Capitolo 17

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Tutto intorno a me appariva vecchio, noioso, funereo: mia zia, la sua casa, i suoi mobili, il paese, le sue mura, le sue strade e la sua gente.
Per la maggior parte erano teneri vecchietti dall'aspetto esile, delicato e dagli sguardi sfuggenti, confusi, assorti nei ricordi felici di un tempo passato e forse, per questo, mesti e malinconici.
Altri erano umili contadini dai volti avizziti, stanchi, duramente segnati dalle fatiche di un lavoro pesante, spesso eseguito sotto il sole ardente e al caldo soffocante.
E se non erano contadini, allora erano altri vecchietti che si vedevano dappertutto: fermi ed immobili all'ombra d'antiche querce; o seduti e spossati a riposare su vecchie panchine del corso; o dinanzi agli usci di degradate casette, indiscreti ad osservare dietro ai vetri di piccole finestre; o a girovagare, con espressione vagante, per stradine e per vicoli del paese.
E se molti trascorrevano il loro tempo a bere o a giocare a carte in accessibili bar, altri, invece, preferivano discutere animatamente davanti o all'interno di circoli e associazioni varie.
Ma coloro i quali, solo a guardarli, suscitavano tanta tenerezza, erano senz'altro quei poveri nonnini che malati e molto sofferenti, distesi a letto del proprio capezzale, attendevano angosciati l'annuncio inevitabile della loro morte.
L'unica nota armoniosa di questo grigio e vuoto pentagramma, Terlizzi per l'appunto, era la festa patronale che si svolgeva per antica tradizione ogni anno.
In quei giorni, solitamente tre, il paese si gremiva di graziose bancarelle, rifornite alcune di gustosi e squisiti dolciumi e altre di deliziosi e desiderevoli balocchi.
Il gradito profumo di zuccheri filanti, mandorle zuccherate, frittelle sfiziose, la bellezza straordinaria delle illuminazioni, la musica dolce e soave dell'orchestra, le occhiate invitanti di brillanti giostrai e il divertimento delle diverse attrazioni, mi rendevano euforica ed eccitata.
In quella atmosfera così festosa, ero alla fine contenta di trascorrere le mie vacanze a Terlizzi, di alloggiare a casa di zia, di dormire nella stanza tetra e di potermi affacciare dalla sua piccola finestra.
Solo da quella apertura si poteva assistere difatti indisturbata al passaggio spettacolare della banda musicale, seguito dall'adorato Santo Patrono e da tutta la gente dietro in processione.
Ragazzi, bambini, uomini e donne, mai viste prima, si affollavano improvvisamente lungo tutto il corso principale.
Famiglie felici, come era felice la mia in quei giorni.

L'Illusione di un padreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora