Capitolo 111

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Per il viaggio, tutto pronto all'occorrenza. Agata aveva organizzato il tutto a meraviglia e nei minimi particolari.
Metodicamente e a suo piacimento.
Aveva prenotato treno e cuccette con almeno due mesi di anticipo.
Per assicurarsi biglietti e per un trasporto più consono e comodo principalmente per lei e per suo figlio.
Era riuscita perfino ad ottenere un unico scompartimento solamente per noi tre.
Grandioso.
Per lei soprattutto.
Almeno così non avrebbe rischiato di essere disturbata da passeggeri sconosciuti e invadenti.
A me, sinceramente, poco importava se il percorso fosse venuto in prima, seconda, terza classe.
Il problema, per me, era tutt'altro.
E anche più preoccupante direi.
Con chi avrei interloquito durante tutto il travagliato tragitto.
Ormai erano giorni che Agata non mi volgeva più parola.
Tanto per cambiare.
Com'era deprimente e insopportabile questo suo insensato e improvvisato cambio d'umore.
Mi incuteva continuamente stress ed ansia incalzante.
Ad ogni modo, nonostante le mie infinite, ma giustificate, preoccupazioni, il viaggio da me intercorso si rivelò incredibilmente stupefacente.
Una favola d'altri tempi.
Un romanzo rosa a pieno titolo.
"Aldilà del baratro";
"Galeotto fu il treno";
"l'angelo che sapeva ascoltare".
Fantasticare...
Quale magnifica virtù.
Ero libera di adempiere e di spaziare di bizzarrie, come, dove e quando volevo. Tuttavia non fu il frutto del mio ingegno o della mia fervida immaginazione quell'incontro provvidenziale, del tutto inaspettato, sul vagone "notte insonne". Rimanemmo svegli per quasi tutta la notte. Ci raccontammo di ogni, di noi, di tutto, o almeno, un po' di tutto.
Quanto ghignare.
Era da tempo che non mi spanciavo da tante risate.
Oltre che simpatico, era per di più molto affascinante.
Un bel tipo il mio interlocutore.
Se fossi stata soltanto un pelino più grande... Chissà ...
Forse, forse...
Non mi sarebbe mica dispiaciuto avercelo avuto come mio fidanzato.
Io, lui, senza lei.
Senza l'ingerenza eccessiva di Agata.
Non potevo davvero crederci.
Mi sembrava di vivere un sogno.
Agata non si era ancora fisicamente fatta vedere.
Nemmeno l'ombra vile di lei.
Fastidioso fiato sul collo.
Aurea spenta e dissoluta.
Chiusa sola nel suo scompartimento, assieme a mio fratello, non era uscita neanche una volta almeno per fumare.
Veramente sconcertante, accanita fumatrice com'era.
Probabilmente non voleva interrompere l'approfondito colloquiare instauratosi tra me e questa inimmaginabile, tangibile, temporanea conoscenza.
Oppure era un modo elegante e carino per farmi capire che per lei andava bene così.
Piuttosto che avermi noiosamente tra i piedi. Eppure non mi sentivo per nulla tranquilla. Temevo il peggio da un momento all'altro.
Da Agata potevo aspettarmi di tutto.
Sospettavo qualche sua sconveniente fuori uscita di testa, aggressiva e pungente.
Alto, biondo, occhi glauci e profondi.
Il bramato principe azzurro, breccia di tantissime favole.
Possibile che Agata non fosse, quantomeno, un pochino curiosa?
L'indifferenza di Agata non mi convinceva per niente.
All'apparenza serena, attendevo con aria circospetta.
Non mi fidavo assolutamente di lei.

«Carina la tua amica. Quanti anni ha? E come si chiama?»
-Amica? Ma di quale amica sta parlando?-
Effettivamente avevo sottovalutato un piccolo, ma essenziale, significativo dettaglio. Particolare importante che giustificava la noncuranza passiva di Agata nei miei confronti.
Il mio aggiunto compagno di viaggio possedeva un'invidiabile chioma dai capelli lunghi, lisci e lucenti.
Ecco scoperto l'arcano .
Agata aveva scambiato un "LUI" per una "LEI".
A questo punto, giunti al termine del capolinea, che cosa dire..
- Benedetto fu l'equivoco. Benedetta fu la Divina Provvidenza-.
Scendemmo dal treno.
Sogghigno di lei.
Risposi al suo sorriso.
La sua flemma mi allarmava.
Il rituale era sempre lo stesso..
"La quiete poco prima della tempesta".

L'Illusione di un padreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora