Capitolo 100

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Come tutte le fanciulle della mia giovane età, adoravo uscire e andare in giro per negozi, facendo acquisti folli e di ogni genere.
Agata non badava mai a spese.
Tanto i soldi erano quelli di mio padre.
Cliente abituale di differenti negozi, era solita pagare poco per volta.
Compratrice convulsiva.
Quale acquirente più fidato di lei?
Per colmare vuoti e mancanze, Agata spazieggiava e sperperava.
Spendeva e spandeva.
Solo e sempre a suo vantaggio...
Naturalmente.
Terapeutico per Agata.
Terapeutico anche per me.
Effettivamente fare shopping era un modo piacevole di godersi la vita.
E così, quando potevo, liberamente, e francamente, ne approfittavo.
Dovevo forse colpevolizzarmi di questo?
E perché mai?
Capitava così raramente.
Allegra e spensierata come non mai, gradivo calzare scarpe e indossare vesti sempre più variegati.
Vestirsi di tutto punto, con abiti costosi e all'ultima moda, non era certamente un affare da poter sottovalutare.
Apprezzavo gli acquisti, ma apprezzavo ancora di più il valore del gesto.
Agata non era poi così spietata e cattiva come più volte, forse per compiacersi, preferiva categoricamente apparire.
Agata era invece una persona buona, premurosa ed incantevole.
L'Incantevole che incantava.
Stregava.
Ingannava.
L'inghippo mi attendeva.
L'arcano dimenava.
Mentre io, totalmente accecata, eccedevo in lusinghe spropositate volte a chi, presto e a breve, avrebbe spudoratamente attivato il suo piano.

Dopo lo shopping tornavo a casa sempre contenta e soddisfatta.
Meraviglioso tutto ciò.
La mia immagine riflessa, solitamente cupa e depressa, brillava sfolgorante di altra luce.
Borse strapiene.
Abbondanti di ogni cosa e di più.
Maglie, maglioni, T-shirt, pantaloni, jeans, gonne, collant, calzini, borse, cinture e...
Mi fermo qui.
Troppo lungo l'elenco.
C'era da perdersi e da imbizzarrirsi.
Non vedevo l'ora di andare a scuola per farne sfoggio tra le mie compagne di classe.
Sempre belle e ben vestite.
Oggi mi vesto di rosa, domani di rosso, dopodomani di blu.
Wow!!!
Non potevo crederci.
Non dovevo crederci.
...
Tornata da scuola, rientrata a casa, già respiravo di un'altra atmosfera.
Agata non aveva risposto al mio saluto.
Primo segnale sospetto.
Agata era completamente pappa e ciccia con mia sorella Luciana.
Secondo segnale negativo.
Agata non era in grado, volontariamente incapace, di andare d'accordo con entrambe.
Se era cordiale con me, impossibile esserlo contemporaneamente anche con Luciana.
Dinanzi a questo imprevisto scenario, idilliaco per mia sorella, drammatico per me, prevedevo il conseguente atto increscioso da parte di Agata.
Corsi fulminea, come un razzo, in un lampo, nella mia stanza.
Preoccupata e trepidante aprii immediatamente le ante del mio armadio e...
Sorpresa.
Tremenda sorpresa.
Il vuoto.
Il nulla.
Di tutto quello che con gioia avevo comperato, era rimasto solo l'odore acre e sprezzante dell'essere più infido e subdolo che avessi mai conosciuto...
Agata.
Disciolto l'incantesimo, ritornata la realtà, cominciavo finalmente a realizzare.
Agata si era comportata con la scaltrezza di sempre.
Ero io che, stupidamente, come un allocco sprovveduto, mi ero fatta nuovamente abbindolare.
Agata era davvero una matrigna arcigna e crudele.
Riusciva in ogni occasione ad illudermi sempre.

L'Illusione di un padreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora