shadowripper01 grazie, non ho altre parole ❤
DevilSlayer99 vediamo se fai meglio di lui! 😂Lo ricordo come se fosse ieri, eppure è passato tanto tempo ormai.
Il mio Ruo. Il mio professore di inglese, materia che studiavo con così tanto piacere. Ho imparato molto grazie a lui.
Ero al terzo anno di liceo, avevo 16 anni, e lui era il vicepreside della mia scuola. Era piuttosto strano rispetto agli altri professori. Era molto acculturato, intelligente, preparato nella sua materia, ed anche un po' stronzo. Ma, soprattutto, aveva un sarcasmo fuori dal comune. La sua era un'ironia tagliente, sottile e, per me, ipnotica. Fu proprio questa caratteristica a far sì che tra di noi nascesse un rapporto così speciale.
Ero sempre stato attratto da uomini più grandi di me, probabilmente perché non avevo, per qualche motivo a me ignoto, mai superato la fase edipica.
Lui aveva 52 anni, anche se ne dimostrava qualcuno in meno. Ricordo la prima volta in cui sentii affiorare dentro di me l'ardore della passione. L'anno scolastico era cominciato circa due settimane prima, e noi eravamo piccoli alunni con grandi intenzioni bellicose. Quel giorno entrò in aula con i capelli scompigliati ed i libri tra le mani e, invece di arruffianarsi la classe, iniziò con tono autoritario ad elencare i comportamenti che avremmo dovuto avere e le cose che lo infastidivano. Non provò nemmeno ad imparare i nostri nomi. "È ancora abbastanza giovane, ma già rompe le palle come le prof. più anziane"- pensò il mio animo ancora ribelle.
Lezione dopo lezione, tuttavia, diventammo tutti più sciolti, pur mantenendo quel timore reverenziale verso un docente che sapeva come farsi rispettare. Iniziammo anche a scherzare. Se c'era qualcosa che amava, era fare battute riguardanti il calcio: fu proprio in questo modo, grazie alle nostre "rivalità" sportive, che scattò in me la scintilla. Le sue battute avevano solo l'effetto di rendermi competitivo e spingermi a rispondere alle sue provocazioni. Cominciò un sottile gioco tra noi, in classe, fatto di sguardi, di ironia, di cose dette a metà...
La lezione di inglese era diventata la più attesa. A volte, spavaldo, rispondevo anche in maniera meno velata, solo per il gusto di vederlo adirato, evento che commentavo con un sorrisetto compiaciuto. Andò avanti per qualche mese, con il risultato che ogni sera, a casa, non riuscivo a trattenermi dal masturbarmi pensando a lui. Nel letto, al buio, immaginavo di sentire le sue mani calde e forti sul mio corpo giovane, da adolescente, che toccavano delicatamente tutti i punti più sensibili, fino a farmi raggiungere il piacere.
Passarono altri mesi, tra le sue frecciatine continue e il desiderio che aumentava. La svolta avvenne un giorno, durante un rientro pomeridiano di matematica per svolgere il lavoro di un docente buono a nulla. Andando in biblioteca alla ricerca di un vecchio libro di geometria analitica, vidi, dalla porta semiaperta, che lui era lì, intento a correggere i compiti. La stanza era completamente deserta, poiché, data l'ora, c'era poco movimento all'interno della scuola. Sentii le budella aggrovigliarsi nello stomaco, quando impulsivamente decisi di entrare in quella sala...
Bussai.
"Ehm... Si può?"- dissi con tono incerto. Mi fece cenno di sì e continuai "Buongiorno prof, vorrei farle una domanda...". La verità era che non avevo la minima idea di come giustificare il mio ingresso improvviso, così provai ad inventare una balla su due piedi, ma senza molto successo. Lui, nel frattempo, aveva alzato bruscamente la testa dal tavolo e mi aveva rivolto uno sguardo così eloquente, che non considero un azzardo definirlo complice.
"Ciao, Adriano, dimmi pure"- rispose a voce alta.
"Beh, dunque... Volevo chiederle se ha fissato il compito di letteratura per dopodomani o per venerdì... Ho dimenticato di segnarlo sul diario". Divenne pensieroso per un attimo. Pensai di aver fatto una figura di merda e che probabilmente avrei fatto meglio a non entrare, quando mi rispose improvvisamente. "Adrià, il compito è dopodomani. Non hai ancora iniziato a studiare? Siamo nel pentamestre, ormai... Smettila di pensare solo a pettinarti i capelli!"- ironizzò col suo solito sarcasmo. Il suo mescolare l'italiano al dialetto durante il discorso aveva un nonsochè di inebriante. Mentre ero sovrappensiero, si guardò intorno per essere certo che nessuno fosse nei paraggi e, abbassando il tono della voce, mi disse: "Smettila di prenderti gioco di me. Dovrei forse credere che uno studente modello come te, che ha raggiunto i massimi risultati nella mia materia, non si ricordi del prossimo compito?! Allora, mi dici qual è il vero motivo che ti ha portato qui?". Divenni completamente rosso in volto, il cuore iniziò a battermi a mille e le gambe a tremare. Non so come riuscii a non perdere conoscenza, anche se l'idea di cadere fra le sue braccia non mi sarebbe dispiaciuta.
"Beh.. Ecco... Avevo assolutamente bisogno di vederla, non posso più farne a meno"- rimasi sorpeso per essere riuscito a trovare il coraggio di dire quelle semplici parole, ma allo stesso tempo mi ero trasformato in un produttore di ansia vivente. "S...spero d...d... di non averla turbata troppo..." presi a balbettare. Mi capitava spesso in situazioni imbarazzanti. Vidi nei suoi occhi ciò che le sue parole non riuscivano a dirmi. "So che sembra incredibile, ma non riuscivo più a sopportare di vivere con questo peso sul cuore. Vederla a lezione e non poterle dire nulla, doversi limitare ad osservarla di sfuggita, dover reprimere i miei sentimenti.. Non potevo continuare a vivere così. Professore, io mi sono innamorato di Lei!". Lui ammutolì e divenne cupo in volto. Ci furono infiniti attimi di soffocante silenzio. Io ero completamente pietrificato. Avrei voluto scomparire per la vergogna. Anche lui era visibilmente imbarazzato. Era la prima volta che lo vedevo in quello stato.
Tutt'ad un tratto, però, si alzò e avanzò lentamente verso di me, un po' incerto. Mi posò dolcemente una mano sul viso, accarezzandomi lievemente, fino a spostare i capelli che erano caduti davanti agli occhi, ripetendomi che erano diventati troppo lunghi. Non riuscivo a crederci. Pensavo che mi sarei risvegliato da un momento all'altro sotto il suono martellante della sveglia delle 7:00. E pregando di non svegliarmi più, avvicinai il mio corpo al suo e i nostri volti furono a mezzo centimetro di distanza l'uno dall'altro. Il bacio che ne derivò fu inevitabile. La sua mano possente scivolò sulla mia testa, fino ad arrivare alla nuca. Mi teneva premuto nella sua direzione, per farmi capire che mi voleva per sé. Dopo esserci staccati a fatica, rimanemmo a guardarci intensamente negli occhi, senza che nessuno dei due dicesse una parola. Poi lui interruppe il momento magico.
"Ora tocca a me. Mi hai colpito subito tra tutti i tuoi compagni. Tu sei diverso da loro. Sei più maturo, più consapevole, e non hai paura di metterti in gioco".- era una strana confessione la sua, ma non mi sorprese sapere che la sua ironia non era che un mezzo per attirare la mia attenzione.
"Non preoccuparti, non racconterò a nessuno di questo incontro. Gli altri non capirebbero e non vorrei mai compromettere la tua posizione." Avevo iniziato a dargli del tu, senza accorgermene, e tentai di correggermi, ma il professore mi accarezzò il petto e mi disse di non preoccuparmi.
Lui, però, sembrava piuttosto malinconico. Aveva uno sguardo assente, come se le mie parole lo avessero colpito nel profondo. I miei sogni cominciarono a sgretolarsi. Cominciai a piangere in silenzio, a testa bassa. Lui mi strinse in un abbraccio. Poi mi guardò, anche lui con il viso rigato dalle lacrime.
"Non devi aver paura. Ci sono io qui con te. Il nostro è un amore impossibile, questo lo so... Ma, dopo tanto tempo passato ad avere mille dubbi, mille preoccupazioni, non posso permettere che l'opinione della gente ti allontani da me... Non dopo averti confessato ciò che provo. Ora la tua felicità è la mia, e se con me sei felice, allora voglio passare il resto dei miei giorni con te. Non ti lascerò andare". Poi le nostre labbra si incontrarono nuovamente.
È così fu. Passò il resto dei suoi giorni al mio fianco, ed io passerò il resto dei miei al suo. Ogni giorno, da quando se n'è andato, vengo qui e rivivo la mia vita, o meglio, l'unica parte della mia esistenza degna di essere considerata tale. Guardo, fingendo di visitare dei miei cari, la sua lapide marmorea e da lontano mi sembra di riconoscere i suoi occhi scuri in quelli del figlio, la sua piccola pulce, che ogni tanto scorgo con la sua famiglia ad omaggiare il defunto padre. Ed io rimango nell'oscurità, annegando il nostro passato nei ricordi, fingendo di non essere mai esistito, di non aver mai avuto alcuna importanza per l'uomo più importante della mia vita.
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Immagina
FanfictionRaccolta di IMMAGINA personali e su richiesta, qualsiasi genere, stile, personaggio e situazione. Copertina di @aliss19