Di tante storie ne ricordo una che mi aveva colpito particolarmente.
Si trattava di un spiacevole episodio che lo aveva coinvolto nei primi anni della sua giovinezza.
Biondo con occhi azzurri, simpatico e gioviale con tutti, aveva avuto in gioventù avventure diverse con ragazze differenti.
Non era certamente bello, ma per il suo carattere, espansivo ed estroverso, riusciva tuttavia a sedurre ed a conquistare le fanciulle più attraenti e prosperose dei dintorni.
In quel periodo, avrà avuto vent'anni, frequentava un'allettante cassiera di un locale cinematografico.
Un buon motivo per assistere gratuitamente alle prime visioni, anche più di una volta.
Un sabato sera il cinema era più affollato del solito.
Egli riuscì ugualmente a trovare un posto in galleria.
Prima dell'inizio del film prese ad accomodarsi.
Spente le luci il film ebbe inizio.
Tutto procedeva tranquillamente.
In sala arienava un silenzio profondo.
All'improvviso un urlo destò tutta la sala:
"Al ladro! Al ladro!"
Di colpo si accesero tutte le luci ed immediatamente gli sguardi si volsero in galleria.
"Al ladro! Al ladro! Mi hanno rubato l'anello di brillanti. Aiuto! Aiuto!"
Un'elegante e lussuosa signora, puntando il dito verso mio padre, lo accusava di averle rubato, non si sa come, non si sa quando, il suo prezioso anello.
Figuriamoci l'imbarazzo di mio padre dinanzi a quelle parole ingiuriose.
Tutti gli occhi erano fissi e puntati su di lui.
Non aveva detto e fatto ancora nulla che già il popolo aveva sentenziato contro di lui, giudicandolo naturalmente colpevole.
"Signora guardi che si sta sbagliando! Non le ho rubato proprio niente!"
Così si difendeva mio padre.
Ma la signora, sempre più ostile e minacciosa, insisteva nel colpevolizzarlo.
"Non è vero! Sei un ladro! Vi prego controllategli le tasche".
Il responsabile del locale, per risolvere il caso al più presto e per continuare la proiezione del film, chiamò subito le guardie.
Nel frattempo la cassiera, che conosceva molto bene Sandro, mio padre, e che quindi sapeva che non avrebbe mai potuto compiere una cosa del genere, scongiurò la signora a chiamare casa per informarsi se, per una banale combinazione, l'anello fosse rimasto lì.
La signora le rispose infuriata:
"Impossibile! Un anello così prezioso non potrei mai toglierlo per poi dimenticarlo in giro".
Quindi rifiutò di telefonare.
Con l'arrivo delle guardie, entrambi vennero accompagnati in una stanza, per poter eseguire un primo interrogatorio.
Dovettero attraversare tutta la sala tra le occhiate, le voci e i bisbiglii che mettevano sempre più disagio il mio povero papà.
Venne subito perquisito, ma dell'anello nessuna traccia.
A questo punto, non avendo trovato nessuna prova di colpevolezza, si ripropose alla signora di chiamare casa.
Era l'unica soluzione logica che si poteva fare.
Nonostante la sua disapprovazione, la telefonata venne effettuata.
Ebbene, dopo un attento e rapido controllo da parte di una delle domestiche, l'anello fortunatamente venne trovato.
L'aveva effettivamente dimenticato sul lavandino della sua toilette.
"Mi scusi! Mi scusi davvero tanto! Sono davvero dispiaciuta, sinceramente!"
Incominciò ad implorare la signora.
"Non accetto assolutamente le sue scuse. Può farne anche a meno. Anzi, sa cosa farò? Porgerò io denuncia contro di lei per diffamazione e offese in luogo pubblico".
Così replicava mio padre.
"La prego, sia buono, non faccia così. Io ho un nome da difendere. Cosa direbbe di me la stampa, la gente e tutti quelli che mi conoscono?"
Preoccupata per la situazione, cercava in tutti i modi di convincere mio padre a non porgere denuncia.
Non riuscendoci con le parole, allora pensò bene di passare ai fatti, offrendogli dunque un cospicuo denaro.
"Ragazzo caro, se dimentichiamo questa brutta vicenda, ti donerò cinquecentomilalire!"
E mio padre rispose:
"Cara signora, lasci perdere! Nessuna cifra riuscirà mai a farmi dimenticare tale terribile umiliazione".
Insisteva lei:
"Facciamo allora un milione. Anzi tre milioni... E va bene cinque milioni. Cosa mi dici di cinque milioni? Ti vanno bene cinque milioni? Ehi! Sto parlando di cinque milioni. Ma scusi, come si chiama lei? Sandro vero?"
All'improvviso una voce:
"Sandro! Sandro sveglia! È ora di andare al mercato".
Peccato! Si era trattato soltanto di un sogno.
Mio padre era veramente geniale nell'inventare ed improvvisare storie come queste.
Era davvero un grande.
Apprezzavo ed ammiravo questa sua capacità.
Una cosa però non era capace di fare: volermi bene come io avrei voluto.
STAI LEGGENDO
L'Illusione di un padre
Ficción GeneralTRATTO DA UNA STORIA VERA. I NOMI SONO CAMBIATI PER PRIVACY. La vita, alla piccola Emily, non le ha mai regalato nulla. Le ha sempre tolto e mai dato. Orfana di madre alla sola età di 7 anni, molte cattiverie, avversità e costanti soprusi ha dovuto...