Immagina Ruo

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Non era passato molto tempo dal nostro riavvicinamento quando arrivò il giorno del mio compleanno.
Avevo previsto tutto alla perfezione, mentito a mia madre, comprato un pacchetto di dolci confezionati e stravolto il mio guardaroba per scegliere la felpa adatta.
Arrivai a casa sua con quei soliti due minuti d'anticipo e lo trovai già appostato nel portone ad aspettarmi.
<<Amore, auguri!>> mi ripetè l'augurio fatto fra i banchi di scuola, questa volta in veste di fidanzato e non di professore. <<Non ho comprato le candeline, non c'erano!>> si scusò mentre salivamo verso il terzo piano.
<<Troverò qualcos'altro su cui soffiare...>> dissi con fare scherzoso cingendogli la vita da dietro.
Casa sua era per me una seconda vita, parallela a quella che ogni giorno vivevo da studente sedicenne; era la mia vita profana, e lui era il mio Lucifero: l'angelo più bello, scagliato nell'inferno del mondo.
Ero così impegnato ad idealizzarlo che non mi accorsi che Giuseppe aveva preso a divertirsi col mio telefono, leggendo le diverse chat di auguri.
Gli dissi di smetterla, ma fu ovviamente troppo tardi: alla sua fronte si aggiunse un'altra ruga, e le sopracciglia si scontrarono in un'espressione attonita.
<<Chi è questa?>> mi domandò con tono autoritario.
Quand'io non risposi, ripetè la domanda, questa volta con rabbia e in dialetto.
<<È Rossella, quella che aveva una cotta per me. Si aspettava che alle sei di mattina leggessi quel rotolo di pergamena che mi ha scritto!>> provai a smorzare la tensione con un sorriso, sapendo quanto poteva essere feroce la gelosia di Giuseppe <<Ehi, cos'è quella faccia?>> domandai prendendogli il mento con due dita.
Lui le scostò immediatamente con un gesto della mano e puntò i suoi occhi sul mio viso.
<<"Ricordo benissimo quella notte passata insieme">>
<<Eravamo i dieci del corso!>> mi difesi, quasi offeso dal fatto che Giuseppe accettasse come buone quelle frasi.
<<Non interrompermi!>> la sua voce mi raggelò. Poi continuò leggendo ad alta voce le ultime righe del messaggio <<"Spero di rivederti presto, così che il mio cuore può riunirsi al tuo". Te ne sei scelto una che non sa nemmeno coniugare due verbi, brav!>> rigettò il telefono sul tavolo e mi diede le spalle, passandosi le mani sulle tempie.
Non sopportavo vederlo arrabbiato, e in quel momento lui era furioso, ribolliva internamente.
<<Giuseppe?>>
<<No. Hai ragione tu Adriano. Quando ci siamo fidanzati avevo messo in conto anche quest'evenienza. Hai appena sedici anni, devi fare queste esperienze...>> il mio sguardo perplesso non bastò a interrompere la sua lagna.
Quando vide i miei occhi diventare lucidi, capì che forse stava esagerando e cambiò tono <<C'è qualcosa dentro di me che mi dice di fidarmi di te, però.>>
<<C'è qualcosa? È questo quello che sai dire?>> lo scaraventai sul letto e gli bloccai i polsi, tenendolo fermo sotto ti me. <<Dopo due fottuti anni tu mi dici che c'è solo qualcosa? Se non avessi un figlio che ti ama ti avrei già spaccato la faccia!>> mi sorpresi della forza della mia voce, e lo fece anche lui, non abituato a scontrarsi in questo modo con me.
Continuai a tenerlo stretto sotto di me, avvicinandomi sempre di più , senza volerlo, al suo corpo. <<Non ti tradirei mai, e non voglio che la mia età giustifichi le mie azioni. Il mio amore per te non e quello di un sedicenne, è semplicemente amore, e lo sai benissimo! Pensi che per me tutto questo sia un gioco? Una stupida presa in giro? Rispondimi Giuseppe!>> Mi fermai per prendere fiato.
Lui aveva le labbra socchiuse e lo stesso mio affanno.
Prima che dalle sue labbra uscisse una singola parola, sui miei occhiali cominciarono a formarsi chiazze liquide e trasparenti.
Non piangevo davanti a lui da tanto, troppo tempo, forse proprio per evitare di apparire debole ai suoi occhi, come fossi un qualsiasi ragazzino.
<<Adriano... - sussurò- no...>> in un attimo lui mi strinse al suo petto liberando i polsi dalla mia presa.
Mi ritrovai a singhiozzare stretto fra le sue braccia, a trattenere a stento le lacrime che bruciavano i miei occhi, mentre lui alternava le carezze fra i capelli ormai troppo lunghi a parole dolci e rilassanti.
<<Ti prego, non dirmi che ti ho rovinato il compleanno, non volevo discurere proprio oggi. Non volevo farti piangere.>> mi disse una volta sollevato il mio viso con le sue dita delicate.
Mossi appena la testa per rassicurarlo, e lui mi strinse ancora più forte sul suo corpo non più così muscoloso come un tempo, continuando a scusarsi.
Passammo abbracciati il resto del pomeriggio, staccandoci solo all'ora di cena, quando per farsi perdonare mi portò sulla scogliera fuori città dove ci eravamo dati il primo bacio.
<<Sono stato tremendamente infantile!>> mi disse mentre guardavamo insieme l'orizzonte, non notando quanto fossi imbarazzato dal ricordo del mio pianto <<La tua età non è un limite, anzi, è ciò che rende il nostro rapporto così speciale. Ero geloso!>> ammise.
<<Quand si scusajul!>> risposi avvicinandomi alle sue labbra.
<<Ehi, non copiarmi le battute!>> riuscì a dire prima che la mia bocca chiudesse la sua col bacio più lungo della serata, al buio, sotto le stelle e sopra il mare infinito.

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