Capitolo 5- Gli occhi del demonio

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-Beth tu sai la storia di Peter Pan?- chiese Matthew di punto in bianco, mentre attraversavano un corridoio avvolto nelle tenebre. La Guardiana lo guardò di sfuggita, reggendo un pesante libro in mano.

-Mi dice qualcosa. Ma non la ricordo.- rispose aggrottando le ciglia. Forse sua madre gliela aveva raccontato in passato. Non avrebbe saputo dirlo..ma suonava come una delle favole che gli Umani raccontavano ai figli, per cullarli, farli sentire protetti e al sicuro.-Perché?

-Marie me la raccontava sempre, tutte le sere. Credi che qualcuno mi verrà a raccontare le favole adesso che lei se ne è andata?- chiese con voce triste. Era terribile sentire una tristezza simile in una voce così giovane, terribile ricordare che Marie era stata una madre per il piccolo Matthew. Beth deglutì con un nodo allo stomaco.- Assolutamente sì. Verrò io, tutte le sere. Cercherò in biblioteca le fiabe che preferisci e da domani sera verrò a raccontartele ogni volta che vorrai.

Matthew sorrise. Sembrava così indifeso, in balia della crudeltà del mondo. Lei era stata così, una volta, prima che Epoh cancellasse la sua innocenza. Quando sua madre l'aveva ceduta ad Armenia era disperata e la donna sembrava un animale senza speranza: ricordava i suoi occhi gentili, colmi di lacrime mentre fissava la sua figlia più piccola trascinata fuori di casa da quelle lunghe dita artigliate. Chiuse gli occhi, rabbrividendo.

-Di cosa parla Peter Pan?- chiese dopo un attimo di silenzio.- Mi sembra che...forse la potrei conoscere.

Lui aggrottò le ciglia.- Parla di un bambino che non voleva mai crescere e portava con sé i bambini perduti che erano come lui...fino a che una notte non conobbe Wendy, una bambina e i suoi fratelli e....- sbadigliò, nascondendo il viso dietro la manina.- Ho tanto sonno.

-Andiamo, ti porto in camera e così potrai dormire.- gli prese la mano, stringendola con tutta la poca forza che le restava. Lui sorrise.- Puoi dormire con me, stanotte?

-Certo.- stavano passando davanti alla stanza di Jamie. Beth avrebbe voluto fermarsi e bussare, ma sapeva che era inutile. Di certo l'Armato era ancora fuori. Chissà cosa faceva, con chi era. Sospirò.

-Beth posso chiederti una cosa?- domandò esitante Matt dopo qualche secondo, la mano sudata in quella della Guardiana.

Lei annuì, distogliendo lo sguardo dalla finestra. Il cielo era nero e le sculture di ghiaccio in giardino parevano quasi prendere vita nelle tenebre. Ora che la sua vita si svolgeva alla luce, la notte le faceva paura. Era come se dopo anni a reprimere la paura del buio, quella fosse tornata prepotentemente a galla.

-Tu ti ricordi i tuoi genitori?

Fu come una pugnalata al cuore. Beth deglutì mentre il ricordo dei loro visi sfocati ritornava chiaro nella sua mente.

-Poco. Molto poco. Solo piccoli sprazzi nella nebbia... E...e tu, Matthew?

-Per nulla- disse il bambino chinando il capo.- A volte vorrei averli conosciuti meglio. So solo che a mio papà piaceva giocare a scacchi, me lo ha raccontato Marie, che aveva parlato con qualcuno che li conosceva. È per lui che ho iniziato a giocarci: penso sempre che magari mi può vedere. Voglio che sia tanto fiero di me.

Beth rimase in silenzio. Gli Armati vivevano una vita dura. Troppo dura, fatta di un coraggio che rasentava la follia. Socchiuse gli occhi stancamente, ma sapeva che sarebbe rimasta, almeno per qualche altro giorno. Aveva bisogno di capire.

-Sono sicura che entrambi sono molto fieri di te.- mormorò piano la ragazza.- Sei speciale, Matthew. Diventerai il migliore Armato di questo mondo.

Erano arrivati davanti alle loro stanze. Beth esitò una frazione di secondo, poi si chinò sul bambino e gli baciò la sommità del capo.

-Vuoi venire in camera mia stanotte?- chiese con dolcezza.

EPOH- Tu sei miaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora