando nessuno avrebbe potuto ascoltare ancora i suoi occhi. Amava, ma il cuore doleva. Era un'anima sola, in cerca. Trovò la morte, ignara o invocata, e le si donò senza scelta.
Corsi a vedere il colore del vento.
Per un giorno, per un momento, conobbi l'estate.